Sabato 12 Maggio si svolgerà, a Brescia, il convegno dal titolo “Julius Evola, René Guénon. Incontro o scontro?”, organizzato dal Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza. L’evento, oltre a vedere la partecipazione di relatori di prim’ordine fra cui Claudio Mutti (Eurasia), Enzo Iurato (Heliodromos), Paolo Rada (rappresentante del Centro Studi “Dimore della Sapienza”), ed Enrico Galoppini (scrittore), si caratterizzerà per la partecipazione ufficiale di Rigenerazione Evola che ha dato la propria adesione e sarà presente all’evento. Inoltre, da qui al 12 maggio pubblicheremo una serie di interviste ai relatori, nonché, dopo la conferenza bresciana, i loro interventi, foto e recensioni.
A seguito della bella esperienza del convegno dedicato ad Evola nel 2016, infatti, Rigenerazione Evola ha convintamente raccolto questa opportunità, ritrovandosi ancora una volta, spalla a spalla, con amici e camerati coi quali – al di là di specifiche differenze di indirizzo – condivide una analoga visione del mondo. E’ questo lo spirito che ci caratterizza ed è con l’impersonalità che anima il nostro Progetto che sosteniamo iniziative come queste. In marcia per il Fronte della Tradizione, sempre.
Rimanete dunque connessi con noi e, contestualmente, invitiamo caldamente tutti gli amici e camerati che ne avranno la possibilità ad aderire all’evento bresciano, che ci vede fra i promotori.
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La Redazione di RigenerAzionEvola.it inizia oggi la serie di interviste partendo proprio da Paolo Rada, rappresentante del Centro Studi “Dimore della Sapienza”, che ha organizzato l’evento del 12 maggio.
1) Come nasce il convegno “Julius Evola, René Guénon. Incontro o scontro?” e quali obiettivi si propone?
Il convegno nasce dalla volontà di voler confrontare e comparare la visione della Tradizione in questi due importantissimi autori. Il fine, fondamentalmente, è quello di voler affermare come questi due legittimi interpreti della Tradizione non debbano venire contrapposti, ma che la lettura, o per meglio dire, lo studio dei loro testi dovrebbe essere complementare. Certo, le differenze tra i due vi sono. Il convegno vorrebbe, appunto, soffermarsi su esse, ma anche sul fatto che sono più le cose che li accomunano rispetto a quelle che li dividono. Dando, forse, una risposta al quesito retorico del convegno, si potrebbe parlare più di incontro che di scontro tra questi due giganti. Riguardo a come pervenire al sacro, al ruolo delle tradizioni essoteriche di tipo religioso o meno, alla via diretta (verticale) o indiretta (orizzontale) all’iniziazione, alle possibilità dell’iniziazione nel mondo moderno, alla funzione del sacerdozio e della regalità ed ai loro rapporti gerarchici, alla diversa valutazione nei confronti del mondo classico e del Cristianesimo, per citare solo alcuni temi, questi due autori divergono. In sintesi, potremmo dire che Evola ha una visione della Tradizione partendo dalla sua equazione personale di Kṣatriya, di cavaliere, di guerriero, di uomo dell’azione, mentre Guénon ha una visione della Tradizione partendo dalla sua equazione personale di bramino, “sacerdotale”, di uomo contemplativo. In ogni caso Evola definì Guénon “un maestro dei tempi moderni”, mentre d’altro canto René Guénon recensendo il testo fondamentale di Julius Evola “Rivolta contro il mondo moderno”, dopo averne sottolineato i punti di disaccordo, così si espresse : “Tutto ciò non deve impedirci di riconoscere correttamente il merito e l’interesse dell’opera nel suo insieme”.
2) Dopo il vostro convegno del 2016 su Evola, il Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza torna oggi a parlare di Evola e lo fa, stavolta, affiancando un nome altrettanto importante come quello di René Guénon. Esiste, dunque, un vivo interesse intorno a queste due figure negli ambienti islamici italiani, sciiti e non?
Esiste un interesse, soprattutto verso la figura di Guénon, da parte di ambienti sufi. Secondo l’autore francese l’unica possibilità nel mondo moderno di pervenire all’iniziazione, non solo virtuale (attualmente la Massoneria), ma anche effettiva, è la partecipazione, l’entrata in una confraternita sufi ortodossa. Sebbene Guénon non abbia invitato esplicitamente nessuno a “convertirsi” (anzi, lui stesso non volle mai utilizzare per sé la parola “convertito”), traspare dai suoi scritti e dalla sua vita come le uniche due vie all’iniziazione oggi siano:
a) da un lato l’iniziazione massonica, la quale, però, utilizzando le categorie guénoniane, è solamente virtuale;
b) dall’altro, previa adesione ad una forma tradizionale essoterica (Guénon scrisse un famoso articolo intitolato “Necessità dell’essoterismo tradizionale”), in questo caso l’Islam, l’entrata in una tariqa sufi (1) dove è ancora possibile, secondo lo studioso francese, pervenire all’iniziazione effettiva.
Evola, sia per il concetto di iniziazione verticale, diretta, propria dell’autore romano, e sia per la sua equazione personale di Kṣatriya, potrebbe essere un autore più vicino ad ambienti sciiti per due motivi essenziali:
a) l’iniziazione nel mondo sciita avviene in modo diretto, tramite il diretto contatto con l’Imam Mahdi, il dodicesimo discendente di Mohammad (Maometto), ora occultatosi (2), senza l’entrata in una determinata confraternita, ma solamente attraverso esercizi spirituali e con l’ausilio di uno o più maestri, guide spirituali.
b) Nel mondo sciita abbiamo una forte componente politica, legata all’azione. Esempi possono essere la Repubblica Islamica dell’Iran o il movimento Hezbollah in Libano. Azione la quale è conseguenza di una radice metafisica e spirituale. Vale la pena di ricordare che la Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Khāmeneī, ha il titolo di Wali Faqih, ovvero di colui il quale governa, oggi, nell’attualità, facendo le veci dell’Imam Mahdi (fj) (3). L’Imam Mahdi (fj) nel mondo sciita è sia il veicolo d’iniziazione che il reggitore del mondo (la presenza di Dio nel mondo), e la guida politica dei musulmani stessi. Oggi questo ruolo politico è di pertinenza del Wali Faqih.
3) Per chi non vi conoscesse, può raccontarci brevemente cos’è il Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza?

“Vale la pena di ricordare che la Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Khāmeneī, ha il titolo di Wali Faqih”
Il Centro Studi Internazionale Dimore della Sapienza, attraverso la pubblicazione di testi, l’organizzazione di convegni e cenacoli, cerca di dare un contributo a quello che è stato chiamato “Fronte della Tradizione”.
4) A proposito di “Fronte della Tradizione”, come è stato molto ben definito, iniziative come questo Convegno sono delle felici opportunità per contribuire a costruirlo ed a farlo crescere: oggi, più che mai, si pone la necessità di ritrovarsi fra uomini e donne accumunati da una medesima visione del mondo fondata sulla vera metafisica. Cos’altro si può fare secondo voi?
Paradossalmente la risposta a questa domanda è la più impegnativa … Ricollegandomi a quanto detto nella precedente risposta, l’unica cosa possibile da fare, al di là di un mero attivismo che non conduce a nulla, è tramandare alle generazioni future gli insegnamenti della Tradizione. Questo può essere compiuto attraverso la pubblicazione di testi, attraverso convegni, conferenze, seminari, consci sempre del fatto che siamo alla fine del ciclo, alla fine del Kali yuga … si potrebbe rispondere a questo quesito anche con questa bellissima frase di Evola: “Agire senza guardare ai frutti, senza che sia determinante la prospettiva del successo e dell’insuccesso, della vittoria o della sconfitta, del guadagno o della perdita, e nemmeno quella del piacere e del dolore, dell’approvazione e della disapprovazione altrui”.
Diverso sarà invece il compito che ogni uomo della Tradizione compirà per quanto riguarda la sua formazione spirituale, operativa e non solo – mi si passi il termine – libresca o di puro interesse culturale. Il fine dell’accostarsi alla lettura degli autori tradizionalisti dovrebbe essere il ricollegamento effettivo, operativo (essoterico o esoterico che sia) e non solo “accademico” con la Tradizione.
Note redazionali
(1) in arabo, il termine indica le confraternite islamiche sufi, che sono comparse in seno al sufismo in epoca tarda: dopo una prima fase di approccio prettamente individuale, i sufi si organizzarono infatti, solo a partire dal XII secolo, in strutture complesse di discepoli (murīd, pl. murīdīn) che, sotto la guida di un Maestro, imparavano a percorrere la via esoterica per giungere ad una diretta conoscenza (maʿrifa) di Dio.
(2) Nel mondo sciita, la maggioranza è costituita dalla cosiddetta Shi’a duodecimana, detta anche imamita, secondo la quale la guida del mondo islamico, dal punto di vista sia spirituale che temporale, è prerogativa di Ali e dei suoi discendenti: in base all’esplicita designazione del Profeta, gli Imam della Casa Mohammadiana (gli unici successori legittimi del Profeta) sarebbero dodici. In particolare, il dodicesimo Imam, conosciuto appunto come il Mahdi (“l’atteso” o “il ben guidato”), secondo la Shi’a imamita sarebbe entrato in stato di occultamento (in arabo ghayba), per ricomparire nuovamente sulla terra restaurando la religione e la giustizia, che rigenererà prima della fine del mondo.
(3) I termini “wali”, “wilayat”, “mawla” e “mawla alaihi” derivano dalla stessa radice (w-l-y). Dal loro significato primario, ossia “essere vicini a qualcuno o qualcosa”, sono derivati i significati generali di “farsi carico degli affari di qualcun altro”, e quindi di “essere in carica”, “governare” ed “esercitare l’autorità”. Uno dei punti fondamentali che caratterizza la dottrina Imamita nell’ambito del pensiero politico Sciita, trae origine dal concetto di “guida” durante il periodo dell’occultazione maggiore, nel quale il dodicesimo Imam, il Mahdi, come detto, è assente. Il credo Imamita adotta al riguardo un sistema di vicereggenza (niyabat), in cui l’autorità (wilayat) viene affidata ad un sapiente, ad un giurista o giurisperito giusto e competente (faqih al-adl), il quale agisce come rappresentante dell’Imam occulto. Di qui la dottrina della wilayat al-faqih, che costituisce l’asse centrale del pensiero politico Sciita contemporaneo: la concezione politica, appunto, che ruota intorno all’autorità del saggio faqih, che si assume la guida del governo come vicereggente durante l’assenza dell’Imam, detentore dell’autorità assoluta (wilayat al-mutlaqa al-ilahiya) per prerogativa divina.
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