“Stato fascista, impero e idea organica” – Intervista inedita di Evola ad O. Spann (1933)

In vista del convegno organizzato dalla Comunità Militante Raido in collaborazione con RigenerAzione Evola per il prossimo 21 maggio, pubblichiamo due interessanti ed inedite interviste che Julius Evola, nella inconsueta veste di “cronista”, realizzò per “Il Regime Fascista” di Roberto Farinacci rispettivamente nel 1933 e nel 1936.

Cominciamo con la prima intervista, nella quale Evola affronta con Spann il problema del concetto di Stato organico, anche in relazione allo Stato fascista che si andava costruendo all’epoca, e delle entità sovranazionali.

Un’avvertenza per i lettori: relativamente a questa intervista, talune parole nel testo originale risultano illeggibili , mentre, in altri casi, il testo presenta qualche piccolo errore di stampa. La comprensione dell’intervista non ne viene minimamente pregiudicata, ma per completezza abbiamo inserito tra parentesi le parole che presumibilmente vanno a completare il testo e gli aggiustamenti rispetto alle imprecisioni in sede di stampa.

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di Julius Evola

(da “Il Regime Fascista”, 14 giugno 1933)

Roma, 10 giugno 1933

È di passaggio a Roma il prof. Othmar Spann di Vienna, qui invitato a tener alcune conferenze. Il nome dello Spann sarà forse già noto a molti lettori. Si può dire che egli nella nuova cultura tedesca è tra le personalità più rappresentative in tema di filosofia politica, di sociologia e di economia. La sua caratteristica è di non esaurirsi sul piano empirico e particolaristico, ma di dare alle sue concezioni politiche un saldo e serio fondamento filosofico, anzi metafisico.

Spann-Heinrich-Lo stato organicoSe egli difende l’ideale antiliberale e antidemocratico dello Stato come organismo, una tale idea non è che l’applicazione e la deduzione di una sua visione generale del mondo e della vita parimenti organica, spiritualistica, antimeccanica. Così a base di opere, come Il vero Stato, o la Dottrina della Società, o Scienza morta e scienza viva, che, lettissime in Germania e in Austria, non di rado han fornito idee fondamentali a capi politici del nazionalsocialismo [o] tedesco-nazionali, lo Spann ha scritto opere come La dottrina delle categorie o il processo creativo dello Spirito, nelle quali egli affronta tecnicamente i massimi problemi della speculazione tradizionale. Politicamente, il suo concetto fondamentale è il superamento sia dell’individualismo (liberalismo, capitalismo), sia del marxismo e di ogni sorta di statolatria livellatrice, attraverso una superiore concezione dello Stato, differenziata e in pari tempo gerarchica, fortemente appoggiata alla dignità della personalità.

Se tale termine si lascia applicare ad uno straniero, lo Spann può ben dirsi un prefascista, avendo egli già, subito [dopo] la guerra, iniziata in tal senso la campagna contro le dottrine della decadenza social-liberale moderna – non solo, ma anche un superfascista: recentissimamente in una rivista italiana egli ebbe a schierarsi proprio sulla stessa linea di «rivoluzionari integrali» e squadristi, come un Fanelli, nell’augurarsi che la rivoluzione fascista – da lui dichiarata un fenomeno provvidenziale non pure per l’Italia, ma per l’Europa intera – giunga a liquidare anche nell’ambito della cultura e dell’insegnamento accademico molti persistenti residui di una mentalità afascista o antifascista.

Ci siamo incontrati con lo Spann all’Hotel Bristol: e riportiamo qualche punto del nostro cordiale colloquio.

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Essendo venuti a parlare della recente polemica svoltasi fra il Gentile e l’Orestano a proposito dei rapporti fra Stato hegeliano e Stato Fascista, domandiamo allo Spann come egli consideri, dal suo punto di vista, simile problema.

L’obiezione principale da farsi allo Stato hegeliano – risponde lo Spann – è il suo carattere troppo centralistico. Esso non rispetta abbastanza ciò che io chiamo il momento della Ausgliederung [1], cioè della differenziazione organica dei varii elementi. In tal senso, la dottrina hegeliana, specie se la si prende unilateralmente e superficialmente, può dar luogo a delle svolte pericolose. Vi è stato, in Russia, chi ha trovato lo Stato hegeliano per nulla contrastante con quello sovietico, naturalmente salvo considerar come superstrutture borghesi superate gli aspetti spirituali e supereconomici del primo.

hegel-idealismo

Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770 – 1831)

Da un punto di vista filosoficamente più tecnico, ma non per questo da trascurare se si deve precisare il senso vero di uno Stato organico o di uno Stato fascista, è suscettibile di una critica anche il luogo in cui, nel sistema complessivo dello Hegel, fa apparizione il concetto stesso di Stato.

Esso si presenta dopo i «gradi» di «famiglia» e «società» e prima delle forme del cosiddetto «spirito assoluto». Ora, il principio fondamentale dello Stato organico – credo anche di quello fascista – è che esso, quale realtà primaria spirituale e etica, precede e determina ognuna delle forme particolari, pratiche, sociali e culturali, in cui esso si realizza e, infine, si riprende come loro culminazione organica. Così abbiamo dei rapporti gerarchici sensibilmente diversi da quelli della concezione hegeliana, e soprattutto una idea di formazione dall’interno, quasi di anima che organizza il suo corpo politico, più che di trapasso «dialettico».

Domandiamo allo Spann come una simile concezione sormonti lo scoglio statolatrico, data questa priorità plasmatrice attribuita allo «spirito» dello Stato rispetto ad ogni individuo e ad ogni funzione sociale.

La difficoltà è facile a superare – risponde lo Spann – se si distingue ciò che Lei appunto giustamente chiama lo spirito dello Stato dallo Stato come istituzione reale. Per aiutarmi con una imagine, dirò che un certo significato precede mentalmente, sceglie e organizza le varie molteplici e differenziate parole o frasi in cui si esprime, l’insieme delle quali andranno poi a riprodurlo oggettivamente. Così deve pensarsi per lo Stato. L’individualismo ha preteso che da un insieme di suoni incoerenti, cioè di individui originariamente liberi, privi di ogni intimo nesso, indifferenti di fronte ad ogni principio che li trascenda, possa venir fuori qualcosa di sensato. L’unità di una idea deve invece preceder ciascuno degli elementi, se la parola Stato non deve ridursi ad una vuota parola. Ma ciò non vuol dir per nulla togliere a ciascuno di questi elementi la propria personalità. Al contrario, solo in questo caso ognuno di essi può avere il suo giusto luogo, la sua adeguata e libera funzione, il suo senso. L’idea organica riprende insomma la massima classica del suum cuique, la quale è quella che più di ogni altra può [fondare] una realtà politica differenziata, personalizzata e ordinata, giacché in essa «ognuno ha il suo» nel sistema complessivo.

Ugo Spirito-corporativismo-corporazione proprietaria

Ugo Spirito, allievo di Gentile e teorizzatore della cd. corporazione proprietaria: “trovo pericolose”, confidò Othmar Spann ad Evola, “quelle tendenze di ‘sinistra’, che vorrebbero far della corporazione un preludio alla statizzazione o ad una specie di socialismo di Stato. Per me l’idea corporativa (…) va presa più in senso decentratore che centralizzatore”

Per tal via – soggiunge lo Spann – [se] io ho avuto occasione di difendere il principio corporativo ancor prima che il fascismo l’affermasse in [Italia],  pure trovo pericolose quelle tendenze di «sinistra», che vorrebbero far della corporazione un preludio alla statizzazione o ad una specie di socialismo di Stato. Per me l’idea corporativa, per essere mezzo efficace di risanamento nei riguardi sia del [mito] liberalistico che di quello marxista, va presa più in senso decentratore che centralizzatore. Pur essendo gerarchicamente inquadrata, [ogni] corporazione dovrebbe mantenere una «vita propria», correlativa ad un suo «spirito di corpo» e ad una sua intima tradizione quale fondamento etico per la collaborazione dei suoi elementi: proprio come nelle nostre antiche Gilden e Zunften.

Domandiamo allo Spann se la sua concezione gerarchico-organica ha applicazione anche sul piano internazionale, e quali conseguenze allora ne derivino.

Internazionalmente il pluralismo di varie nazioni, incapaci di veder oltre il proprio interesse immediato e il proprio egoismo – dice lo Spann – è l’esatto equivalente dell’individualismo giusnaturalistico, che all’interno di una singola nazione svuota lo Stato da ogni realtà propria e riduce tutto all’accordo contingente che ai singoli è dettato dal proprio tornaconto, invece che dal riconoscimento di un principio etico superiore. Le varie nazioni secondo il mio punto di vista si presentano come, all’interno di [ogn]una di esse, si presentano le diverse corporazioni, le quali debbono mantener vita propria ma esser purtuttavia riprese in una più alta e unitaria realtà. Così anche internazionalmente si presenta un compito e un ideale organico, sulla base del doppio principio dell’autonomia materiale e della gerarchia spirituale. Insomma, di contro a quella emanazione diretta dell’ideologia democratico-liberale, che è la Società delle Nazioni, in sede supernazionale io riconosco il superiore diritto dell’idea romana e romano-germanica del Reich, dell’Imperium: una autorità supernazionale, superpolitica, spirituale come qualcosa di più reale che non le singole unità politiche, le quali però troverebbero solo in essa le condizioni per una vera intesa e per una solidarietà creativa.

Con intenzioni leggermente luciferine domandiamo all’illustre nostro interlocutore come egli concepisca i rapporti fra questa eventuale unità universale e spirituale dell’Impero e quella della Chiesa, e se non avrebbe per caso a ripresentarsi la stessa antitesi medievale fra guelfi e ghibellini. In secondo luogo, domandiamo per che via, cioè attraverso quali razze, egli pensa che questa nuova idea universale imperiale potrebbe concretamente imporsi in Europa.

Il prof. Spann sorride e risponde:

due-aquile-fascismo-nazionalsocialismo-passo-san-gottardo

“In buona misura posso esser parimenti d’accordo con idee a Lei care, cioè col Suo mito delle ‘due Aquile’ “

Circa il primo punto, confesso che in via di principio non avrei fondamentali obbiezioni contro l’idea pagano-ghibellina da Lei difesa. Voglio dire che potrei ben riconoscere il superiore diritto di fronte alla Chiesa, di una autorità in pari tempo imperiale e pontificale, regale e sacerdotale, quale visse in antiche civiltà precristiane e quale cercò di riaffermarsi attraverso gli imperatori del Sacro Romano Impero. Senonchè a quale fede, a quale contenuto religioso concreto potrebbe ormai riferirsi l’uomo occidentale, se non al cristianesimo, unica tradizione spirituale che gli sia rimasta?

Quanto al secondo punto, in buona misura posso esser parimenti d’accordo con idee a Lei care, cioè col Suo mito delle «due Aquile». Voglio dire che anche io penso che la razza italiana e quella germanica oggi, fra tutte, sembrano possedere la maggior possibilità di innalzarsi fino ad una idea universale, e di preparar così, nella loro unione, gli elementi per una Europa unificata sotto segno non «federale» e internazionalistico, ma «organico» e imperiale. Del resto – conclude lo Spann – la prova più prossima di ciò si è avuta proprio in questi giorni. Mussolini, quale promotore e realizzatore del Patto a Quattro, ha dimostrato che l’Italia fascista sa veder oltre ogni ristrettezza di orizzonte ed ha anima pronta ad accogliere l’appello ad una missione ultranazionale: ed il popolo tedesco non ha esitato a seguirlo nella sua generosa iniziativa «europea».

Note

[1] In tedesco, letteralmente: “separazione”, “scorporo” (N.d.R.).


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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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