Pubblichiamo l’intervento di Claudio Mutti al 1° convegno organizzato da RigenerAzione Evola “Ripartire da Evola. La militanza contro l’accademia”.
L’intervento di Mutti tratta del rapporto di Julius Evola con il movimento legionario di C.Z. Codreanu ed altri rappresentanti della cultura legionaria di quel tempo, come Mircea Eliade.
Data la lunghezza del testo, abbiamo deciso di pubblicarlo in diverse puntate, fra loro collegate. Buona lettura!
L’azione rituale
Le armi della lotta interiore (la “grande guerra santa”) alla quale Codreanu esortava i suoi seguaci erano quelle tipiche di uno stile di vita aspro e severo, di una “certa tenuta spartana”12: la rinuncia al lusso e ai divertimenti mondani imposto a tutti i militanti, il voto di povertà osservato dai membri dall’élite legionaria, il voto di castità previsto per gli uomini del corpo d’assalto intitolato a Motza e Marin. “Anche negli antichi ordini cavallereschi – osserva in proposito Evola – vigeva il principio della castità. [D’altronde,] chi deve votarsi interamente alla lotta e non deve temere la morte è bene non abbia gli impedimenti della famiglia”13.
Ma Codreanu raccomandava soprattutto la preghiera e il digiuno. Evola si sofferma su queste due pratiche e ne illustra il significato traducendo nella prosa che gli è peculiare i concetti che gli sono stati esposti da Codreanu stesso.
“La caratteristica [del movimento legionario] – scrive Evola in un articolo pubblicato sul “Corriere Padano” di Ferrara – sta nelle sue premesse essenzialmente religiose. (…) l’elemento religioso, innalzato fino all’esigenza di creare un uomo nuovo e connesso a precise forme di pratica ascetica, costituisce il nucleo centrale del legionarismo romeno. Così, per molti riuscirà sorprendente il fatto, che oltre seicentomila uomini – poiché a tanto, più o meno, ammontano i seguaci di Codreanu – pratichino sistematicamente non solo la preghiera, ma altresì il digiuno: i legionari sono tenuti a osservare tre volte alla settimana [in realtà due volte, ndr] il cosiddetto ‘digiuno nero’, che significa, non mangiare, né bere, né fumare”14.
In un altro articolo, scritto per il “Regime Fascista” di Cremona, Evola riassume così le parole di Codreanu sul digiuno e sulla preghiera: “Solo il dominio assoluto dello spirito sul corpo è la condizione normale e il presupposto di ogni vera forza, di ogni vero eroismo. Il digiuno viene da noi praticato perché propizia una tale condizione, allenta i vincoli corporei, propizia l’autoliberarsi e l’autoaffermarsi della pura volontà. E quando a ciò si aggiunge la preghiera, noi chiediamo che forze dall’alto si uniscano alle nostre e ci sostengano invisibilmente. (…) Per questo diamo al movimento legionario un preciso carattere ascetico”.
Per quanto concerne in particolare la preghiera, in un articolo15 apparso sulla rivista diretta da Giovanni Preziosi Evola riferisce quanto Codreanu scrive nel Libretto del capo di cuib, il manuale del militante legionario che il filosofo Nae Ionescu paragonò agli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. “Le guerre – vi si legge – sono vinte da coloro che hanno saputo attrarre dall’alto, dai cieli, le forze misteriose del mondo invisibile e assicurarsi il concorso di queste forze. (…) Una volta attratte, queste forze fanno pendere la bilancia dalla tua parte, ti difendono, ti infondono coraggio, volontà e tutti gli elementi necessari alla vittoria, consentendoti di vincere. Gettano il panico e il terrore fra i nemici, paralizzano il loro agire. In ultima analisi, le vittorie dipendono non dalla preparazione materiale, dalle forze materiali dei combattenti, ma dalla loro capacità di assicurarsi il concorso delle potenze spirituali. (…) Come possiamo assicurarci il concorso di queste forze? 1. Con la giustizia e la moralità delle tue azioni. 2. Con l’appello fervente, tenace a loro. Invocale, attraile con la potenza del tuo spirito ed esse verranno”16.
Prima di incontrare Codreanu, Evola aveva esposto esattamente lo stesso concetto. In Rivolta contro il mondo moderno infatti leggiamo che, come “il piano fisico contiene (…) solo degli effetti e nulla si produce nell’aldiquà, che non si sia già prodotto nell’aldilà, nell’invisibile”17, così l’uomo tradizionale può determinare “fatti, rapporti, vittorie, difese”18 per mezzo dell’azione rituale.
E “l’azione rituale per eccellenza”19, scrive Evola, è il sacrificio, che consente a chi lo esegue di “entrare in un contatto reale con le forze invisibili”20.
Quello del sacrificio era un tema fondamentale della dottrina legionaria: “è l’entità del sacrificio compiuto a determinare la vittoria”, affermava Codreanu. E la parola “sacrificio” (jertfă) ricorre come un vero e proprio leitmotiv21 nei canti della Guardia di Ferro21, che tanta parte ebbero nella “liturgia” legionaria.
Un anno prima dell’incontro di Evola con Codreanu, un intellettuale legionario destinato a diventare una celebrità mondiale come storico delle religioni, Mircea Eliade, aveva tenuto un corso universitario sulla leggenda romena di Mastro Manole (il capomastro che, per dare stabilità alla chiesa che deve costruire, accetta di immolare la propria sposa – ossia la propria anima – murandola nell’edificio).
Eliade aveva messo in luce, in questa leggenda, la “valorizzazione della morte rituale, l’unica morte creativa“22. Nel Trattato di storia delle religioni Eliade ribadirà che il significato di ogni sacrificio consiste nella rigenerazione delle forze sacre; in altre parole, la vittima viene immolata per impedire che una potenza sacra si esaurisca.
Della leggenda di Mastro Manole, “mito centrale della spiritualità del popolo romeno”23, Eliade aveva visto una manifestazione contemporanea nella morte sacrificale di Motza e Marin, due legionari romeni caduti nella guerra civile spagnola. “La morte volontaria di Ion Motza e Vasile Marin – scriveva Eliade nel 1937 – ha un significato mistico (…) Ion Motza, il crociato ortodosso, partì coraggiosamente, con la pace nel cuore, per sacrificarsi per la vittoria del Salvatore”24.
Infatti, poco prima di cadere in battaglia a Majadahonda, Ion Motza si era richiamato anche lui al mito di Mastro Manole: “La nostra azione è una pietra angolare di questa nuova costruzione legionaria romena, costruzione che – per un destino che è stato così fin dai tempi della leggenda di Mastro Manole – ha richiesto che venissimo seppelliti nelle sue fondamenta, che, da adesso, i secoli non potranno più demolire”25.
Testimone diretto dello spirito sacrificale che animò il movimento legionario, Eliade ha affidato al suo Diario queste annotazioni: “Codreanu credeva nella necessità del sacrificio, riteneva che ogni nuova persecuzione non avrebbe potuto far altro che purificare e rafforzare il Movimento legionario (…) Probabilmente, Codreanu e tanti altri legionari sono morti convinti che il loro sacrificio avrebbe affrettato la vittoria del Movimento”26.
Il tema del sacrificio è centrale nella tragedia Ifigenia, che Eliade scrisse ispirandosi alla storia della figlia di Agamennone, la quale accetta volentieri di farsi immolare per propiziare la spedizione degli Achei contro Ilio26bis.
I tre volti del “fascismo” europeo
Dovendo formulare il concetto dei “tre gradi della dottrina della razza” (razza del corpo, razza dell’anima, razza dello spirito), Evola richiama preliminarmente il lettore della sua Sintesi di dottrina della razza alla triade di corpo, anima e spirito, intesa come caratteristica dell’essere umano; egli evidenzia il carattere tradizionale di questa tripartizione avvalendosi della terminologia sanscrita (sthûla-çarîra, linga-çarîra, kârana-çarîra), greca (soma, psyché, noûs) e latina (corpus, mens, animus). Per quanto riguarda l’anima, evoca la concezione aristotelica e scolastica delle “tre anime” (vegetativa, sensitiva e intellettuale).
A questa stessa tripartizione dell’essere umano, tre anni prima che Evola pubblicasse Sintesi di dottrina della razza, si era riferito Corneliu Codreanu, per indicare le differenze tra fascismo italiano, nazionalsocialismo tedesco e legionarismo romeno. Nel suo colloquio con Evola – secondo la ricostruzione fattane da quest’ultimo – Codreanu aveva detto:
“In ogni essere vivente possono distinguersi tre aspetti (…) quello del corpo come forma, quello delle forze vitali, quello spirituale. Analogamente, ogni movimento politico rinnovatore, malgrado la sua totalitarietà, può, a seconda della eredità, della tradizione e della speciale dotazione della stirpe da cui si trae, dar maggiore risalto a quel che corrisponde all’uno o all’altro di tali tre aspetti, pur senza escludere gli altri. Nel Fascismo, secondo me, viene soprattutto in risalto l’aspetto ‘forma’, nel senso di potenza formatrice, plasmatrice di Stato e di civiltà, secondo il grande retaggio romano. Nel Nazionalsocialismo spicca di più l’elemento biologico, il mito del sangue e della razza, che è la corrispondenza dell’elemento ‘vitale’ di ogni essere. La Guardia di Ferro vorrebbe invece prendere le mosse dall’aspetto puramente spirituale, religioso, e di là procedere alla sua opera”27.
Un paio di mesi dopo la conversazione con Evola, davanti ai giudici militari che lo avrebbero condannato a dieci anni di lavori forzati, Codreanu ribadì in sostanza la medesima veduta circa i tre movimenti rivoluzionari dell’epoca, pur servendosi di immagini leggermente diverse.
“Il fascismo, – dichiarò Codreanu davanti al tribunale – senza trascurare gli altri aspetti della vita sociale si occupa in modo particolare dello ‘Stato’; l’hitlerismo, senza escludere nessun elemento dalla propria attenzione, accorda una cura particolare alla ‘razza’. Il movimento legionario penetra più in profondità, preoccupandosi dello ‘spirito’. In altre parole: nel fascismo predomina la forma esteriore, che nell’uomo corrisponderebbe all’abito. Nell’hitlerismo predomina quello che troviamo sotto l’abito, e cioè il corpo, mentre col legionarismo si oltrepassa sia l’abito sia il corpo e si giunge fin nella profondità dello spirito umano”28.
Nella medesima udienza processuale venne dato risalto ad analoghe dichiarazioni di Mircea Eliade, apparse sul giornale legionario “Buna Vestire” nel corso dell’anno precedente, in data 17 dicembre 1937.
Rispondendo alla domanda “Perché credo nella vittoria legionaria?”, Eliade aveva detto: “Oggi il mondo intero si trova sotto il segno della rivoluzione; ma, mentre altri popoli vivono questa rivoluzione in nome della lotta di classe e del primato economico (comunismo) o dello Stato (fascismo) o della razza (hitlerismo), il movimento legionario è nato sotto il segno dell’Arcangelo Michele e vincerà per grazia divina. Perciò, mentre tutte le rivoluzioni contemporanee sono politiche, la rivoluzione legionaria è spirituale e cristiana. Mentre tutte le rivoluzioni contemporanee hanno come scopo la conquista del potere da parte di una classe sociale o da parte di un uomo, la rivoluzione legionaria ha come fine supremo il riscatto della stirpe, la conciliazione della stirpe romena con Dio, come ha detto il Capitano. Perciò il senso del movimento legionario si distingue da tutto quello che è stato fatto fino ad oggi nella storia; e la vittoria legionaria porterà con sé non solo la restaurazione delle virtù della nostra stirpe, una Romania attiva, degna e potente, ma creerà un uomo nuovo, corrispondente a un nuovo tipo di vita europea. L’uomo nuovo non è mai nato da un movimento politico, ma è sempre nato da una rivoluzione spirituale, da un grande cambiamento interiore”29.
(segue nell’ultima parte)
Note
12. J. Evola, La preghiera è un elemento decisivo per ogni vittoria, “Roma”, 12 dicembre 1958.
13. J. Evola, Legionarismo ascetico. Colloquio col capo delle “Guardie di Ferro”, cit.
14. J. Evola, Nazionalismo e ascesi: la Guardia di Ferro, “Corriere Padano”, 14 aprile 1938.
15. J. Evola, La tragedia della Guardia di Ferro romena: Codreanu, “La Vita Italiana”, n. 309, dicembre 1938.
16. C. Z. Codreanu, Il capo di cuib, Padova 2009, p. 49.
17. J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, cit., p. 78.
18. J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, cit., ibidem.
19. J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, cit., p. 76.
20. J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, cit., ibidem.
21. Guardia di Ferro, Al passo con l’Arcangelo. Ritmi legionari, Parma 1982.
22. M. Eliade, I riti del costruire, Milano 1990, p. 5.
23. M. Eliade, I riti del costruire, cit., ibidem.
24. M. Eliade, Ion Moţa şi Vasile Marin, “Vremea”, 472, 24 gennaio 1937.
25. Testamentul lui Ion Moţa, Karlsfeld 1982, p. 41.
26. M. Eliade, Le messi del solstizio. Memorie 2. 1937-1960, Milano 1995, pp. 28-29.
26bis. M. Eliade, Ifigenia, Parma 2010.
27. J. Evola, Nella tormenta romena: voce d’oltretomba, in “Quadrivio”, 11 dicembre 1938, p. 6.
28. Il processo Codreanu, a cura di H. Cosmovici, Parma 1989, p. 68.
29. C. Mutti, Mircea Eliade e la Guardia di Ferro, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1989, pp. 37-38.
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