Una delle pagine più misteriose della vita di Julius Evola è quella relativa ai suoi rapporti col Regime fascista e, in particolare, quello nazionalsocialista. Molto non si saprà mai a causa, anzitutto, del silenzio di Evola stesso che, tanto in vita quanto dopo la sua morte, poco o nulla ha consegnato alla storia circa tali “relazioni pericolose” mantenendosi spesso sul vago o mancando volutamente di precisare alcuni dettagli. Vaghe sono le tracce lasciate qua e là, anzitutto nella sua opera autobiografica Il Cammino del Cinabro, nonché in articoli di Evola tutti scritti ovviamente dopo il 1945 ed il suo rientro in Italia a guerra finita. Qualcosa in più lo si è scoperto, negli anni, grazie al lavoro di studiosi e giornalisti che grazie ad intenso lavoro archivistico ed a felici intuizioni, hanno ricostruito molti aneddoti, collaborazioni e compiti che Evola svolse nei confronti delle “due Aquile”, Italia e Germania, a cavallo degli anni ‘30 e ‘40.
Mistero fra i misteri è, in particolare, la fase 1943-45 di Evola ovvero in quegli “anni decisivi” in cui se dal punto di vista militare tutto era già abbastanza chiaro agli spiriti più avveduti, molto era da scrivere e da fare per prepararsi al dopo-sconfitta. Questa è, forse, la pagina su cui Evola ha taciuto maggiormente (nonostante alcuni articoli degli anni ‘50) perché maggiormente spicca la sua collaborazione filo-tedesca che fu organica, strutturata ed ufficiale.
Un interessante contributo per sbrogliare l’intricata e frammentaria matassa di quei giorni ed anni convulsi è la recente opera di Gianfranco de Turris Julius Evola. Un filosofo in guerra 1943-1945 (Mursia, 2016) che mette insieme tutta una serie di fonti e intuizioni sparse, raccolte da molteplici fonti e Autori. Il libro è il frutto di anni di ricerche su documenti, fra cui diversi inediti, ricavati da archivi, biblioteche, corrispondenze di Evola e, anche, testimonianze dirette. Ne risulta un testo che, per certi versi, è stato giustamente accostato ad una spy stories, dove le vicende storiche si mescolano alle vicende personali e biografiche di un personaggio straordinario quale fu Julius Evola.
Più che di un libro di rivelazioni o sensazionalistico, si tratta di un lavoro di tessitura e ricostruzione d’un mosaico sconnesso, con molte tessere a tutt’oggi mancanti. L’esito è stato un quadro decisamente più organico e temporalmente chiaro, che ha permesso di ricostruire movimenti, incontri e relazioni che fino ad oggi erano isolate fra loro e non organicamente comprese. Ma, soprattutto, di mettere un punto circa la collaborazione di Evola col nascente regime repubblicano (Rsi) e la Germania hitleriana. Infatti, quello che potrebbe sembrare, a prima vista, solo un lavoro compilativo assume un senso ulteriore nel dare finalmente una chiara ed inequivocabile collocazione e dignità nel ruolo di Evola con alte gerarchie italiane e tedesche fra il 1943 ed il 1945. Oltre agli eventi più noti, come la permanenza di Evola al Quartier generale di Hitler che attende Mussolini appena liberato dai tedeschi, de Turris chiarisce con dovizia di particolari altri eventi di cui si sapeva oggi molto poco: la missione a Napoli per tentare di salvare l’archivio segreto dell’amico Giovanni Preziosi, la collaborazione strutturata e ufficiale con l’SD tedesco come “consigliere ideologico”, i dossier informativi sulla “spia” Evola (degli Alleati e dei partigiani) e la rocambolesca fuga dagli agenti segreti Alleati accorsi per arrestarlo. In particolare, viene ricostruito il tentativo evoliano di costituire – sin dalla reggenza di Badoglio, con cui mai collaborò – un progetto politico di vera Destra (Movimento per la Rinascita d’Italia) che proseguì, nel suo peregrinare poi fra Austria e Germania, in una dimensione sempre più europea.
Tutto questo a dimostrazione di quanto non solo ancora ci siano margini per una ricerca su Evola e la sua sterminata pubblicistica e, soprattutto, attività e collaborazioni ma, soprattutto, per smentire ogni pretesa impoliticità del suo pensiero e della sua persona. Evola, invece, fu sin da giovanissimo impegnato a tradurre in azione concreta, e impersonale aggiungeremmo, i suoi sforzi culturali e di studio, avvalendosi in momenti diversi di collaboratori e strumenti diversi: dalla fase magico-realizzativa di Ur-Krur a quella decisamente “polemica” de La Torre, passando per la docenza presso la Scuola di Mistica Fascista o quella “razzista” e ufficializzata da Mussolini in persona e tante, tante altre ancora. Fino alle relazioni, le conferenze, i contatti con la Germania ed i tanti Paesi europei della Mitelleuropa ed Orientale, tanto con gli esponenti della Rivoluzione Conservatrice quanto con gli esponenti politici più illuminati e “in ordine” dei movimenti nazionali di allora: Codreanu e la Guardia di Ferro o gli ambienti germanici dell’SD, per esempio. Con la Germania hitleriana, in particolare, il già noto rapporto con gli ambienti tedeschi più sensibili (leggasi SS e dintorni) fu di stima ma, anche di diffidenza epperò fondati su di una fiducia quasi incondizionata verso Evola che nei convulsi giorni di Settembre del 1943, e dopo, fu stretto collaboratore degli ambienti più segreti facenti capo a Berlino.
Non male per un “filosofo” (infelice semplificazione ad uso titolistico ma, che stona completamente con gli esiti della lettura del libro…) impegnato per tutta la sua vita in una guerra (anche nel vero senso della parola!) contro il mondo moderno.
Vincenzo Leone
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