Dopo l’articolo di Julius Evola uscito sul “Roma” nel settembre 1956, proseguiamo con il tema delle cd. “Torri del Diavolo”, vale a dire di quei luoghi, più o meno definiti geograficamente, dai quali le forze della contro-iniziazione irradierebbero influssi sottili in grado di alterare, suggestionare e deviare le menti e di generare anche veri e propri aggregati psichici “al servizio” di certi movimenti d’opinione e rivoluzioni “culturali” di carattere sovversivo.
Oggi pubblichiamo quanto su questo tema, strettamente connesso alla problematica degli influssi negativi generati sulle coscienze individuali e collettive da forze di tipo psichico-sottile, ebbe modo di scrivere René Guénon. Si tratta di tre frammenti e non di testi organici: spesso, infatti, il maestro di Blois si limitò a “sfiorare” alcuni temi nei suoi scritti o articoli, rinviandone talvolta l’approfondimento a possibili scritti successivi che poi, purtroppo, raramente sono stati sviluppati compiutamente, anche per la scomparsa prematura del grande metafisico.
In particolare, Guénon ha parlato di tali centri di emissione di influssi psichici regressivi dapprima in occasione di una recensione al libro Aventures en Arabie dello scrittore americano Seabrook (a cui ha fatto cenno anche Evola nell’articolo che abbiamo proposto), apparsa nel 1935 sulla rivista Études Traditionnelles, poi in una lettera a Vasile Lovinescu del maggio 1936 (preceduta, pochi mesi prima, da un’altra missiva in cui Guénon faceva solo un vaghissimo cenno alla questione delle “torri”, riportata in nota), in cui si cita espressamente la recensione al libro di Seabrook e, infine, un frammento di una lettera indirizzata ad un non meglio identificato “M. C.”, del marzo 1937. Vi proponiamo tutti e tre gli scritti, omettendo l’ampia parte della lettera a Lovinescu non pertinente col nostro tema; lasciamo invece intatta la recensione al libro di Seabrook, dato che il riferimento ai sette centri (e, nello specifico, a quello che farebbe capo agli Yezidi, nell’attuale Iraq) è posto soltanto nella parte finale, in cui peraltro Guénon svela informazioni particolarmente importanti, ed il frammento della lettera del 1937, in cui si ripete, in sostanza, quanto già detto negli scritti precedenti. Da notare che, a parte i fantomatici sette centri controiniziatici, Guénon non esclude, ed anzi cita, l’esistenza di altri luoghi che, sia pure in via secondaria, sono potenzialmente in grado di attrarre e proiettare influssi psichici nefasti.
***
di René Guénon
Recensione di Aventures en Arabie di W.B. Seabrook, Gallimard, Paris, 1934
(tratto da «Études Traditionnelles», 1935, pp. 42-43)
Questo libro, come gli altri dello stesso autore tradotti in precedenza (L’Île magique e Les Secrets de la jungle), si distingue per qualità dai consueti «racconti di viaggio», senza dubbio perché qui abbiamo a che fare con qualcuno che non si porta appresso ovunque vada idee preconcette e, soprattutto, non è affatto persuaso che gli Occidentali siano superiori a tutti gli altri popoli. Certo, talvolta vi sono delle ingenuità, singolari stupori di fronte a cose molto semplici ed elementari, ma questo ci sembra, tutto sommato, una garanzia di sincerità.
Per la verità il titolo è un po’ fuorviante, visto che l’autore non è stato nell’Arabia propriamente detta, ma solo nelle regioni situate immediatamente a nord di essa. Diciamo anche, per esaurire subito le critiche, che le parole arabe sono talvolta deformate in modo bizzarro, come se si fosse tentato di riprodurre in maniera approssimativa i suoni senza preoccuparsi minimamente dell’ortografia, e che alcune frasi citate sono tradotte in modo piuttosto fantasioso. Infine, abbiamo potuto constatare una volta di più un fatto curioso: nei libri occidentali destinati al «grande pubblico» la shahâdah non è mai, per così dire, riprodotta esattamente; è un fatto accidentale, oppure, come sembra più probabile, c’è qualcosa che ne impedisce la pronuncia alla massa dei lettori ostili o semplicemente indifferenti?

“Torri” Yazide: Il mausoleo di Adi ibn Mustafa a Lalish
La prima parte, la più lunga, tratta della vita dei beduini ed è quasi esclusivamente descrittiva, il che non vuol certo dire che sia priva di interesse; ma nel seguito vi è qualcosa di più. Nella parte in cui si parla dei dervisci, si trovano in particolare alcune considerazioni di uno sheykh mawlawî, il cui senso è, senza alcun dubbio, riprodotto fedelmente: così, per dissipare l’incomprensione manifestata dall’autore riguardo a certe turuq, lo sheykh gli spiega che «per giungere a Dio non vi è una sola via stretta e diretta, ma un numero infinito di sentieri»; peccato che non abbia avuto la possibilità di fargli anche comprendere che il Sufismo non ha nulla in comune con il panteismo né con l’eterodossia…Viceversa, nelle altre due parti si tratta proprio di sette eterodosse, e anche piuttosto enigmatiche: i Drusi e gli Yezidi; sugli uni e gli altri il volume contiene informazioni interessanti, senza peraltro avere la pretesa di far tutto conoscere e tutto spiegare. Quanto ai Drusi, un punto che resta particolarmente oscuro riguarda il culto di un «vitello d’oro» o di una «testa di vitello», che viene loro attribuito; è qualcosa che potrebbe forse dar luogo a numerosi accostamenti, di cui l’autore pare aver solamente intravisto una parte; perlomeno egli ha capito che il simbolismo non è idolatria… Riguardo agli Yezidi, se ne ricaverà un’idea alquanto diversa da quella data dalla conferenza di cui abbiamo trattato ultimamente nelle nostre recensioni delle riviste (numero di novembre); qui non si parla più di «Mazdeismo», in relazione a loro, e, perlomeno sotto questo aspetto, l’informazione è senza dubbio più esatta; l’«adorazione del diavolo» potrebbe però suscitare discussioni meno facili da dirimere, e la vera natura del Malah Tâwûs rimane ancora un mistero. Ma la parte forse più interessante, all’insaputa dell’autore, il quale, malgrado ciò che ha visto, si rifiuta di crederci, è quella riguardante le «sette torri del diavolo», centri di proiezione delle influenze sataniche nel mondo; che una di queste torri sia situata presso gli Yezidi del resto non dimostra affatto che siano essi stessi dei «satanisti», ma solamente che, come accade per molte sette eterodosse, possono essere utilizzati per facilitare l’azione di forze che ignorano. A questo proposito, è significativo che i sacerdoti regolari yezidi si astengano dall’officiare qualsiasi genere di rito in quella torre, laddove alcune specie di maghi erranti vengono spesso a trascorrervi parecchi giorni; che cosa rappresentano esattamente questi personaggi? In ogni caso, non è affatto necessario che la torre sia abitata in modo permanente, se non è altro che il supporto tangibile e «localizzato» di uno dei centri della «contro-iniziazione», ai quali presiedono gli awliyâ esh-Shaytân (1); costoro, attraverso la costituzione di questi sette centri, pretendono di opporsi all’influenza dei sette Aqtâb o «Poli» terrestri subordinati al «Polo» supremo, sebbene tale opposizione possa peraltro essere soltanto illusoria, in quanto la sfera spirituale rimane necessariamente preclusa alla «contro-iniziazione».
***
Estratto dalla Lettera à Vasile Lovinescu del 19 Maggio 1936
Al-hamdu liLlâhi wahdahu
Il Cairo, 19 Maggio 1936
(…) A proposito della contro-iniziazione, credo abbiate visto quel che ho scritto l’anno scorso sulle “sette torri del diavolo”, nella recensione del libro di Seabrook, nel quale viene tirata in ballo quella che si trova presso gli Yazidi, ossia nell’Iraq. Per le altre, si parla di certe regioni situate verso i confini della Siberia e del Turkestan; c’è, ancora, la Siria, con gli Ismailiti dell’Agha Khan e qualche altra setta abbastanza sospetta; poi il Sudan, ove esiste, in una regione montagnosa, una popolazione “licantropa” di circa ventimila individui (lo so tramite testimoni oculari); più al centro dell’Africa, dalla parte del Niger, si trova la regione dalla quale venivano una volta tutti gli stregoni ed i maghi dell’antico Egitto (compresi quelli che lottarono contro Mosè); sembra che con tutto ciò si potrebbe tracciare una sorta di linea continua, che prima si dirige da Nord a Sud e poi da Est ad Ovest, che nella parte concava rinserra il mondo occidentale. Naturalmente, ciò non vuoi dire che non ci siano altri centri più o meno importanti al di fuori di questa linea: voi parlate di Lione e c’è sicuramente qualcosa anche in Belgio.

Il Transamerica Pyramid di San Francisco, “Torre” della California
Quanto all’America, il punto più sospetto sembra proprio esser la California, dove sono riunite tante cose eteroclite; è vero che si tratta soprattutto d’organizzazioni pseudo-iniziatiche, ma c’è sicuramente qualcosa d’altro che le dirige, anche a loro insaputa; l’utilizzazione della pseudo-iniziazione da parte d’agenti della contro-iniziazione, in non pochi casi, appare sempre meno dubbia e mi propongo di parlarne prossimamente in un articolo, in occasione d’una storia d’organizzazioni sedicenti rosicruciane… A proposito dell’Iraq e della California, c’è una questione che m’interessa molto, poiché è evidente che è attinente ad un dominio che non è affatto il mio: è quella dei rapporti che sembra esistano fra queste localizzazioni e quelle delle fonti petrolifere; di queste, disgraziatamente, ve ne sono anche nel vostro paese; non potrebbe essere per questo motivo (sebbene possano esserci ancora altre ragioni) che esso attira un po’ troppo l’attenzione di certa gente? Notate ugualmente, a questo proposito, che sir Henry Deterding, il direttore della “Royal Dutch”, è un personaggio del tutto paragonabile a B. Z.; si dice anche che sarebbe il suo successore designato… Per la famosa lista, mi domandavo se non vi fossero nomi che potevano esser stati decifrati male; ma, se è battuta a macchina, la questione non si pone neppure. Ho chiesto delle informazioni riguardo ai nomi inglesi che ci sono sconosciuti; non ho ancora la risposta ma, se vengo a sapere qualcosa, non mancherò di comunicarvelo. (…) (2)
***
Frammento da Lettera a M. C. del 25 marzo 1937
Sembra che l’atmosfera d’Anversa sia qualcosa di spaventoso, che provoca addirittura dei malanni fisici inesplicabili; ma là, e lo stesso vale per Lione, come forse per le Baleari ed alcuni altri luoghi dell’Europa, e per la California per quanto riguarda l’America (poiché non è senza dubbio per niente che tante cose strane si rassomigliano), penso che non si tratti, in fondo, che di centri secondari, i quali non devono essere annoverati fra le “torri” propriamente dette. Queste sembrano piuttosto disposte secondo una sorta d’arco di cerchio che circonda l’Europa ad una certa distanza; una nella regione del Niger, donde si diceva già ai tempi dell’Egitto antico, che venivano gli stregoni più temibili; una nel Sudan, in una regione montagnosa abitata da una popolazione “licantropa” di circa 20.000 individui (conosco qui dei testimoni oculari della cosa); due in Asia Minore, una in Siria ed una in Mesopotamia; poi una dalle parti del Turkestan, dove ci sono delle cose “strane” quanto in Siria, nel buono e nel male; dovrebbero dunque essercene altre due più a nord, verso gli Urali o la parte occidentale della Siberia, ma devo dire che, sinora, non arrivo a localizzarle con esattezza.
Note redazionali
(1) I cd. “Santi di Satana”.
(2) in una precedente lettera a Vasile Lovinescu del 24 Febbraio 1936, Guénon aveva fatto solo un rapido cenno alle “torri”: “È già da molto tempo, d’altra parte, che so che l’Agha Khan è un agente importante della contro-iniziazione; il gruppo del quale è il capo serve anche, apparentemente, da “copertura” ad una delle ‘sette torri del Diavolo’… Un altro personaggio, dello stesso genere di B. Z., è sir Henry Deterding, della ‘Royal Dutch’: non ne avete sentito parlare in tutta la vostra storia? Mi domando anche se, nella lista di B. Z., non figurino Lloyd George, Philip Sassoon, Venizelos; voi lo sapete? Comunque sia, tutto ciò non è affatto rassicurante per quanto concerne la piega che possono prendere gli avvenimenti (…)“.
Nell’immagine in evidenza, la cd. Torre del Diavolo nel Wyoming, Stati Uniti
'Guénon e le sette torri del Diavolo' has no comments
Vuoi essere il primo a commentare questo articolo?