Pubblichiamo l’intervista realizzata al prof. Claudio Mutti a margine del suo intervento al convegno “Ripartire da Evola” del 30 gennaio scorso.
In occasione del viaggio in Romania nel marzo del 1938 Evola ebbe modo di conoscere personalmente Codreanu e di toccare con mano lo stile di vita e le caratteristiche dell’intero movimento legionario. Evola non era certamente un uomo facilmente impressionabile, eppure il Capitano esercitò su di lui un notevole fascino, come testimonia d’altronde Mircea Eliade nel suo Diario. La descrizione meticolosa di quell’incontro, resa da Evola stesso nel famoso articolo pubblicato su “Il Regime Fascista”, non fa che confermarlo. Quali furono in particolare gli aspetti della personalità e della figura di Codreanu che maggiormente colpirono Evola?
La grande ammirazione nutrita da Evola per Codreanu non traspare soltanto dall’articolo apparso sul “Regime Fascista”, ma anche da quanto Evola scrisse in diversi quotidiani, riviste e libri nell’arco di un trentennio. Evola parlò sempre di Codreanu come di un Capo nobile, generoso, leale e sincero, una delle figure più limpide, più idealistiche, più degne e spiritualmente orientate fra quelle dei capi politici che egli ebbe modo di conoscere nel corso dei suoi viaggi in Europa. Con poche altre personalità, infatti, Evola poté parlare con una così perfetta corrispondenza di idee; in pochi altri poté riscontrare la capacità di innalzarsi al di sopra delle contingenze per ricondurre i propositi di rinnovamento politico a presupposti di natura autenticamente spirituale.
Oltre al notevole apprezzamento personale verso Codreanu, Evola rimase molto impressionato dalla Guardia di Ferro, da lui giudicata come il migliore esempio di “Ordine” in senso ascetico-guerriero esistente in quegli anni in Europa. Quali erano le caratteristiche precipue del movimento legionario romeno che Evola ritenne in tal senso uniche nel loro genere e che ne giustificarono questa sua profonda ammirazione?
Evola indicò la caratteristica essenziale del movimento legionario nelle sue premesse religiose e nelle corrispondenti forme di pratica ascetica, finalizzate alla nascita di un “uomo nuovo”, ossia di una figura eroica che, come diceva lo stesso Codreanu, sviluppasse “tutte le possibilità di grandezza umana concesse da Dio al popolo romeno. Perciò Evola vide nella Guardia di Ferro un movimento più vicino al modello di un ordine cavalleresco medioevale di quanto non lo fossero i partiti al potere a Roma ed a Berlino. D’altronde il fenomeno legionario era sorto in un paese che, come Evola non mancò implicitamente di notare, sotto il profilo della tradizione religiosa era più avvantaggiato rispetto all’Italia ed alla Germania.
Quali informazioni abbiamo circa la possibilità che il viaggio di Evola in Romania, al di là della volontà del barone di conoscere personalmente Codreanu, avesse anche lo scopo più “istituzionale” di sollecitare, o comunque di facilitare e di supportare un’eventuale partenza del Capitano per Roma, dove si sarebbe rifugiato temporaneamente per sfuggire alle crescenti repressioni e persecuzioni ai danni del movimento legionario dopo l’avvento della dittatura regale nel febbraio 1938?
In una lunga conversazione che ebbi con lei nel 1992, due anni prima della sua morte, Elena Codreanu mi rivelò che, quando venne instaurata la dittatura regale, suo marito pensò di partire per Roma. Riferisco le testuali parole della vedova del Capitano: “Un bel giorno Corneliu mi disse di preparare lo stretto necessario per il viaggio. Riempii due valige e rimasi in attesa della partenza per l’Italia. Aspettai, aspettai. Ma lui non parlò più di partire. Corneliu aveva capito che il governo si augurava che lui se ne andasse, per poter fare a pezzi il Movimento legionario. Dunque, lui si era detto, io non voglio fare quello che loro desiderano”. Difatti il 30 marzo 1938, quattro giorni dopo il provvedimento governativo che imponeva la chiusura dei ristoranti legionari, Codreanu scrive al professor Leon Zopa, capo del cuib “Dacia” fondato a Roma nell’anno precedente: “Non vengo a Roma”. Non è dunque da escludere che la visita di Evola, avvenuta proprio in quel cruciale mese di marzo, avesse una qualche relazione col momentaneo progetto del Capitano di riparare in Italia. Non esistono però elementi in grado di confermare questa ipotesi.
Quali furono gli altri importanti incontri con personalità del mondo tradizionale e del mondo politico-culturale romeno che Evola ebbe durante il suo viaggio in Romania? Da questi incontri scaturirono conseguenze apprezzabili dal punto di vista dell’attività di studioso tradizionale di Evola e/o in termini politico-istituzionali?
A Bucarest Evola ebbe “tanti incontri e colloqui”, come scrisse egli stesso. Tra gli uomini politici da lui incontrati in quell’occasione possiamo menzionare: il presidente del CAUR romeno Mihail Manoilescu, che Evola doveva aver conosciuto a Roma nel novembre 1932 al Convegno Volta indetto dall’Accademia d’Italia; Gheorghe Clime, capo del Corpo dei Lavoratori Legionari; Constantin Argetoianu, una sorta di Talleyrand balcanico, che aveva ispirato la nuova Costituzione. Tra gli esponenti della cultura romena, vanno ricordati Nae Ionescu (il maître à penser della “giovane generazione”), Octav Onicescu (matematico e fisico illustre), Petre Ţuţea (un economista ex allievo di Werner Sombart), i tradizionalisti Vasile Lovinescu (alias Geticus) e Mihail Vâlsan. Ma la personalità con cui Evola instaurò (o consolidò) un rapporto destinato a protrarsi anche nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, fu senza dubbio Mircea Eliade.
'Ascetismo e uomini nuovi: quando Evola incontrò l’asceta Codreanu. Intervista esclusiva a Claudio Mutti' has no comments
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