il simbolismo della croce uncinata

Cominciamo da oggi a pubblicare una piccola serie di interessanti articoli concernenti alcuni rilevanti simboli tradizionali, in qualche modo ripresi durante l’esperienza fascista e nazionalsocialista: dallo swastika al fascio littorio, dall’aquila all’ascia, fra significati politici e cosmici, contingenze ed eterni ritorni.

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di Julius Evola

tratto da “Augustea”, XVII, 5, 1 marzo 1942; successivamente inserito nell’antologia “Simboli della Tradizione Occidentale”, Edizioni Arthos, 1977

Sul segno che la nuova Germania ha elevato a proprio emblema, è stato scritto da vari autori. Se noi qui riprendiamo l’argomento, è per trattarlo da un punto di vista speciale, considerando essenzialmente le tradizioni primordiali e i significati superiori universali potenzialmente compresi in quel simbolo.

Statua del Buddha con lo Swastika: in questo caso destrogiro, vale a dire orientato in senso orario

Donde viene, anzitutto, la “croce uncinata”? Ed è vero che essa sia il simbolo di una speciale razza, di quella aria o indogermanica? È quel che alcuni ambienti nel secolo scorso avevano pensato e che ancor oggi alcuni continuano a supporre. Ernst Krause e Ludwig Müller sostennero appunto che questo simbolo nei tempi antichi sarebbe stato proprio ai soli ceppi indogermanici. Una tale tesi si è però ormai dimostrata insostenibile. Ciò, già per la diffusione del simbolo, messa in rilievo da ricerche ulteriori. Fin dal 1896 l’americano Thomas Wilson aveva steso una carta, dalla quale risulta chiaramente trovarsi, la croce uncinata, anche in luoghi, che, come la California, la Corea, la Mesopotamia, l’America centrale, il Giappone, l’Africa settentrionale ecc. non possono certo corrispondere ad antiche sedi della razza indogermanica, quale a quel tempo veniva concepita. E non si deve nemmeno dimenticare che il simbolo in questione si trova assai prima dell’apparire dei Germani anche nella preistoria italica (inciso, p. es. in alcune asce rituali trovate in Piemonte e in Liguria) ed appare nella stessa romanità, fino a figurare in alcune monete imperiali.

Inoltre, vi è da fare una considerazione di principio, vale a dire, che ogni vero simbolo, per sua natura, è universale. Così, per quanto un simbolo possa venir assunto prevalentemente da una determinata razza o religione, non può mai costituire un monopolio di essa. Ciò vale per simboli come il cerchio con un punto centrale, la stella a cinque o a sei punte (che a torto si crede esclusivo simbolo ebraico), la croce semplice, e così via, fino alla stessa croce gammata o uncinata che dir si voglia. Se si pone ora il problema circa la razza, che, in origine, adottò prevalentemente quest’ultimo simbolo, più che parlar di razza indogermanica, indoeuropea o aria a senso generico, bisogna riferirsi ad un ceppo umano ancor più antico e originario, che alcuni chiamano pre-nordico e che noi designamo come iperboreo. Si retrocede così di molti millenni prima dell’èra volgare e, in realtà, non a torto qualcuno ha chiamato la croce uncinata das Gletscherkreuz, cioè la “croce dei ghiacciai”, questo segno apparendo già sulla fine del periodo glaciale, quando si iniziarono le migrazioni dell’anzidetta razza iperborea. Tali migrazioni, nella misura in cui e stato possibile ricostruirle con una certa verosimiglianza, spiegano in parte la presenza della croce uncinata in zone, nelle quali già dal tempo passarono ad abitare razze diverse dai discendenti di quel ceppo umano primordiale. Si può dunque pensare che in parte il simbolo sia stato trasmesso, mentre, in altri casi, può essersi presentato in via indipendente allo spirito umano, appunto per l’accennato carattere universale ed oggettivo di ogni vero simbolo.

Ed ora veniamo al significato della croce uncinata. Le interpretazioni più correnti sono che essa sia simbolo solare e simbolo del fuoco. Come simbolo solare esprimerebbe il moto di rotazione dell’astro diurno. Sarebbe poi simbolo del fuoco perchè la sua forma riprodurrebbe quella degli utensili di legno, con i quali anticamente, in alcuni popoli ari, per confricazione, si accendeva appunto la fiamma. Questa è l’interpretazione più esteriore che tuttavia può servir da base per interpretazioni più alte, corrispondentemente a quella gerarchia di significati, che ogni vero simbolo tradizionale sempre comprende.

Anzitutto la croce uncinata come simbolo solare ci riconduce al culto solare. Così la troviamo p. es. come segno di Vishnu e in oggetti rituali preistorici, legati a culti “uranici” (cioè celesti), quali p. es. quello della folgore. A questo punto devesi però subito prevenire il pregiudizio “naturalistico” – cioè la supposizione, che le grandi civiltà antiche nei loro culti abbiano soltanto divinificato superstiziosamente i fenomeni naturali. È proprio il contrario che è vero, cioè che in quegli antichi culti gli stessi fenomeni della natura valevano come grandiosi simboli cosmici per forze spirituali – e solo l’ottusità “positivistica” ha potuto far credere qualcosa di diverso, malgrado la quantità delle precise e concordanti testimonianze che, nel riguardo, si possono ritrovare nelle civiltà più diverse.

Partendo da tale constatazione, il culto solare va dunque essenzialmente riferito ad una forza spirituale luminosa, a quella stessa, per la quale, usando un simbolismo analogo, si potè parlare di una vita, che è la “luce degli uomini”. E in figurazioni romantiche la croce uncinata la troviamo associata appunto all’“albero della vita”. Questa religione della luce, con grande ricorrenza del motivo “solare” e, nelle forme più alte, olimpico, si ritrova come caratteristica in tutte le principali civiltà arie create dall’anzidetto ceppo iperboreo. Essa si contrappone al carattere “tellurico”, demonico o femineo-naturalistico proprio ai culti di razze non-arie, i quali portarono la loro attenzione soprattutto alle forze invisibili simboleggiate dagli elementi, dalla terra, dal mondo animale e della vegetazione ctònica.

Andiamo ora avanti di un passo, e rileviamo anzitutto, che fra Sole e fuoco divino fu sempre concepita una intima relazione, confermata particolarmente dall’antiche testimonianze arie d’Oriente e d’Occidente. In secondo luogo, ricordiamo l’altra relazione concepita fra la regalità, la funzione di imperio in genere, il carattere stesso di una superrazza o razza o casta dominatrice e, d’altra parte, il motivo solare. Nelle tradizioni primordiali ciò appare assai distintamente: vi troviamo una “mistica” solare della regalità e della gloria. Come l’agni-rohita, il vedico fuoco quale “forza regale conquistatrice”, come il paleoegizio ânshûs, fluido igneo di forza e di vita portato dai monarchi, così pure l’irano-ario hvarenô portato da tutta la razza aria ma incentrato soprattutto nei suoi capi è una fiamma celeste, un fuoco solare. E il Cumont ha dimostrato, che nella statuetta aurea, che i Cesari si trasmettevano l’un l’altro come segno del potere, non ha che una personificazione di questa stessa mistica fatidica forza, divenuta già fra gli Elleni quella del “destino” di una città o di una nazione.

Sulla base di tali idee, si precisa subito uno dei significati superiori propri al simbolismo della croce uncinata: essa puo dunque riportarci ad un principio che genera fuoco e fiamma – ma in un senso superiore: è quella fiamma e quel fuoco, che rimandano al culto ario del Sole e della luce, è quel fuoco simbolico che ebbe tanta parte nell’antico culto familiare patrizio, è il fuoco mistico, infine, che nei capi e nei sovrani ha la sua suprema manifestazione. Perciò, nel senso più alto, la croce uncinata, la “croce dei ghiacciai”, può dirsi il misterioso sigillo della stessa spiritualità primordiale, passata a manifestarsi e ad accendersi nelle varie caste o razze dominatrici, affermatesi di fronte a forze e ceppi inferiori in tutto un ciclo di antiche civiltà. In essa, non può esservi dunque che un lontano riferimento analogico allo strumento materiale, che generava il fuoco e la fiamma. Al primo piano resta invece il significato sacrale e spirituale.

Non senza relazione a ciò, dobbiamo ora dir qualcosa della croce uncinata quale “simbolo polare”. Affrettiamoci ad avvertire che, pur avendo parlato di razze iperboree e di ghiacciai, qui non intendiamo riferirci alle regioni artiche. Abbiamo invece in vista il simbolismo del polo, che, nelle tradizioni originarie, è anche esso strettamente connesso all’idea che si aveva della vera funzione regale. Secondo tale veduta, il capo rappresenta la stabilità, il punto immobile intorno al quale si svolge l’ordinato movimento delle forze che da lui dipendono. Così si legge p. es. in Kong-tze: “Colui che domina per mezzo della virtù celeste, rassomiglia alla stella polare: essa sta ferma al suo posto, mentre tutte le stelle volgono intorno a lei”. Qui si può notare che la nozione aristotelica del cosiddetto “motore immobile” riprende teologicamente la stessa idea (colui che muove senza muoversi): idea che, peraltro, ai nostri fini, c’interessa ritrovare in una particolare dottrina aria, quella del cakravartî.

In pochi hanno pensato alla “centralità” del mozzo di una ruota.

Il cakravartî rappresenta una specie di forma-limite dell’idea imperiale. È la figura di un “signore universale” o “signore del mondo” in genere. Il termine, tuttavia, letteralmente, vuol dire “colui che volge la ruota” – s’intende, qui, la ruota del regnum, apparendo, egli, come il centro, polo o punto immobile che fa da sostegno al moto regolare di esso. Abbiamo dunque un duplice motivo: da un lato, l’idea di un movimento rotatorio, che in certi casi appare anche come moto irresistibile e travolgente (secondo quell’antica dottrina, coloro che sono predestinati all impero avrebbero appunto la visione di una ruota celeste turbinosa); dall’altro lato, l’idea “polare”, cioè quella di un punto immobile, quindi di qualcosa di calmo, di perfettamente padroneggiato, di “olimpico”, testimoniante appunto una natura superiore.

Nel segno della croce uncinata possiamo ritrovare proprio questi due elementi. Dal Guénon è stato infatti giustamente rilevato che se esso, sotto un certo riguardo, può considerarsi come un simbolo del movimento, non si tratta però del semplice movimento, come pretendono alcuni, bensì di un movimento di rotazione che si compie intorno ad un centro o ad un’asse immobile: ed il punto fisso è l’elemento essenziale a cui si riferisce il simbolo in questione. Lo stesso devesi pensare, poi, se quel movimento lo si riferisce al Sole: non si tratta di un simbolismo relativo alla perenne vicenda di nascita e di tramonto della luce, ma di un segno che, di là da tale vicenda del Sole, va a concepire questa forza anche come qualcosa di centrale, di immutabile o di olimpico, tanto da venire, se si vuole, ad una anticipazione confusa, conseguita attraverso significati religiosi, della moderna veduta copernicana. Ciò a parte, si confermano, nel simbolo, i significati gia sopra indicati. Esso è anche un simbolo “polare”. Fin dalla più alta preistoria, esso celava quei significati, che dovevano dispiegarsi nel ciclo luminoso delle mitologie o delle regalità ariane o comunque derivate della anzidetta tradizione primordiale.

Del resto, si può rilevare che il simbolismo “polare” tradizionalmente si applicò anche a determinate civiltà o organizzazioni quando esse nell’insieme della storia incarnarono appunto il significato di “centri”. Così è noto a tutti, ad esempio, che l’antico impero cinese si chiamava “impero del centro”; il monte Meru, che valse agli Indo-Arii come l’Olimpo, come la sede delle forze divine, fu considerato come il “polo” della terra; il simbolismo del cosiddetto omphalos, che si applicò al centro dell’antica tradizione dorico-apollinea dell’Ellade, a Delfo, ci riconduce allo stesso significato; l’Asgard della tradizione nordico-germanica, considerato come la mistica patria originaria dei ceppi regali nordici fino al tempo dei Goti, s’identifica al Mitgard, che vuol appunto dire sede o terra del centro. Perfino il nome di Cuzco, centro dell’impero solare degli Incas, sembra esprimere, come l’omphalos degli Elleni, l’idea della “centralità”. Sono elementi, questi, suscettibili d’interessanti sviluppi ai sensi di quel che potremmo chiamare una “geografia sacra”. Importante è, in ogni caso, constatare la stretta relazione dei vari aspetti ad un’unica idea fondamentale.

la cd. “Trinacria”, con triscele e gorgoneion, simbolo per eccellenza della Sicilia

In ogni modo, tornando al doppio elemento compreso nella croce uncinata così come in segni similari (la ruota a tre braccia che costituisce, fra l’altro, la Trinacria e alcuni rosoni di cattedrali gotiche conservano traccia dello stesso simbolismo), possiamo riassumere così il più alto significato spirituale: la croce uncinata in moto sensibilizza il dinamismo di una forza turbinosa e travolgente (la ruota) che generando luce e fuoco, basta [sic] la fiamma “uranica”, la fiamma solare, pur permanendo al centro una calma dominatrice, una immutabile stabilità – quella che corrisponde, sul suo piano, alla condizione fondamentale per ogni vero regere e per ogni grande organizzazione delle forze della storia.

Ci si può ora chiedere, fino a che punto la conoscenza di questi significati superiori e, in genere, delle tradizioni, cui qui noi ci siamo riferiti, abbia avuto parte nella scelta della croce uncinata da parte del nazional-socialismo germanico. In questa scelta, secondo noi, ha agito soprattutto un fatto di “subcoscienza” – né questo è il solo caso, in cui per un oscuro istinto oggi son tornati alla luce e hanno acquistato nuova vita simboli delle origini, senza che vi si accompagni la conoscenza dei significati più profondi che vi sono racchiusi. In processi del genere, anzi, elementi affatto contingenti hanno spesso la parte di “cause occasionali”, parte però, che, come tale, pregiudica il valore del risultato solo dal punto di vista di una considerazione assai superficiale. Così, nel caso della Germania, non vi è dubbio che il simbolo qui trattato sia stato suggerito da alcune correnti antigiudaiche, le quali difendevano in adattazioni politiche alquanto semplicistiche e militanti il mito indo-germanico e ario in quella forma unilaterale, che sul piano delle serie ricerche era già stata da tempo superata. Anche quanto ai significati, se Hitler, al momento di scrivere il Mein Kampf, nella croce uncinata ha creduto di poter simboleggiare “la missione di combattere per la vittoria dell’uomo ario e per il trionfo della idea del lavoro creatore, il quale è stato e sempre antigiudaico”, si vede che ci si era arrestati ad un piano piuttosto relativo. Successivamente, non si è mancato, in Germania, di scrivere sul simbolo da un punto di vista non semplicemente politico. La considerazione, però, raramente si è portata sui significati più universali di esso: anzi, a quanto sappiamo, non sono stati sempre dei Tedeschi che hanno messo in luce gli aspetti più interessanti della “croce dei ghiacciai”. Del resto, a voler essere sinceri, lo stesso potrebbe dirsi di alcuni simboli parimenti primordiali, quali l’ascia compresa nel fascio, ripresi dal fascismo. Sembra aver agito di nuovo, un fatto d’istinto e quasi diremmo di “razza”, più che una precisa conoscenza. Sarà dunque interessante vedere se le circostanze e le vocazioni faranno sì che anche i contenuti più profondi, spirituali, dei segni in quistione vadano a ridestare forze corrispondenti e ad agire essi stessi nella storia.

Si sa che il nome sànscrito per la croce uncinata è svastika (lo svastica, e non la svastica). Ma lo svastika si lascia anche interpretare come il monogramma costituito dalle lettere che compongono la formula augurale suasti. Il contenuto di tale formula indo-aria equivale ad un dipresso a quello del latino bene est od anche quod bonum faustumque sit – vale a dire: “ciò che è buono e fausto sia”. Per tal via il simbolo in quistione contiene anche il miglior auspicio concepibile nel riguardo degli sviluppi futuri del grande movimento mondiale, che le due nazioni dell’Asse hanno suscitato, risorgendo appunto nel segno dell’Ascia e della “croce dei ghiacciai”.



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'il simbolismo della croce uncinata' 1 Commento

  1. 8 Settembre 2018 @ 8:50 Francesco

    Cosa fa credere a Evola che il nazionalsocialismo, in particolare nella veste di Hitler, si fosse “arrestato su un piano piuttosto relativo” riguardo al significato della croce uncinata? Non si sarà forse lasciato andare ad una valutazione troppo frettolosa? È difficile credere che sia stato scelto un simbolo solo grazie alle “correnti antigiudaiche”…

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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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