Evola e Guénon – gli anni della stima e della collaborazione

a cura della Redazione di RigenerAzione Evola

Come abbiamo visto, il primo confronto tra Julius Evola e René Guénon a metà degli anni Venti del secolo scorso fu all’insegna della polemica, della critica, dei botta e risposta: un Evola giovane e smanioso, non risparmiò critiche al più maturo, preparato ed “iniziato” René Guénon. Ma a queste scintille sarebbe seguita, per certi versi inaspettatamente, una fase molto diversa, all’insegna dei contatti epistolari, della stima reciproca e della collaborazione.

Arturo Reghini (1878-1946)

L’influsso benefico e rettificatore di Guénon sarebbe stato fondamentale per la maturazione spirituale di Evola, come quest’ultimo non mancò di ricordare, spiegando in prima persona come la sua teoria dell’Individuo Assoluto avrebbe dovuto subire una “mutazione genetica”, evolvendosi sostanzialmente da un individualismo immanentistico verso un’impersonalità trascendente, con conseguente abbandono del confuso concetto di “metafisica del divenire” in favore dell’adesione all’unica prospettiva che realmente può definirsi metafisica: quella dell’Essere, dell’impersonalità assoluta, del dissolvimento dell’illusione dell’Io nella realtà del Sé, quale riflesso dell’Unità superiore.

Così scrisse Evola su “Il Cammino del Cinabro”:

Ai miei contatti col Reghini (e subito dopo col Guénon, che fu lui a segnalarmi) devo in primo luogo la definitiva liberazione da alcune scorie derivate appunto da quegli ambienti occultistici, in secondo luogo il definitivo riconoscimento della assoluta eterogeneità e trascendenza del sapere iniziatico rispetto a tutta la cultura profana, in specie moderna, filosofia compresa”.

E ancora:Il Guénon dava anzitutto l’esempio di una valutazione seria, non divagante, di quelle che egli ha chiamato le ‘scienze tradizionali’, e altresì di una esegesi del mito e del simbolo che ne aveva in vista le dimensioni sovrarazionali e ‘intellettuali’ (…). Netto risalto veniva dato, dal Guénon, al carattere ‘non umano’ di tale sapere, il che mi fu d’aiuto per staccarmi definitivamente dal piano della cultura profana e per riconoscere la futilità di trarre riferimenti o basi da un qualsiasi “pensiero moderno” (…). La critica contro la civiltà moderna era, nel Guénon, potenziata, ma, a differenza di quella di varî autori contemporanei più o meno noti, in lui aveva una precisa controparte positiva: il mondo della Tradizione, considerato come il mondo normale in senso superiore. Era di fronte al mondo della Tradizione che il mondo moderno appariva come una civiltà anomala e regressiva, nata da una crisi e da una deviazione profonda dell’umanità. (…).

È in base a questo sfondo che si produsse una specie di “mutazione” (quasi nel senso della genetica) nella teoria dell’Individuo Assoluto, con uno spostamento che dall’esterno poteva sembrare paradossale. Come conciliare l’Individuo Assoluto senza leggi, distruttore di ogni vincolo, col concetto di Tradizione? In realtà, come ho già accennato, si trattò solo di una discesa dell’Individuo Assoluto da solitarie altezze astratte e rarefatte nella concretezza della storia, con un corrispondente trapasso per quel che riguarda anche il concetto della potenza. Come lo vide giustamente un critico di origine inglese, Edmondo Dodsworth, l’Individuo Assoluto si sensibilizzava quasi come una sua incarnazione in colui o in coloro che stavano al centro delle civiltà “tradizionali”, che di esse erano l’asse e gli assoluti legislatori: era adombrato dal re sacrale o “divino”, non considerato come un semplice uomo, figurante in tutto un ciclo di antiche civiltà. In lui si aveva anche l’incontro fra trascendenza e immanenza (secondo l’espressione estremo-orientale, egli era l’“uomo reale” o “uomo trascendente, “terzo potere fra Cielo e Terra”).

Per quel che mi riguardava, il progresso o, meglio, la chiarificazione fondamentale concerneva propriamente il passaggio del “super-umano” in margine ad un individualismo esasperato, al “non-umano”, cioè al piano di una superiore impersonalità legata al possesso reale di una dignità trascendente e ad una funzione dall’alto. Come si vede, quel che era stato anticipato confusamente in varie pagine polemiche e violente di Imperialismo pagano ora si chiarificava e riceveva un superiore crisma. E si apriva un nuovo, vasto orizzonte non avente più a che fare con speculazioni filosofiche”.

Una sincera ammissione, da parte di Evola, della necessità di una rettificazione della sua prima impostazione, che lo aveva portato a criticare il Vedanta, la metafisica oggettiva dell’essere, financo la medianità dell’artista classico rispetto alle velleità dell’artista moderno quale possibile forma di manifestazione dell’Individuo Assoluto.

Evola in effetti giunse a scoprire Guénon grazie tramite contatti con varie personalità dell’ambito tradizionale, quali Sir John Woodroffe, noto anche con lo pseudonimo di Arthur Avalon (1865 – 1936)  e soprattutto Arturo Reghini, come ricordato esplicitamente da Evola stesso. Anche Guido de Giorgio non mancherà di fare da tramite fra i due. Come ricorda Alessandro Grossato, il ruolo di De Giorgiosarà quello di definitivo mediatore fra Evola e Guénon, sostituendosi col tempo in questa funzione al Reghini. Sembra, infatti, anche da alcune lettere, che Guénon si sia intenzionalmente avvalso della maggior intesa sul piano umano, fra De Giorgio ed Evola, per esercitare su quest’ultimo una positiva azione rettificatrice, nei limiti in cui questo era effettivamente possibile, e in particolare riguardo alle nozioni, fondamentali da punto di vista tradizionale, dell’intuizione intellettuale diretta, della supremazia dell’autorità spirituale sul potere temporale, e della necessità del ricollegamento iniziatico” (1).

Alla fine degli Anni Venti, quando i rapporti tra Evola e Guénon non potevano di certo definirsi del tutto “risolti”, veniamo a scoprire che il metafisico di Blois, tutto sommato, al di là dell’attacco subìto, nutriva della stima nei confronti dello sfrontato giovane italiano che lo aveva “sfidato”. Ce lo riferisce il grande poeta-soldato Pierre Pascal, che fu tra l’altro amico e discepolo di René Guénon, il quale, in un articolo scritto in ricordo di Evola e ospitato nell’antologia “Testimonianze su Evola”, ci fa sapere di aver scoperto Evola proprio grazie alle specifiche indicazioni di Guénon, per l’appunto a fine anni Venti. Così scrisse Pascal:

Pierre Pascal (1909-1990)

“Una sera René Guénon m’incitò ad esaminare accuratamente tre libri, che già teneva in mano, quando era venuto ad aprire l’uscio del suo domicilio. Da molto lontano, mi pare di udire ancora la sua voce lenta e chiara: – Ecco tre libri italiani di estrema importanza. Parlano come parliamo: fatto che può sembrare incredibile. Ma è così! Sono libri ripidi, che non risparmiano il lettore, giacché il loro stile è di fuoco gelido. L’autore, conosciuto dai nostri migliori confratelli di Heliopolis, si chiama Julius Evola. – Ricordo aver mormorato: – Che bel nome e che bel cognome! Sembra far rima col verso dantesco … Che sovra gli altri com’aquila vola. – – Caro Pascal! Come sempre, molto ben detto … Difatti … fuoco nel ghiaccio e ghiaccio nel fuoco … il tono dell’aquila … il demone dell’azione!” (2)

I tre libri che Guénon aveva proposto a Pascal erano L’Uomo come potenza (1926), Teoria dell’Individuo assoluto (1927) e Imperialismo pagano (1928). Una rivelazione sorprendente, alla luce di tutto quel che abbiamo visto e letto nelle puntate precedenti.

Quindi, in quegli anni Evola leggeva e recensiva (a suo modo) Guénon, ma anche quest’ultimo non disdegnava di dare un’occhiata a quanto scriveva il giovane Evola, e peraltro in opere problematiche, tutt’altro che ortodosse da un punto di vista strettamente Tradizionale. Evidentemente, Guénon intuiva che, al di là di alcuni veli da squarciare e di alcune nubi da dissolvere, la luce di Evola poteva essere rivolta nella giusta direzione.

A cavallo tra gli anni Venti e Trenta, peraltro, iniziò, com’è noto, la corrispondenza epistolare tra i due giganti. Le lettere scritte da Guénon ad Evola sono state raccolte in un volume a cura di Renato Del Ponte, per le edizioni Arktos (“Lettere a Julius Evola – 1930-1950”), mentre le minute delle lettere di Evola a Guénon non sono mai state trovate: si pensa che gli originali si trovino nella Biblioteca-archivio di Guénon nella sua ultima abitazione al Cairo, che è rimasta sostanzialmente intatta, per rispettare le volontà del maestro che, prima di morire, raccomandò alla seconda moglie che nulla in essa fosse spostato (“Sarò presente e qui con te finché i miei libri saranno conservati dove si trovano”).

E’ interessante riportare il testo della prima lettera in assoluto scritta da Guénon ad Evola, datata 24 agosto 1930, dalla quale scopriamo che Evola aveva scritto al maestro di Blois, probabilmente per la prima volta, poco più di un anno prima, quindi nella primavera-estate del 1929.

***

24 Agosto 1930
Cairo, Egitto

Lei deve aver pensato che non ho voluto rispondere alla sua lettera, che mi è arrivata a Parigi poco più di un anno fa.

La verità è che in quel periodo ero abbastanza malato e, di conseguenza, svariate impreviste difficoltà e impegni di ogni tipo mi hanno costretto a ritardare ogni corrispondenza che non fosse urgente. Il tempo è volato rapidamente e non sono riuscito a fare ciò che avrei voluto. Sto approfittando del fatto che sto ritrovando un po’ di stabilità in questo soggiorno (3), per scriverle, finalmente, chiedendole di scusarmi per questo eccessivo ritardo.

Devo confessarle che riesco a comprendere ben poco tutto l’interesse che ha mostrato nel leggere i miei libri. Ovviamente, il punto di vista che lei assume è abbastanza particolare e certamente non può essere il mio, ma sono lieto di vedere che ciò non vi ha impedito di sbarazzarvi del pregiudizio anti-orientale che, secondo la vostra stessa ammissione, in un primo tempo nutrivate. Vorrei che molti altri, in Occidente, avessero lo stesso atteggiamento e arrivassero a comprendere le antiche dottrine d’Oriente.

Lei mi ha chiesto a proposito di (Jacques) Maritain; malgrado tutto, ho sempre avuto rapporti amichevoli con lui; come idee, siamo d’accordo soprattutto su un punto di vista negativo, che è quello dell’ “anti-modernità”. A parte ciò, anch’egli, disgraziatamente, è pieno di pregiudizi contro l’Oriente. Quantomeno lo era, poiché sembra che quei pregiudizi da un po’ di tempo si siano attenuati; ma, cosa strana, (tale pregiudizio) è alimentato da un tipo di paura verso qualcosa che non conosce, e si tratta di una cosa spiacevole, poiché gli impedisce di ampliare il proprio punto di vista.

Ma mi permetta di segnalarle, dal momento che lei legge tutti i miei libri, che, dopo “La crisi del mondo moderno”,  ce n’è un altro, “Autorità spirituale e potere temporale”, che è stato pubblicato lo scorso anno.

Attualmente, sto lavorando a “Il simbolismo della Croce”, che sarà definitivamente pubblicato verso al fine di quest’anno.

Scusate la brevità della mia lettera; mi piacerebbe poter mantenere più o meno aggiornata la nostra corrispondenza.

(traduzione a cura della Redazione di RigenerAzione Evola).

***

Lo scambio epistolare continuerà fino al 25 luglio 1950, data dell’ultima lettera indirizzata ad Evola, poco prima della scomparsa di Guénon, avvenuta nel gennaio del 1951. Nel 1972, in un articolo apparso sul mensile “La Destra”, Evola avrebbe proposto ai lettori un’interessante raccolta di stralci di alcune lettere ricevute da Guénon nel corso degli anni. L’articolo, intitolato “La mia corrispondenza con René Guénon“, è stato ripubblicato da RigenerAzione Evola nel 2016, e ad esso rinviamo.

Negli anni Trenta, peraltro, i contatti tra Evola e Guénon  si estesero a due contesti molto importanti: in primo luogo, dal febbraio 1934 fino al febbraio 1940, Guénon collaborò al “Diorama filosofico” di Evola sulle pagine del “Regime fascista” di Roberto Farinacci, con un totale di 25 articoli (più uno rimasto inedito), raccolti nell’opera “Precisazioni necessarie”, dapprima per le Edizioni Il cavallo Alato, e poi per le Edizioni di Ar.

Inoltre Evola inviò in quegli anni a Guénon, periodicamente, svariate bozze di Rivolta contro il mondo moderno, in modo da poter ricevere correzioni, suggerimenti, osservazioni, integrazioni: insomma, una vera e propria revisione. Un segnale di grande stima reciproca, evidentemente: Evola, compreso lo spessore di Guénon e abbandonata ogni forma di presunzione giovanile, si affidava al giudizio del maestro di Blois; quest’ultimo, già interessato al “talento” mostrato da Evola, di buon grado cercava di orientarne l’opera. Sono in totale cinque le lettere di Guénon ad Evola che rivelano questa collaborazione editoriale, come rivelato da Gianfranco De Turris nel 1986 e come analizzato nel dettaglio dal già citato Alessandro Grossato (4): la prima lettera, relativa alle prime 96 pagine delle bozze di “Rivolta”, è andata purtroppo perduta. Le altre quattro missive, spedite tra il 29 settembre ed il 21 novembre 1933, costituiscono un documento di complessive 39 pagine, di grande interesse filologico.

Lo stesso Guénon, ad opera pubblicata, avrebbe scritto una breve recensione di “Rivolta” su “Le Voile d’Isis”, nel maggio 1934, in cui non avrebbe risparmiato qualche critica verso alcune conclusioni specifiche dell’opera (atteggiamento tipicamente guénoniano, peraltro), dandone comunque un giudizio complessivo sostanzialmente positivo: “(…) questo non deve impedirci di riconoscere, come è giusto, il merito e l’interesse dell’opera nel suo insieme, e di segnalarla in modo particolare all’attenzione di tutti coloro che si preoccupano della ‘crisi del mondo moderno’, e che pensano come noi che il solo mezzo efficace di rimediarvi consisterebbe in un ritorno allo spirito tradizionale al di fuori del quale niente di veramente ‘costruttivo’ potrebbe essere validamente intrapreso”.

Nelle prossime settimane vedremo come Evola avrebbe, dalla metà degli Anni Trenta in poi, scritto di e su Guénon in modo molto diverso rispetto a quanto azzardato una decina di anni prima: la stima e la comprensione dell’opera del metafisico di Blois sarebbero emerse in tutta la loro cristallina chiarezza negli scritti di Evola.

Note

(1) Cfr.  Alessandro Grossato, “René Guénon e la revisione delle bozze di Rivolta”, appendice a “Rivolta contro il mondo moderno”, Edizioni Mediterranee. Si veda, al riguardo, anche l’analisi di Vincenzo Iurato nel recente convegno tenutosi a Brescia sui rapporti tra Evola e Guénon.

(2) Cfr. Pierre Pascal, «Lux evoliana», in Testimonianze su Evola, a cura di Gianfranco De Turris (Edizioni Mediterranee).

(3) Il soggiorno cui si riferisce Guénon è quello definitivo a Il Cairo, nel 1930; nel 1934 avrebbe sposato la figlia dello Shaykh Muḥammad Ibrāhīm, dalla quale avrebbe avuto quattro figli, due maschi e due femmine.

(4) Cfr.  Alessandro Grossato, “René Guénon e la revisione delle bozze di Rivolta”, cit..



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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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