In occasione dell’Epifania, riprendiamo le pubblicazioni con un interessantissimo saggio a tema sull’Astro dei Re Magi, ad opera di Cosmo Intini, studioso di simbolismi e dottrine tradizionali, di lingue sacre ed in particolare di Gematria. Dapprima presentiamo una breve introduzione dello stesso autore sul concetto di lingua sacra e, appunto, di Gematria, prima di passare all’approfondimento vero e proprio sul tema in oggetto. Le immagini attinenti alla Costellazione del Cancro ed al relativo “geroglifico” astrale sono elaborazioni sviluppate dall’autore stesso.
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di Cosmo Intini
saggi tratti da www.reginaequitum.it e dal blog www.gianlucamarletta.it (gennaio 2021)
BREVE INTRODUZIONE AL CONCETTO DI LINGUA SACRA E ALLA PRATICA DELLA GEMATRIA
La Gematria, scienza sia speculativa che pratica, non è altro che la comprensione interpretativa dei significati anagogici presenti nelle Sacre Scritture di una tradizione religiosa, realizzata sulla base della consapevolezza dottrinale di una corrispondenza sussistente tra numeri e lettere alfabetiche della lingua che di tale tradizione religiosa sia riconosciuta come sacra. Nel caso specifico del Cristianesimo, la lingua che riveste tale funzione ‘sacrale’ è certamente il Greco antico. Questa nostra affermazione potrebbe forse lasciare stupiti molti lettori, ma le ragioni di quanto affermiamo sono profonde.

Simbolo dell’Evangelista Giovanni (Donatello, XV secolo, Basilica del Santo, Padova)
Innanzitutto, va precisato che l’accezione di ‘lingua sacra’, nel caso del Cristianesimo, denota la capacità della lingua greca di contenere in maniera latente l’espressione del Mistero cristiano concernente i suoi fondamentali dogmi, nonché quei suoi aspetti teologici e metafisici che costituiscono le Verità di Fede anche nel loro aspetto più profondo (1). Non è del resto un caso che non solo tutto il Nuovo Testamento sia stato scritto proprio in ‘greco’, ma anche, ed in particolar modo, che specificatamente in tale lingua si sia rivelata l’Apocalisse di Giovanni: l’unico libro profetico presente nel canone neotestamentario e l’unico del quale sia affermato esplicitamente di esser stato “inviato dall’Alto” (2).
Nel concreto del suo utilizzo, la gematria considera ogni parola come fornita di un valore numerico totale, ottenuto in base alla somma dei valori numerici posseduti dalle sue singole lettere alfabetiche. Tale valore rispecchia in sé una qualità piuttosto che una quantità, la quale può essere colta sostanzialmente sia sulla base delle relazioni con cui tali valori numerici vengono a porsi nei rispetti di altri valori numerici ad essi rapportati, sia sulle relazioni che si stabiliscono all’interno di sé stessi nella successione con cui si presentano i numeri che li costituiscono, sia sul valore simbolico di ognuno di questi suoi singoli numeri, sia infine pure sul geroglifico della propria cifra. Inoltre, la gematria insegna che, a parità di valore numerico totale – evenienza alla quale viene dato il nome di isopsefia – due o più parole diverse si equivalgono anche nel proprio valore e senso qualitativo, simbolico e spirituale (3).
La gematria, beninteso, non è affatto un tardo e magari soggettivo approccio all’interpretazione dei testi sacri; tant’é che proprio nel libro dell’Apocalisse compaiono allusioni esplicite che confortano la liceità dell’impiego di questo approccio ermeneutico. Tra questi riferimenti ricordiamo in particolare:
1) l’invito a calcolare gematricamente il numero del nome della bestia (Ap 13,18);
2) la ripetuta auto rivelazione del Logos che più volte si definisce essere l’‘Alpha e Omega’ (Ap1,8. 21,6. 22,13). Quest’ultima evenienza assume una valenza decisiva in quanto è possibile leggervi la chiara e diretta dichiarazione del Logos di essersi, in certo qual modo, spiritualmente “incarnato” anche nell’alfabeto greco; e ciò proprio in virtù della Sua peculiare natura (Logos = Pensiero e Parola).
Note dell’autore
[1] La ‘lingua sacra’ non sempre coincide con quella che è la ‘lingua liturgica’ di una data religione. Per il Cristianesimo occidentale, ad esempio, è il latino ad assolvere a quest’ultima funzione. In alcune occasioni, tuttavia, è altrettanto evidente che anche la lingua liturgica può assumere caratteristiche “sacre” atte a veicolare significati profondi. Nel caso proprio del Rosario, ad esempio, tale pratica é stata “rivelata” in latino, e la stessa traduzione latina delle preghiere del Pater e dell’Ave rispecchiano una perfezione numerologica che fa capire che tale traduzione non fu affatto un’opera “profana”.
(2) La natura rivelata dell’Apocalisse è esplicitamente dichiarata dal Logos stesso a conclusione del libro di cui non dev’essere mutata alcuna parola: “A chiunque ascolta le parole della profezia di questo libro io dichiaro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; 1e se qualcuno toglierà qualcosa dalle parole di questo libro profetico, Dio lo priverà dell’albero della vita e della città santa, descritti in questo libro”. (Apocalisse 22, 18-19)
(3) Tanto per fare qualche esempio: la parola ‘pneuma’, che significa ‘Spirito’, allorché scritta in greco possiede lo stesso valore gematrico di ‘aetos’, che significa ‘aquila’; e ben conosciamo l’equivalenza simbologica dei due termini. oppure, la parola greca ‘yios’, che significa ‘Figlio’, ha il medesimo valore di ‘zygos’, che traduce ‘bilancia’; e qui si allude alla seconda persona della SS. Trinità nell’accezione de ‘il Giusto’! E così via!
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L’ASTRO DEI MAGI
Cos’é stato il segno nel cielo che avrebbero visto i Magi evangelici? Per la critica razionalista, si tratta solo di una leggenda; alcuni studiosi, al contrario, l’hanno identificato con una congiunzione Giove-Saturno. Ma in realtà, secondo il nostro studio, il segno che avrebbe annunziato ai Magi la nascita del Messia sarebbe stato un evento ben più complesso: un vero e proprio geroglifico celeste dal significato straordinario e unico, comprensibile a partire dalle scienze sacre della gematria e del simbolismo. Perché ciò che è in basso non è che il riflesso di ciò che é in alto.

L’Adorazione dei Magi di Giotto
A seguito dei vari interventi che si sono susseguiti sulla scorta della recente congiunzione astronomica dei pianeti Giove e Saturno, culminata lo scorso 21 dicembre (del 2020, ndr), l’attuale prossimità alla solennità dell’Epifania spinge anche noi a proporre una riflessione sull’argomento. Come è noto, suddetto fenomeno è stato posto da più parti al centro dell’attenzione non solo per l’eccezionalità della vicinanza raggiunta dai due pianeti – come non avviene se non secondo scadenze secolari – ma altresì perché esso ha richiamato l’analoga circostanza astronomica verificatasi nel 7 a.C., la quale avrebbe configurato il misterioso “Astro dei Magi” citato nell’episodio evangelico di Mt 2,1-12.
La proposta di porre in relazione la “stella di Bethleem” con la cosiddetta coniuctio aurea Giove-Saturno del 7 a.C. risale già a Keplero. Se nel corso del tempo essa è stata più volte autorevolmente ripresa, a tutt’oggi parrebbe comunque rimanere inevitabilmente confinata soltanto al livello di una mera seppur affascinante ipotesi. Da una parte essa si basa sulla consapevolezza che l’anno zero dell’era cristiana dovrebbe effettivamente retrodatarsi di 6/7 anni, giacché la sua fissazione fu frutto di un errore di calcolo operato da Dionigi il Piccolo. D’altro canto, è acclarato quanto la grande congiunzione Giove-Saturno del 7 a.C. sia stata di particolare ed eccezionale significatività astronomico-astrologico-simbologica, in quanto avvenuta per ben tre volte proprio tra quei due particolari pianeti e, oltretutto, sempre ed emblematicamente all’interno della sola costellazione dei Pesci. Non da ultimo, la certezza che proprio in quegli anni non si verificò né il passaggio di alcuna cometa, né la comparsa di luminosissimi fenomeni d’altro genere quali una nova o una supernova, ha convinto del fatto che l’“Astro dei Magi” – a meno di non considerarlo una pura leggendaria invenzione dei primi cristiani – non debba allora interpretarsi semplicemente come un singolo corpo celeste, ma piuttosto come un ben più complesso ed articolato evento astronomico.
In questa sede non ci soffermeremo sui dettagli esplicativi di tale ipotesi, proprio in quanto già da più parti sufficientemente illustrati. Quel che invece ci proponiamo di formulare si configura piuttosto come una sua integrazione; in maniera tale che, corroborando tali supposizioni con ulteriori più evidenti acquisizioni, intendiamo giungere a dimostrare che la sussistenza di una certa qual relazione tra la coniuctio aurea del 7 a.C. e l’evento dell’“Astro dei Magi” non sia solamente da ritenersi plausibile, ma vada indubitabilmente acquisita come effettiva e certa: seppur con dei distinguo. Premesso ciò, vogliamo infatti immediatamente precisare che, pur condividendo pienamente la suddetta “ipotesi”, riteniamo che il fenomeno astronomico del 7 a.C. costituì in effetti solamente il “prodromo”, il “segno indiziale”, per così dire, di quello che, verificandosi di lì a poco con immediata consequenzialità, andò invece a rappresentare il vero e proprio evento celeste direttamente esprimente l’Epiphaneia del Signore, la Sua “manifestazione”; durante il quale evento – con buona pace sia dei detrattori della veridicità del Vangelo, sia di coloro che, come i protestanti o i cattolici d’indole modernista, propendono solo per una interpretazione allegorica delle Scritture – fu in effetti proprio un singolo “astro” a rivestire un ruolo decisivo.
Il “Praesepe”
I nostri studi – i quali vedranno presto una pubblicazione e di cui quel che segue rappresenta una molto sintetica anticipazione – si sono avvalsi non solo delle osservazioni di alcune contingenze astronomiche, ma altresì dell’applicazione dell’ermeneutica gematrica e di interpretazioni di carattere simbologico. Come già dicevamo, il presupposto – su cui daremo conto più avanti – è stato quello di considerare la coniuctio aurea Giove-Saturno del 7 a.C. soltanto come un’indicazione che, fornita sì di un’eccezionalità astronomica, avrebbe tuttavia prospettato qualcosa di ancor più notevole in corrispondenza del successivo 5/6 gennaio, la cui data è da sempre tradizionalmente riportata per essere proprio quella della Epiphaneia.
Ebbene, avvalendoci di un software astronomico (nella fattispecie: EZCosmos 3.0 Skyplot), abbiamo riscontrato che alla data del 5 gennaio del 6 a.C., alla latitudine di Gerusalemme, esattamente alle h. 12, la “luna piena” era al centro della costellazione del Cancro, a sua volta facilmente riconoscibile per la sua tipica forma di Y rovesciata.
E’ abbastanza curioso come sino ad oggi possa essere sfuggita la significatività del fatto che la posizione del “plenilunio”, il giorno 5 gennaio del 6 a.C., verificatosi peraltro contestualmente alla “pienezza del sole” a mezzogiorno (ambedue contingenze astronomiche simbologicamente significative), sia venuto a coincidere con quell’ammasso stellare M44, situato al centro del Cancro, che è anche emblematicamente denominato “praesepe” (gr. φατνη). Tale appellativo compare già esplicitamente citato dall’astronomo Eudosso (408-355 a.C.), oltre che in seguito anche da Arato e da Eratostene, nel III sec. a.C. Tuttavia, la sua origine sembrerebbe addirittura essere retrodatabile di 3 secoli, per risalire alla civiltà mesopotamica. Il termine praesepe traduce “greppia, mangiatoia, recinto, mensa”; la qual cosa trova ulteriore significatività nel fatto che tale ammasso stellare si trova collocato tra le stelle “gamma e delta” del Cancro, a loro volta denominate “i due asinelli” (Asellus borealis – Asellus Australis) (1).
Già alla luce di questo, ci sembra che cominci ad apparir chiaro quanto l’eccezionalità della Epiphaneia di Cristo Signore – avvenimento temporalmente scisso dalla Sua vera e propria Natività, ma che è comunque rappresentante, con quest’ultimo, del sopraggiunto momento della “pienezza dei tempi” – non poteva che essere, per così dire, la “manifestazione” riflessa in terra di una contingenza posta in Cielo in maniera latente. E tale contingenza avvenne il 5 gennaio del 6 a.C., nel cielo della regione di Gerusalemme.
Ma vi sono ulteriori dettagli che ci confortano in tal senso. Va ancora premesso che il Cancro rappresenta il simbolo dell’acqua originaria, dell’acqua-madre, del germe nascente, del feto. Il granchio, che lo rappresenta, in quanto racchiuso in una corazza, rimanda poi ad un luogo chiuso, protetto; conseguentemente esso si identifica con l’archetipo materno, il principio uterino e nutritivo, la profondità, l’abisso, il pozzo, la grotta, la caverna (2). Non è un caso inoltre che, astrologicamente, il Cancro sia il domicilio della Luna, la cui relazione con l’acqua e con la ciclicità femminile rimane abbastanza nota. L’accostamento dunque della “luna”, nel suo massimo splendore, con la figura della S. Vergine Maria appare qui più che ragionevolmente opportuno. Ed è quindi proprio tale “luna in Cancro” a doversi interpretare come l’“Astro” di Mt 2,1-12; d’altro canto, va pure ricordato che col termine greco “aster” (αστηρ) anticamente si indicavano tanto i pianeti, quanto il sole e, appunto, la luna stessa.
Per supportare tale interpretazione riproponiamo dunque la conformazione “stilizzata” dell’evento astronomico.
La prima cosa da notare è che la Y rovesciata, forma della costellazione del Cancro, corrisponde in verità alla lettera greca lambda (λ). Come non arguire, quindi, che quello che appare come un raggio che attraversa la luna piena, biforcandosi subito dopo esserne fuoriuscito, non venga ad evocare il Soffio divino, lo Spirito Santo, che penetra nel grembo della S. Vergine per fecondarlo?
Oltretutto, la lettera lambda è esattamente l’iniziale del termine Logos (λογος); e quella biforcazione, dopo la penetrazione nel seno materno, starebbe pertanto a significare la “manifestazione”, l’Epiphaneia del Verbo divino, nella Sua duplice natura di “Dio e uomo”.
Un “geroglifico” in cielo
A parte tutto ciò, vi è ancora un ulteriore aspetto su cui val la pena di soffermarsi. Anticamente, in greco si usava abbreviare l’aggettivo “sacro, santo” – tradotto per esteso con aghios (αγιος) – esprimendolo, quasi fosse una sigla, con la sola lettera gamma (γ). Ebbene, se volessimo tradurre la locuzione “sacro astro” diremmo allora: “g aster” (γ αστηρ). Ma tale locuzione, una volta pronunciata nel suo insieme, diviene in pratica: “gaster” (γαστηρ), che significa appunto “ventre, utero, seno materno”.
Vi è un’altra via per arguire che il fenomeno della “luna in Cancro” debba essere effettivamente considerata l’espressione macrocosmica dell’“Astro dei Magi”.
Ricordiamo che il geroglifico astrologico del segno del Cancro assume tale conformazione (vedi a destra, ndr)
Concependo tale geroglifico come un’immagine delle cifre 6 e 9, ed inserendovi tra di esse uno “zero”, quale allusione alla luna piena, otteniamo il n. 609. Poiché in lingua greca è possibile abbinare ad ogni parola un valore numerico, dato dalla somma dei valori corrispondenti alle proprie singole lettere (= gematria), ebbene, otteniamo che 609 corrisponde alla parola greca aster, che significa appunto “astro” (3).
Ed è incidentalmente interessante osservare che, da parte sua, il n. 69 non solo corrisponde ad akme (ακμη), che significa il “punto più alto, sommo”, il “momento opportuno” (4), con chiara allusione al momento di “plenilunio” in quanto culmine delle fasi lunari, nonché alla “pienezza dei tempi”; ma equivale gematricamente pure a g ghene (γ γενη), che significa “sacra nascita / sacro luogo e sacro tempo della nascita” (5), nonché pure a kalie (καλιη), che significa “baracca di legno, capanna”, con esplicito e più preciso riferimento al luogo della Natività.
Sempre in merito al “luogo” ove avviene tale “sacra Natività”, si può anche dire quanto segue: dato che la lettera greca lambda, la quale esprime la forma della “costellazione” del Cancro, possiede un valore gematrico pari a 30, ebbene, sommando tale valore al 69 che esprime da parte sua il geroglifico “astrologico” del Cancro, abbiamo: 30 + 69 = 99, il quale è il valore gematrico di Bethleem (βηθλεεμ) (6).
Riprendendo la precedente immagine stilizzata, possiamo desumere che quel suo valore gematrico pari a 30 possa anche considerarsi, secondo una propria “polarizzazione” operata in corrispondenza della sua biforcazione, pari a 15 + 15. Ebbene, sorvolando sul significato simbolico del n. 15, particolarmente legato alla S. Vergine in quanto numero costitutivo della struttura del S. Rosario, gematricamente 15 e 15 corrisponde ad aghia gaia (αγια γαια), che traduce “Terra Santa” (7). Con tale simbologia la patristica ha sempre indicato la verginità della Madonna, ponendola in relazione con la terra pura ed incontaminata del Paradiso.

Mosaico dell’Epifania. Volta dell’anti-Battistero, Basilica di S. Marco, Venezia
Volendo poi scendere ancor più nel dettaglio della “polarizzazione”, si potrebbe inferire che i due valori debbano allora porsi secondo una disposizione contrapposta (come tipicamente avviene, ad esempio, nei fenomeni di polarizzazione elettrica o magnetica). Avremo pertanto:
51 – 15 o, viceversa, 15 – 51.
Prendendo in considerazione solo il primo caso, desumiamo le seguenti contingenze.
1. 51 + 15 è pari a 66, il quale valore, come si è già visto in precedenza, equivale al termine ghene, che significa “nascita”.
2. Sintetizzando le due polarità abbiamo 515, che è il valore di parthenos (παρθενος), parola che significa “Vergine” (8).
3. Moltiplicando 51 x 5 (che ottiene, peraltro, il medesimo risultato di 15 x 15) otteniamo 225, il quale è il valore di paidion (παιδιον), che significa “bambino, fanciullino” (9).
In sintesi, siamo al cospetto della realizzazione del passo di Is 7,14, là dove si profetizza della “Vergine che concepisce e dà alla luce un figlio”.
Sulla congiunzione Giove-Saturno
Per concludere, volendo ritornare adesso alla triplice congiunzione Giove-Saturno, possiamo far riferimento ai 3 giorni in cui avvenne il fenomeno. Essi furono: il 29 maggio, il 30 settembre ed il 5 dicembre del 7 a.C.
Considerando le reciproche distanze in giorni abbiamo:
1. 29 maggio – 29 settembre = 124 gg.
2. 30 settembre – 4 dicembre = 66 gg.
I due numeri chiave sono pertanto: 124 e 66. Ebbene:
1. 124 è il valore di Magoi (μαγοι), che traduce “Magi” (10);
2. 66 è il solito valore di ghene, “nascita”;
3. 124 + 66 è pari a 190, che è il valore di ploi (πλοι), che traduce “in viaggio” (11).
Se computiamo adesso anche i giorni che separano l’ultima congiunzione Giove-Saturno con il giorno dell’Epiphaneia, abbiamo: 5 dicembre (7 a.C.) – 5 gennaio (6 a.C.) = 32 gg.
E allora, alla luce dei tre valori 124, 66 e 32 otteniamo che la loro somma è pari a 222, il quale è il valore di plea-mene (πλεα-μηνη) che significa “luna piena” (12).
Conclusione
Seppur possa apparire sorprendente nei suoi esiti e nelle sue metodiche, l’approccio da noi adottato non fa altro che adeguarsi ad una semplice verità di fede, oltre che metafisica: l’incarnazione del Logos non poteva che avvenire se non informando tutto il creato alla Sua perfezione in quanto Sapienza. Questa si manifesta attraverso l’ordine, la proporzione, il numero e per poter fruire della Sua presenza non vi è via migliore che quella di conformarsi a tali ordine, proporzione e numero. L’Astro dei Magi, per chi lo sappia cogliere, ne è testimonianza e monito!
Note dell’autore
(1) La denominazione è di origine mitologica. A seguito alla caduta dei Titani, Giganti e Dei vennero a battaglia. In quanto questi ultimi sopraggiunsero cavalcando i due asini, non conoscendo tali bestie i Giganti furono spaventati dal loro ragliare e messi in fuga. Fu così che Dioniso, per premiare i due asini, mise il praesepe nel cielo, in mezzo a loro.
(2) Cfr. J. CHEVALIER – A. GHEERBRANT, Dizionario dei Simboli, vol I, Ed. BUR, Milano 1992, pp. 182-183.
(3) αστηρ = 1 + 200 + 300 + 8 + 100 = 609.
(4]) ακμη = 1 + 20 + 40 + 8 = 69.
(5) γ γενη = (3) + (3 + 5 + 50 + 8) = (3) + (66) = 69.
(6) βηθλεεμ = 2 + 8 + 9 + 30 + 5 + 5 + 40 = 99.
(7) αγια γαια = (1 + 3 + 10 + 1) + (3 + 1 + 10 + 1) = (15) + (15) = 30.
(8) παρθενος = 80 + 1 + 100 + 9 + 5 + 50 + 70 + 200 = 515.
(9) παιδιον = 80 + 1 + 10 + 4 + 10 + 70 + 50 = 225.
(10) μαγοι = 40 + 1 + 3 + 70 + 10 = 124.
(11) πλοι = 80 + 30 + 70 + 10 = 190.
(12) πλεαμηνη = 80 + 30 + 5 + 1 + 40 + 8 + 50 + 8 = 222.
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