di Julius Evola
(Tratto da “Roma” del 17/01/1954)
È cosa abbastanza singolare che mentre il nome del Principe Eugenio di Savoia da noi è conosciuto al massimo da coloro che studiano scienze militari, altrimenti non figurando che come uno degli infiniti altri che s’imparano scuola e poi regolarmente si dimenticano, esso nell’Europa centrale, e soprattutto in Austria, ha goduto di una tale popolarità, che ancor oggi ad oltre due secoli dalla sua morte, il ricordo non se ne è perduto e che la “Marcia del Principe Eugenio” – “Prinz-Eugen-Marsch” – è rimasta fra quelle che, legandosi ad una idea e ad una tradizione viva di gesta, ha conservato un potere elettrizzante presso persone di ogni ceto.

Statua equestre del Principe Eugenio di Savoia presso l’Hofburg di Vienna. La targa alla base della statua recita: “Prinz Eugen – der edle Ritter”, cioè “Principe Eugenio – il nobile cavaliere”
È che, fra noi, scarsa è la sensibilità per le figure umane aventi un valore di simbolo, quella del Principe Eugenio essendo una di esse: mentre il carattere della nostra storia nazionale più recente, improntata dalle ideologie liberali e rivoluzionarie risorgimentali, ha in più, fatto disconoscere il significato dell’idea conferente al Principe Eugenio, appunto questo valore simbolico che di contro al mondo di rovine di oggi prende ancor più nettamente risalto: la idea europea e l’idea dell’Impero.
Vi è chi è giunto a considerare il Principe Eugenio come uno di quegli Italiani, che le tristi condizioni della loro Patria hanno costretto a cercar fortuna combattendo per degli stranieri. Non potrebbe esservi una deformazione peggiore della verità. Educato a Parigi nel periodo in cui la casa Savoia era ripresa nell’orbita francese, e originariamente destinato alla carriera ecclesiastica, è per una decisione cosciente dettata dall’idea, non meno che per seguire la sua più profonda vocazione di guerriero, disconosciuta nel suo ambiente, che il Principe Eugenio si mise al servizio dell’Impero. E la sua carriera militare fu rapidissima, folgorante.
A trent’anni egli era già Feld-Maresciallo. Ben poche furono le battaglie da lui combattute che non si risolsero in altrettante vittorie. La caratteristica della sua strategia fu una novità di metodi e una estrema audacia, cui purtuttavia si univa la chiara conoscenza del possibile. Inoltre, nei momenti decisivi egli non esitava a far da esempio ai suoi, essendo fra i primi sulla breccia ed esercitando uno straordinario potere animatore; lui che, di costituzione originariamente malaticcia, seppe assoggettare completamente il corpo e imporgli ogni sforzo. Quale fosse la sua concezione dell’eroismo – assai lontana da quella romantica e esibizionista – ce lo dicono le sue parole rivolte ai suoi ufficiali in un momento particolarmente difficile: “Signori, voi avete diritto a vivere solo se di continuo, anche nei momenti di supremo pericolo, servirete da esempio: ma in modo così naturale e calmo, che nessuno possa rinfacciarvelo”.

La battaglia di Zenta (11 settembre 1697), grande trionfo militare dell’esercito imperiale asburgico guidato dal Principe Eugenio
Parallelamente all’ascesa militare, nel Principe Eugenio si fece sempre più distinta una superiore coscienza politica. L’Impero, che nel medioevo aveva già dato all’Europa una superiore unità, non aveva ancora perduto la sua forza e la consapevolezza della sua funzione supernazionale. Per il Principe Eugenio, si trattava di confermarlo nel suo significato di centro di gravitazione di un ordine europeo. Circa il nemico esterno urgeva arginare la minaccia turca. E qui si deve al principe la vittoria di Zenta (1) e, poi, la condotta della guerra del 1715-1718 contro i Turchi, con l’operazione di Belgrado, di una tale audacia che, malgrado l’esito vittorioso di essa, a Vienna ci si chiese se il condottiero non dovesse essere chiamato a rispondere per il rischio fatto correre al suo esercito. Ma più grande fu la posta sullo scacchiere europeo con la Guerra di Successione di Spagna. In essa, ancora una volta, si diruppe l’antitesi fra due opposte idee; l’idea imperiale supernazionale incarnata dagli Asburgo, e l’idea egemonistico-nazionale e imperialistica incarnata dalla Francia di Luigi XIV. Quando l’Inghilterra prese le parti dell’Impero, il Principe Eugenio ebbe a suo fianco l’antenato di Churchill, il generale John Churchill duca di Malborough, che gli fu intimo amico. Ed egli accarezzò un sogno grandioso: un ordine europeo assicurato dalla potenza dell’Impero sul continente, dalla flotta inglese sui mari.

Da Eugenio di Savoia, oltre al celebre incrociatore della Kriegsmarine, prese il nome la “7. SS-Gebirgsdivision Prinz Eugen” formazione di fanteria da montagna delle Waffen-SS costituita nel marzo 1942 con Volksdeutsche (uomini di stirpe tedesca o tedeschi “etnici”) provenienti dai territori dell’ex Impero Austro-Ungarico. I membri della divisione portavano sul bavero della divisa la runa Odal
Gli eventi e le vittorie del Principe Eugenio sembrarono avviare già questo sogno verso la realtà, se non fosse intervenuto ciò che Churchill, nello scrivere la biografia del suo antenato, ha definito “il più basso tradimento” (“the basest trahison”) che la storia abbia visto. Nel momento decisivo l’Inghilterra si accordò segretamente con la Francia, lasciando a sé stesso il Principe Eugenio. Come dovesse tradire la Santa Alleanza, così l’Inghilterra già tradì, in uno spirito antieuropeo, la lega di allora, gelosa di un potere continentale predominante, per trarre senza scrupolo i suoi vantaggi da una “politica dell’equilibrio”, cioè di reciproca neutralizzazione di Stati europei rivali.
Non va dimenticato che il Principe Eugenio propiziò il passaggio di suo cugino, il duca Vittorio Amedeo II di Savoia, dall’alleanza francese alla lega imperiale, e che è in tale contesto che i Savoia ottennero il titolo di re; tratto questo, anch’esso significativo, che avrebbe potuto essere ricco di destino, e su cui certi monarchici di oggi farebbero bene a meditare. Infine va ricordato l’interesse che, oltre che per la vita eroica, quest’uomo, che, come fu detto, aveva lui stesso tratti da imperatore, nutrì per la vita dello spirito puro. Ad esempio, egli ebbe intimi, personali rapporti con Leibniz, il quale doveva donargli il manoscritto della sua “Monadologia”, opera composta non senza relazione con gli scambi di idee avvenuti fra il filosofo e il Principe. E a Vienna si possono ancora ammirare le opere classiche di architettura che si legano al suo nome. Per tutto questo, il Principe Eugenio ci appare invero come un esempio di superiore completezza umana, quale non doveva quasi più ripresentarsi nella successiva storia europea.
Note
(1) La battaglia di Zenta (11 settembre 1697) fu combattuta nell’ambito della guerra ottomano-austriaca (1683 – 1699) e vide il trionfo dell’esercito imperiale asburgico, comandato dal principe Eugenio di Savoia, contro l’esercito ottomano del sultano Mustafa II. La vittoria schiacciante riportata contro le temibili armate turche consacrò la figura di Eugenio di Savoia come uno dei più grandi condottieri europei dell’epoca (N.d.R.).
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