(segue dalla prima parte)
(a cura della Redazione di Azione Tradizionale)
Seconda parte del nostro approfondimento sul pensiero Othmar Spann, figura di spicco, eppure poco nota nel nostro ambiente, della Rivoluzione Conservatrice.
Viennese, studiò filosofia e scienze politiche in gioventù, per diventare poi il maggior esponente dell’ “universalismo organicista” che fu punto di riferimento per quanti tentarono di indirizzare in senso corporativo i fascismi europei. Proprio perchè fautore dello Stato Organico, di quella “grande tradizione politica europea” e avverso, pertanto, al totalitarismo, con l’occupazione dell’Austria da parte delle truppe tedesche, Spann fu incarcerato. Tornato in libertà, si ritirò a vita privata sino alla morte, avvenuta nel 1950.
Ne disse Evola: «Un suolo assai fecondo era anche presentato da Vienna, dove spesso trascorsi l’inverno, e dove entrai in relazione con esponenti della Destra e dell’antica aristocrazia, inoltre col gruppo facente capo al filosofo Othmar Spann, agente sulla stessa linea.» (Il cammino del Cinabro, Schweiller, Milano, 1973, p.139)
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Universalismo
In opposizione all’individualismo, Spann propone l’universalismo o la teoria della totalità.
Nella concezione universalistica, l’elemento primario non è più il singolo, bensì la totalità, ossia la società, che è la realtà effettiva. L’individuo esiste solo come parte costitutiva del tutto, e “ne è perciò un derivato”.
Spann individua quattro diverse concezioni universalistiche della società:
1) La dottrina dell’ambiente o teoria del milieu: secondo tale concezione l’uomo è una mera funzione del mondo che lo circonda. Tale concezione, ripresa anche da Marx, ritiene il singolo il mero contenitore di tutti i fatti sociali del “tutto”, annichilendo così l’individuo, che vive un’esistenza fittizia ed illusoria, annientando così l’autonomia del singolo. Questa teoria, definita da Spann “universalismo meccanico”, si avvicina molto al concetto di “collettivismo”, dando vita ad un universalismo “disanimato”.
2) La dottrina degli istinti sociali del singolo: in base a questa, “la società è fondata sulle inclinazioni socievoli insite nella natura umana”. In questo caso, tale dottrina è solamente “un individualismo latente, che fa apparire la società composta da individui provvisti, sì, di impulsi, ma che in sostanza sono soli”.
3) La società concepita secondo le idee platoniche: “L’essenza delle idee platoniche consiste, notoriamente, nel pensare l’universale – ovvero la specie – come qualità metafisica o trascendente, in virtù della quale sussistono le cose singole di questo mondo, più precisamente mediante la partecipazione dei singoli a codesta universalità”. Tale idea non getta il singolo nell’abisso dell’appiattimento caro al collettivismo, ma assegna ad ognuno il proprio posto quale membro del tutto. Questo schema interpretativo è, secondo Spann, l’unico adeguato a rientrare nell’universalismo, ma al tempo stesso inadatto a spiegare come si formi la particolarità.
4) L’universalismo cinetico: mentre la teoria delle idee platonica ritiene l’universale come qualcosa di compiuto, Spann afferma che il tutto non è mai “qualcosa di finito, bensì in perenne scorrimento”. Qui s’inserisce il suo universalismo cinetico: “tutta la realtà spirituale presente nel singolo, esiste e sorge solo in quanto è risvegliata”, ossia, secondo l’autore, lo spirito diviene realtà effettiva in un individuo solo attraverso l’impulso da parte di un altro spirito. Dunque: “ tutto quello che di spirituale nasce nel singolo è sempre, in quale modo, una risonanza di ciò che un altro spirito ha suscitato in lui.”
Ciò vuol dire che la spiritualità dell’uomo esiste solo nella comunità, e perciò può essere indicata col termine “Gezweiung” (appaiamento).
Per quanto riguarda invece il singolo nella totalità, Spann ne affibbia il carattere di particolarità, attraverso il quale l’autore vuole fortemente evidenziare che l’universalismo non vuol dire annientamento del singolo, poiché “gli viene dato quanto gli spetta”.
Molto interessante è inoltre l’analisi dei principi politici dell’universalismo confrontati con l’individualismo.
- La Giustizia
a) Il primo principio ad essere analizzato è la giustizia, l’idea politica base dell’universalismo.
Tale concetto è fortemente intriso della formula “suum cuique tribuere” ( a ciascuno il suo), che ha, in Spann, un duplice significato: da un lato pone in essere la cosiddetta “giustizia distributiva”, già presente in Aristotele, ed indica che “tocca a me quello che io sono per il tutto”. Dall’altro lato esiste la “giustizia abnegativa”, ossia “io esigo di poter essere per il tutto ciò che posso essere per esso”.
Dunque, per Spann, il giusto “è il rango a me conforme del tutto, tanto da parte del tutto quanto da parte mia”. Ma la giustizia esige anche disparità tra le sue parti, necessitando dunque della diseguaglianza, ossia della diversità organica.
b) Nel pensiero individualista esiste invece la giustizia compensativa, che si riallaccia al detto biblico “occhio per occhio, dente per dente”, coerentemente con l’assunto di un individuo completamente autosufficiente. Infatti “ se io sono autarchico, ciò che io do all’altro è un mio possedimento. Giustamente, allora, io do soltanto se ricevo”. Ciò che do è inoltre deve essere uguale a ciò che ricevo ed ecco quindi che in questo caso è l’idea di eguaglianza ad essere contenuta nella giustizia.
2. La libertà
a) Per l’individualismo, la libertà “è il massimo dell’essere per sé stessi, il non essere disturbato del singolo nella propria autodeterminatezza”, in piena corrispondenza con il cieco egoismo, con il menefreghismo imperante dei giorni nostri. La libertà è perciò il principale concetto politico dell’individualismo.
b) Per l’universalismo, la libertà esiste anzitutto solo per il fatto che esiste un’altra libertà, contrariamente all’individualismo che vede nella libertà dell’altro un impedimento.
In sostanza, in questo caso, la libertà “non è fare quello che mi aggrada, bensì fare quanto esige una feconda comunità: quello che devo dunque”, sottolineando che il “devo” è uguale sia per il singolo sia per la comunità.
La stessa libertà, a discapito di quanto si può facilmente credere, è per Spann legata alla coercizione, in particolare alla “coercizione feconda”, ad un obbligo salutare: “quella, per esempio, cui viene sottoposto chi deve imparare a nuotare, gettandolo in acqua. In questo senso si può affermare: la libertà si trova nella costrizione”. La coercizione è quindi il primo passo verso la libertà.
Un’altra problematica riguarda il contenuto morale della libertà sociale. Infatti: per l’individualista la libertà è totalmente amorale, ogni giudizio viene proibito rientrando nella logica del “io decido da me e per me, e perciò solo io son giudice di tutte le mie azioni”. Una simile concezione di libertà ha per Spann due pericoli: impoverimento interiore e neutralità morale. Insieme questi due elementi hanno come conseguenza “l’indebolimento spirituale ed il regresso della cultura”.
In conclusione, “esteriorità anziché spiritualità interiore, impulso verso l’esterno anziché esigenze di approfondimento, sono il contrassegno di ogni sviluppo individualistico”.
3. L’uguaglianza
Il terzo principio individuato da Spann è l’uguaglianza. È importante inizialmente notare come, per lo studioso austriaco, l’uguaglianza è in antitesi con l’universalismo: infatti il principio universalistico esige per principio la disuguaglianza, “assegnando a ognuno la posizione a lui conforme”. Quindi: “l’omogeneo non è organico, l’organico non è omogeneo”.
Al contrario, il concetto di uguaglianza ha, per Spann., molti caratteri dell’individualismo, come ben dimostra l’espressione “uguaglianza dei diversi”, che implica un momento di assoggettamento, ma anche di elevazione allo stesso modo.
Infatti, per essere uguali, gli inferiori vengono elevati, mentre i superiori subiscono un livellamento verso il basso, creando così il “dominio del mediocre”. Dunque: “si può definire il principio dell’uguaglianza come dominio dell’inferiore sul superiore”, affermazioni assolute che non lasciano adito a dubbi.
Nel campo dell’organicismo quindi non c’è spazio per l’uguaglianza, livellatrice, simbolo della vittoria dell’inferiore sul superiore, megafono per le pulsioni più basse dell’uomo; in questo ambito domina l’ineguaglianza organica, provenienti dalla totalità e rimanente nella stessa totalità.
4. La fratellanza
Come i concetti precedenti, anche quello di fratellanza può essere visto ed interpretato in maniera differente, a seconda da dove lo si guardi.
Infatti, se nell’organicismo la fratellanza si esplicita nell’attribuzione ad ogni membro della totalità della sua piena funzione, del suo valore fraterno, nell’individualismo la fratellanza è solo una “deduzione”.
5. Il massimo dei compiti dello Stato

Allegoria del Buon Governo (Ambrogio Lorenzetti, Palazzo Pubblico di Siena, 1338-1339)
Riguardo lo Stato, se per l’individualismo lo Stato è solo un apparato di pubblica sicurezza, per l’universalismo esso è un’organizzazione che non si occupa solo dei meccanismi della convivenza, come la sicurezza pubblica, ma anche dei legami più intimi che intercorrono tra i cittadini.
Il pericolo di una simile concezione dello Stato, come segnalato anche da Evola, è la creazione di un apparato tentacolare, di uno Stato accentratore, che non ha nulla a che fare con l’idea di Stato organico.
Da tale disamina risalta l’importanza dell’esegesi di Spann, soprattutto nei riguardi dell’errori/orrori dell’individualismo, ancor di più oggi, in cui si fanno sempre più necessarie affermazioni capaci di scovare le radici dell’azione sovvertitrice moderna.
'Individualismo e organicismo: il pensiero di Othmar Spann (parte 2)' 1 Commento
29 Febbraio 2016 @ 6:31 Luigi
I miei complimenti per il meraviglioso sito