Terza puntata dell’analisi evoliana sugli effetti nefasti dell’era tecnologica sull’uomo. Come preannunciato, Evola torna sul tema, attualissimo a distanza di sessant’anni, dell’abbassamento progressivo del livello medio dell’intelligenza nell’uomo contemporaneo. Ancora sul “Roma”, a distanza di pochi mesi dal precedente articolo “La tecnica che uccide il cervello”.
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di Julius Evola
Tratto dal “Roma”, 23 giugno 1959
Il regresso delle capacità spirituali in Europa e negli Stati Uniti è un fatto che acquista una sempre più precisa fisionomia e dimensioni preoccupanti. Di giorno in giorno si diviene sempre più stupidi: non solo, ma parallelamente negli individui anche le qualità di carattere e ogni forza di resistenza interna diminuiscono. Questa è la tesi difesa da Ludwig Winter in un recente libro che si intitola appunto La scomparsa delle doti spirituali in Europa (Der Begabungscheund in Europa, ed. Hohe Warte, Pähl). Per corroborarle, il Winter prende le mosse da abbastanza lontano, riferisce vedute e risultati di ricerche di recenti studiosi che già da tempo, specie nell’area anglosassone, avevano cominciato ad accorgersi del fenomeno.

René Magritte, “La memoria”, 1948
In effetti fin dal 1904 – in pieno clima di belle époque – Charles Pearson, principale discepolo del fondatore dell’eugenetica, di Francis Galton, aveva rilevato come in Inghilterra nei domini dell’arte e delle scienze, dell’industria e della politica fosse sensibile l’assenza di uomini con doti superiori, e aveva pertanto profetizzato che l’Europa sarebbe andata verso un’epoca di regressione in cui «in tutti i ceti, le famiglie e i ceti caratterizzati da doti superiori sarebbero scomparsi». Sempre in Inghilterra, più tardi, W.C.D. Weltham giungeva alle stesse conclusioni e notava che cotesto fenomeno si collega ad un declino ereditario nei singoli delle capacità di resistenza fisica e morale.
Dopo la prima guerra mondiale non solo in Inghilterra ma anche negli Stati Uniti e in Germania delle ricerche sistematiche mettevano in luce un altro lato del fenomeno, cioè «la selezione a rovescio»: veniva constatato che nella scala sociale se le qualità intellettuali medie crescono andando verso l’alto, diminuisce, però, in proporzione, la prolificità, la quale è tanto maggiore, per quanto più ci si riferisca agli strati sociali più bassi, meno dotati. Questo processo regressivo ha una evidente relazione con l’ascesa delle masse nel mondo moderno, col trasformarsi delle nazioni, quali organismi articolati, in semplici masse umane. Per l’Europa e per gli Stati Uniti risultò che da decenni gli uomini privi di speciali doti si erano riprodotti almeno il doppio di quelli dotati. Nel 1923 C.C. Brigham poteva parlare senz’altro di un «declino dell’intelligenza americana» (a decline of American intelligence), mentre più tardi, in base a intelligence tests, ossia a ricerche sperimentali intraprese per accertare non la quantità delle conoscenze degli individui bensì le loro disposizioni intellettive ereditate, nei riguardi dei giovani di leva si trovò che questi giovani nella seconda guerra mondiale presentavano almeno un 10% d’inferiorità rispetto a quelli della prima guerra mondiale. A ciò ha fatto riscontro una recente indagine in Germania, riferendosi alla quale si è creduto di poter affermare la discesa di «circa due punti all’anno» del livello intellettuale e morale medio.

Martin Heidegger (1889 – 1976)
Non mancano voci di filosofi. Secondo Ludwig Klages, gli uomini «superiori» di oggi raggiungerebbero appena il livello di un tipo che al tempo della Rinascenza era diffusissimo. Nel 1957 il filosofo e scientista inglese Bertrand Russell deplorava l’estinguersi delle migliori linee ereditarie dei popoli europei. Infine il filosofo esistenzialista Martin Heidegger ha affermato che oggi la «decadenza spirituale» è ad uno stadio così spinto che fra i popoli e le masse che ne soffrono ben pochi sono coloro che hanno ancora la capacità «di constatarla e di intenderla come tale». Qualcosa di simile aveva già detto il saggista spagnolo Ortega y Gasset.
Nel suo libro, il Winter cerca sia di approfondire le cause del fenomeno messo in evidenza da queste ricerche e da questi autori, sia di vedere come si possa porre riparo ad esso. Ma non tutto ciò che egli dice è convincente: soprattutto a causa dell’eccessivo risalto da lui dato ai fattori biologici.
Una delle cause reali da lui indicate è quella dianzi accennata, deriva dall’incremento demografico, il quale, se non è controllato, porta fatalmente ad una espansione degli strati sociali meno qualificati ma più prolifici. Il rimedio proposto – favorire in ogni modo la prolificità delle famiglie più dotate e delle classi superiori – non può avere che un’efficacia assai relativa. Un altro fattore messo in rilievo è quello della selezione a rovescio dovuta al regime sociale assistenziale indiscriminato, che sempre più ha preso piede negli Stati moderni: mentre in altri tempi la durezza e i rischi dell’esistenza portavano da per sé ad una selezione naturale, oggi masse di elementi non qualificati e perfino tarati hanno, grazie alle assistenze, una vita relativamente sicura e protetta che li esime dal far prova di sé, dal differenziarsi sotto la spinta della necessità.
Il Winter non considera però adeguatamente quel fattore, importantissimo pel fenomeno in quistione, che deriva dal tipo generale della civiltà e della stessa istruzione moderna, nei suoi aspetti tecnici, specialistici e standardizzati. Oggi si coltivano e si acquistano delle abilità strettamente circoscritte e a finalità esclusivamente pratiche, a danno dell’intelligenza in senso superiore. Un robot altamente qualificato sembra dar di più di quel che ai nostri tempi si richiede ad una grandissima maggioranza di uomini e donne.
D’altra parte, vi è da rilevare che il regresso intellettuale oggi non è un fenomeno così preoccupante quanto il regresso in fatto di qualità di carattere, di dirittura. E si potrebbe perfino asserire che questo secondo regresso è favorito proprio dalla diffusione del tipo di intelligenza di tipo pratico e inorganico, e del primato dato ad essa. D’altronde, più che le doti intellettuali, sono proprio quelle di carattere ad avere una larga base ereditaria, e qui il Winter ha ragione quando tra le cause dei fenomeni studiati egli fa rientrare, più che l’ambiente, la sempre minore formazione spirituale che la gioventù moderna ha in famiglie che non sono più famiglie salde, con genitori sani fisicamente e moralmente.
Peraltro in fatto di rimedi il Winter, come dicevamo, non sempre ci persuade, e sicuramente si fa delle illusioni quando invoca interventi statali e crede nell’efficacia di quelle misure eugenetiche e profilattiche – limitazione della discendenza malata, scelte coniugali, controllo delle linee ereditarie, ecc. – che ebbero una parte ben nota nella Germania di ieri, in margine al razzismo, ma che in parte sono adottate anche dagli Stati Uniti e, a quanto pare, ancora più dal Giappone di oggi. Iniziative siffatte possono solo avere un carattere esteriore; al massimo, possono limitare il potere di alcuni dei fattori più negativi, non certo provocare miracolisticamente degli impulsi positivi e creativi. Soltanto questi ultimi possono avere un valore decisivo, ma rivestono il carattere di un fenomeno interno e, secondo noi, difficilmente sono concepibili senza un cambiamento generale di orientamento nella nostra società, anzi nella nostra civiltà.
L’immagine in evidenza è tratta liberamente e senza modifiche da pixabay.com (free simplified pixabay license; author: Geralt)
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