Torniamo sulla figura del barone Roman Fëdorovič von Ungern-Sternberg (1886-1921), mitico combattente della Russia zarista di origini tedesche-ungheresi, passato alla storia anche come Ungern Khan. Dopo l’articolo di Julius Evola introdotto da un breve saggio di Claudio Mutti, cui rinviamo, oggi passiamo la parola a René Guénon, che ebbe modo di parlare brevemente del barone guerriero in occasione di una delle sue tante recensioni, e in particolare di quella relativa all’opera “Le Mors aux dents” (Il Morso ai denti) di Vladimir Pozner, pubblicata dall’editore Denoél di Parigi nel 1937. La recensione di Guénon apparve sulla rivista “Études Traditionnelles” nel Gennaio 1938; attualmente figura in una sezione a parte dedicata alle recensioni nell’opera Il teosofismo, storia di una pseudoreligione.
***
di René Guénon
Recensione di “Le Mors aux dents” (“Il morso ai denti”) di Vladimir Pozner (Denoél, Parigi, 1937), tratto da “Études Traditionnelles”, Gennaio 1938;
Questo libro è un racconto “romanzato” e molto “fosco”, a causa di una evidente ostilità di parte, della carriera movimentata del barone Von Ungern-Sternberg di cui si è già parlato, in modo del tutto diverso, nell’opera di Ferdinand Ossendowski, Bestie, Uomini e Dei. E’ veramente assai curioso che a suo tempo si sia messa in dubbio l’esistenza stessa del personaggio e che la stessa cosa accada adesso; in effetti egli apparteneva ad una famiglia baltica molto conosciuta ed apparentata con quella del conte Hermann Keyserling, d’altronde una sua lettera è riprodotta nel presente libro.
Può essere interessante, per coloro che hanno avuto modo di sapere dell’esistenza di questo personaggio, riportare le cose al loro giusto posto e chiarire una storia che sembra sia stata confusa a bella posta; riteniamo che ciò che è in grado di dare un’idea, la più esatta, sulla figura del personaggio sia un gruppo di lettere che il maggiore Antoni Alexandrowicz scrisse nel 1924; questi, che era un ufficiale polacco, comandò l’artiglieria mongola agli ordini diretti del barone Von Ungern-Sternberg dal 1918 al 1919; riportiamo quindi i principali passi di queste lettere: «Il barone Ungern era un uomo straordinario, una natura molto complessa, sia dal punto di vista psicologico che dal punto di vista politico. Per rendere in maniera semplice i suoi tratti caratteristici, li si potrebbe elencare in questo modo: 1° egli era un avversario accanito del bolscevismo nel quale vedeva un nemico dell’intera umanità e dei suoi valori spirituali; 2° egli disprezzava i russi che a suo avviso avevano tradito l’Intesa, avevano rotto nel corso della guerra il loro giuramento di fedeltà prima allo Zar e poi ai due governi rivoluzionari ed avevano accettato in seguito il governo bolscevico; 3° non stringeva la mano a nessun russo e frequentava solo stranieri (anche i polacchi, che stimava per la lotta da loro condotta contro la Russia); fra i russi preferiva la gente semplice agli intellettuali, dal momento che la considerava meno corrotta; 4° era un mistico ed un buddhista; coltivava l’idea di creare un ordine di vendetta contro la guerra; 5° egli auspicava la costituzione di un grande impero asiatico per la lotta contro la cultura materialista dell’Europa e contro la Russia sovietica; 6° era in contatto con il Dalai Lama, il “Buddha vivente” ed i rappresentanti dell’Islam in Asia ed aveva il titolo di prete e di Khan mongolo; 7° era brutale e spietato come solo un asceta ed un settario possono esserlo; la sua mancanza di sensibilità superava qualunque immaginazione e si potrebbe solo riscontrarla in un essere incorporeo, dall’animo freddo come il ghiaccio, che non conosce né il dolore né la pietà né la gioia né la tristezza; 8° aveva un’intelligenza superiore e delle vaste conoscenze; non v’era argomento sul quale non fosse in grado di fare un’accorta considerazione; con un’occhiata era capace di giudicare il valore di ogni uomo che incontrava (…). Ai primi di giugno del 1918, un Lama predisse al barone Ungern che sarebbe stato ferito alla fine dello stesso mese, che sarebbe morto dopo l’ingresso in Mongolia della sua armata e che la sua gloria si sarebbe diffusa nel mondo intero. Effettivamente all’alba del 28 giugno i bolscevichi attaccarono la stazione di Dauria (…) e il barone fu ferito da un colpo al fianco sinistro, sopra il cuore. La predizione si avverò anche in relazione alla sua morte: egli morì nel momento in cui la sua gloria riempiva il mondo intero».
A giudicare dalle discussioni alle quali accennavamo all’inizio, l’ultima frase riportata è forse eccessiva; ma ciò che è certo è che egli non fu affatto catturato dai bolscevichi e che, nonostante la giovane età, morì di morte naturale, contrariamente a quanto afferma Vladimir Pozner. I lettori di costui potranno anche rendersi conto, sulla base di queste indicazioni autentiche, se è ammissibile che un personaggio di tal fatta possa essere considerato un semplice agente al servizio del Giappone, come si è insinuato, oppure se egli non fosse mosso, molto più verosimilmente, da influenze di ben altro ordine; noi aggiungiamo, a questo proposito, che egli non era esattamente ciò che si potrebbe definire un “neobuddhista” perché, secondo delle informazioni a noi fornite da altra fonte, l’adesione della sua famiglia al Buddhismo risaliva alla terza generazione.
Per altri versi, è stato segnalato che nel castello di Ungern si sono manifestati dei fenomeni di “ossessione”; non potrebbe trattarsi di qualche manifestazione di “residui psichici” in rapporto più o meno diretto con tutta questa storia?
'Il barone Von Ungern Sternberg nelle parole di Guénon' has no comments
Vuoi essere il primo a commentare questo articolo?