Che cosa fece Julius Evola a Vienna nel 1945? L’ipotesi dei riti massonici “rettificati”

di Gianfranco de Turris

E’ lo stesso Evola a ironizzare per primo su chi ritiene che la sua infermità sia derivata da un rito (di magia sessuale veniva detto in privato da molti) finito male, e scrive: “Vi è qualcuno che ha fatto circolare la diceria, che la contingenza occorsami sarebbe stata la conseguenza di chi sa quale mia ‘prometeica’ impresa. Questa è, naturalmente, fantasia pura. In quel periodo io avevo interrotto ogni attività che comunque riguardasse il soprasensibile”[1]. La questione viene così riassunta da Giorgio Galli: “Conseguenze di un bombardamento, secondo la versione, per così dire, ufficiale, e dell’aristocratico rifiuto di utilizzare il rifugio antiaereo. Oppure il fallimento di un’operazione teurgica, secondo versioni di difficile controllo. La vicenda è determinante per definire il carattere dell’esoterismo evoliano: interesse culturale o percorso iniziatico, sino alle sperimentazioni più audaci?”[2]. Chi ha tentato un’analisi più articolata, ed a suo modo “razionale”, del problema è il Gran Maestro della Gran loggia Regolare d’Italia Fabio Venzi il quale nel suo Julius Evola e la Libera Muratoria mette insieme una serie di indicazioni diverse e sparse nel tempo per accreditare la tesi che conclude il suo saggio: il filosofo non si limitò a studiare a Vienna il materiale massonico colà riunito dai tedeschi e messogli a disposizione come egli stesso afferma nella autobiografia,  ma tentò una operazione teurgica per riportare i rituali presenti nelle carte al loro significato spirituale originario traviato in seguito dalla massoneria, operazione il cui fallimento gli procurò il noto danno fisico: “Quindi un’ardita e pericolosa operazione teurgica quella che Evola, conoscitore del ‘metodo’, praticò a Vienna nell’operazione di modifica dei rituali spuri in suo possesso? Sembrerebbe di sì”[3].

Julius evola e la libera muratoria

In quest’opera Fabio Venzi avanza le proprie tesi circa le cause dell’infermità di Evola

Venzi, partendo da questo presupposto a priori, giunge a tale conclusione mettendo insieme e commentando le affermazioni contenute in fonti diversissime fra loro: le risposte che nel 1948-1949 René Guénon diede alle lettere che Evola gli scrisse; La Tradizione ermetica del 1931 e la recensione che ne fece sempre Guénon in quell’anno; un testo scritto da “Arvo” (che per Venzi è Evola)[4] riguardante la Vivificazione dei “segni” e delle “prese” in Introduzione alla magia[5] con riferimento alla Pratica operativa della antica massoneria turca pubblicata nel 1924 da Rudolf von Sebottendroff[6]; frasi di una intervista che Evola concesse a me e a Sebastiano Fusco nel dicembre 1973 e pubblicata postuma[7].

Il problema è che si tratta solo ed esclusivamente di una serie di deduzioni che, ancorché coerenti con i presupposti, non hanno alcuna conferma, mancando del tutto l’unica fonte di prova inequivocabile: le lettere di Evola a Guénon che non si sa se verranno mai rintracciate (sempre supponendo che gli eredi abbiano preservato dopo sessanta anni l’archivio del loro congiunto al Cairo). Quindi, semplici induzioni/deduzioni senza alcunché di concreto. L’unico indizio effettivo sono due frasi di Guénon: la prima in una sua risposta del 24 giugno 1948: “Non so assolutamente se la storia dei rituali di cui parlate potrebbe avere qualcosa a che fare con quel che vi è capitato”[8]; la seconda in una risposta del 18 aprile 1949: “Se vi fate della Massoneria, o piuttosto della sua origine, un’idea simile a quella da voi espressa, mi domando come possiate aver avuto in un certo momento, così come mi avete riferito qualche tempo fa, l’intenzione di svolgere un lavoro sui rituali rivolto ad eliminarne gli elementi antitradizionali introdottivisi”[9]. Riferimenti suggestivi e che danno effettivamente da pensare.

Ma non sono vere “prove”. E quando Venzi pensa di averle trovate ancorché a contrario cade in palesi errori bibliografici che ne inficiano il ragionamento. A suo giudizio, infatti, nel dopoguerra, in seguito all’accidente che lo colpì per le cause “magiche” appena dette, Evola avrebbe cercato di rimuovere questo aspetto della sua attività: “La mia idea è che Evola abbia volutamente depistato, dopo l’episodio, coloro che chiedevano lumi sull’accaduto occultando che la vera operazione era una ‘rettifica’ su rituali in suo possesso”[10], scrive, avendo poche righe sopra precisato: “La mia idea è che dopo il 1945, Evola iniziò una sorta di rimozione di quelle che erano state le sue esperienze esoteriche e gli interessi ‘magici’, pensando che presentandosi nelle vesti di ‘filosofo’ tout court, probabilmente avrebbe facilitato la sua accettazione da parte della ‘cultura ufficiale’. Un progetto che prende l’avvio dalla ripubblicazione di Teoria dell’individuo assoluto nel 1949 e che potrebbe spiegare la sua versione dell’episodio viennese, presentandolo in maniera ‘politicamente corretta’”[11]. In altri termini, Evola accredita la tesi del bombardamento per nascondere nel dopoguerra i suoi interessi magici, anche se non sembra logico il collegamento diretto fra questo libro filosofico e l’accreditamento “politicamente corretto” dell’incidente: casomai il riferimento doveva essere all’autobiografico Cammino del cinabro del 1963, dove si parla esplicitamente della questione, come si è visto.

massoneria

Secondo Verzi, Evola avrebbe tentato a Vienna un’operazione teurgica per riportare i rituali massonici al loro significato spirituale originario, procurandosi il noto danno fisico

Ora, a parte che, volendo, una ipotesi non escluderebbe l’altra (“operazione [teurgica] di modifica dei rituali [massonici] spuri in suo possesso” senza esito, e coinvolgimento nel bombardamento russo di Vienna il cui esito è noto), la spiegazione di Venzi non si regge alla fin fine per meri motivi bibliografici che inficiano la sua costruzione logico-deduttiva: infatti, dati alla mano, non è assolutamente vero che Julius Evola dopo il 1945 progettò una “rimozione di quelle che erano state le sue esperienze esoteriche e gli interessi ‘magici’”. Tanto è vero che:

1) non è esatto, come scrive Venzi, che nel 1949 ripubblicò Teoria dell’Individuo assoluto, la cui nuova edizione dopo la guerra, rispetto alla prima del 1927, avvenne addirittura nel 1973, ad un anno dalla morte;

2) sin da quando era in ospedale a Vienna, riprese i contatti con Laterza e Bocca ripubblicando con il primo nel 1948 La Tradizione ermetica e nel 1949 Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo; e con il secondo nel 1949 Lo yoga della potenza, nel 1951 Rivolta contro il mondo moderno e nel 1955 i tre volumi di Introduzione alla magia adattando gli articoli di Ur e Krur (1927-1929) e aggiungendone di nuovi. A veder titoli e date non sembrerebbe proprio che Evola abbia cercato di nascondere e far dimenticare i propri interessi magico-esoterici ritornato in Italia! I suoi interessi sia “esoterici” sia “metapolitici” camminarono in  parallelo, nei suoi articoli e nei suoi libri nuovi e vecchi ristampati, sino alla data della morte, nel 1974. Se invece c’era una tematica che Evola non pensava fosse il caso di ripresentare dopo il 1945, questa era invece la tematica razziale per motivazioni che non hanno nulla a che vedere con ripudio, pentimento, conversione, ripensamento o altro, come scriveva addirittura nel 1959[12], cosa che Venzi non conosce o non ha pensato che fosse il caso di citare. Quindi, in conclusione, un Julius Evola che non ha fatto proprio nulla per nascondere i propri interessi esoterici nel secondo dopoguerra, dando una versione “politicamente corretta” dell’incidente viennese.

Introduzione alla magia

Primo volume de “L’Introduzione alla magia”, raccolta in tre tomi dei fascicoli pubblicati originariamente dal “Gruppo di Ur” alla fine degli anni Venti con le riviste “Ur” e “Krur”

C’è infine un altro fondamentale problema. Venzi cita l’articolo di “Arvo” sulla Vivificazione dei “segni” e delle “prese” a dimostrazione che Evola era consapevole della possibilità di “operare” sui rituali massonici e così “attirare nel corpo speciali influenze occulte per determinare il risveglio iniziatico”[13], ma non cita stranamente la data della sua pubblicazione: sicché il lettore automaticamente l’intende come se fosse dell’epoca del Gruppo di Ur, cioè il 1927-1929, e ne deduce che questa descrizione della massoneria “operativa” fosse nota e quindi applicata da Evola in quel di Vienna nel 1945. Ma in realtà questo testo non è mai stato pubblicato sulle pagine di Ur/Krur[14], ma soltanto nel dopoguerra, nella edizione Bocca del 1955, e poi nella successiva edizione delle Mediterranee del 1971. Evola, dunque, lo scrisse in seguito, dopo l’incidente di Vienna: questo particolare spiega forse perché da un lato il Gran Maestro sia tanto sicuro che “Arvo” sia Evola e da un altro lato non indichi nel suo libro editore ed anno di questo testo. Facendolo avrebbe messo in dubbio una delle prove a favore della sua tesi dell’operazione teurgica evoliana (Evola sapeva ben in anticipo quel che poteva fare sui rituali in suo possesso).

Quanto poi alle ipotesi con cui il Gran Maestro conclude il suo libro, non si può dire altro, anche qui, che si tratta soltanto di ipotesi induttive/deduttive, forse verosimili ma senza alcuna pezza d’appoggio. E cioè che Evola avrebbe avuto l’intenzione di utilizzare i rituali massoni rettificati e depurati da influssi antitradizionali per porli a base di un “Ordine” da realizzare nel dopoguerra.

Non è questo il luogo per andare a fondo della questione, ma si può dire da una parte che l’idea di un “Ordine” e non quella di un “partito” era di certo nella visuale generale del filosofo sin dai tempi del fascismo[15], ma che quando, nella Roma “città aperta” lavorava per  creare in prospettiva qualcosa che continuasse una idea tradizionale post-fascista in collegamento con personaggi come Carlo Costamagna e Balbino Giuliano, non di questo certamente parla: “Si trattava cioè di creare il germe di un movimento di Destra capace di sopravvivere alla crisi e di assumere successivamente la forma di un ‘partito’”[16], spiega, per poi in seguito precisare: “Il movimento nel dopoguerra avrebbe dovuto assumere la forma di un partito e assolvere una funzione analoga a quella che il Movimento Sociale Italiano doveva concepire per sé stesso: però con un più preciso orientamento tradizionale e di Destra, senza riferimenti unilaterali al fascismo e con una precisa discriminazione, nel fascismo, dei lati positivi da quelli negativi”[17].

Note

[1] Julius Evola, Il Cammino del Cinabro, Scheiwiller, Milano 1963, p.178.

[2] Giorgio Galli, Cultura esoterica e cultura politica in Julius Evola, in Julius Evola, L’arco e la clava, Edizioni Mediterranee, Roma 1995, p.12.

[3] Fabio Venzi, Julius Evola e la Libera Muratoria, Settimo Sigillo, Roma 2010, p.100

[4] Con lo pseudonimo “Arvo”, però, su Ur e Krur si firmavano sia Evola che Giovanni Colonna di Cesarò (cfr. Renato Del Ponte, Evola e il magico Gruppo di Ur, Sear, Borzano 1994, p.179).

[5] Venzi nella nota bibliografica 28 di p.102 del suo saggio non ne indica né l’editore né l’anno di pubblicazione. Il che è sospetto e si vedrà perché.

[6] Edizioni Arktos, Carmagnola 1995.

[7] Cioè, nella seconda edizione ampliata delle mie Testimonianze su Evola, Edizioni Mediterranee, Roma 1985, e quindi non nella prima edizione del 1973 come stranamente indica Venzi nelle note 26 di p.101 e 36 di p.109.

[8] Fabio Venzi, Julius Evola e la Libera Muratoria, p.99.

[9] Fabio Venzi, Julius Evola e la Libera Muratoria, p.100.

[10] Fabio Venzi, Julius Evola e la Libera Muratoria, p.98.

[11] Fabio Venzi, Julius Evola e la Libera Muratoria, p.98.

[12] Julius Evola, Razzismo e altri “orrori” (compreso il ghibellinismo), in L’Italiano, n.5-6, Roma, giugno-luglio 1959. Cfr. Gianfranco de Turris, Elogio e difesa di Julius Evola, Edizioni Mediterranee, Roma 1997, pp.183-185.

[13] Cit. dal saggio evoliano in Fabio Venzi, Julius Evola e la Libera Muratoria, p.104.

[14] Si veda la ristampa anastatica delle raccolte finali delle riviste edite da Tilopa, Roma 1980-1981, in tre volumi.

[15] Julius Evola, Partito od Ordine?, in Corriere padano, 2 gennaio 1940; ora in Julius Evola, Fascismo e Terzo Reich, Edizioni Mediterranee, Roma 2001, Appendice I, pp.155-157.

[16]Julius Evola, Diario 1943-1944, a cura di Renato Del Ponte, SeaR, Scandiano 1989, p.41. Con questo titolo sono stati riuniti i cinque articoli che Evola pubblicò sul quotidiano di Roma Il Popolo italiano dal 14 al 24 marzo 1957 sotto l’intestazione complessiva Con Mussolini al Quartier Generale di Hitler.

[17]Julius Evola, Il Cammino del Cinabro, p.176.



A proposito di...


'Che cosa fece Julius Evola a Vienna nel 1945? L’ipotesi dei riti massonici “rettificati”' 1 Commento

  1. 28 Aprile 2016 @ 15:08 angèlo bandini

    la pratica operativa della massoneria turca attribuita al von sbottèndorf non cèntra nulla con la massoneria.é una pratica diffusa nèllè comunita bèkthashi della turchia.L’ditorè Adlphi ha pubblicato il tèsto di un autorè chè ora non ricordo,con postfazionè di è.Zolla.Con l’avvènto di Ataturk i bèkhtashi èmigrarono a Tirana è poi col comunismo in amèrica……….

    Rispondi


Vuoi condividere i tuoi pensieri?

Il tuo indirizzo email non verrà divulgato.

"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

Tutto quanto pubblicato in questo sito può essere liberamente replicato e divulgato, purché non a scopi commerciali, e purché sia sempre citata la fonte - RigenerAzione Evola