La Destra e la Tradizione

di Julius Evola

(Tratto da “La Destra“, n. 5, Roma, maggio 1972)

L’idea della Destra sta oggi destando un interesse in ambienti abbastanza ampi e vari. Dato il marasma politico e culturale dell’Italia attuale, ciò è certamente un sintomo positivo. Però quando un’idea trova un maggiore suolo di risonanza accade quasi sempre che essa perda la sua determinatezza, e valga più la formula che non un contenuto preciso. Ciò può dirsi anche per l’idea della Destra, specie quando essa viene riferita ad un piano che non è solamente quello originario, ossia il piano politico, ma viene considerato un atteggiamento generale.

In questo contesto un problema che può rivestire un interesse speciale è quello dei rapporti fra il concetto di Destra e il concetto di Tradizione. Su di esso è necessario portare l’attenzione se alla Destra si vuol dare un contenuto positivo e non soltanto polemico o oppositivo.

Nella House of Commons britannica, la cd. “His Majesty’s most loyal opposition” si presenta con un “governo ombra” completo di un “primo ministro ombra” regolarmente stipendiato e pronto ad assumere la carica di primo ministro ufficiale nel caso in cui governo in carica cada o perda le elezioni (nell’immagine: “The House of Commons at Westminster”, 1808, autori vari)

Il contenuto soltanto polemico della Destra fu implicito nelle origini. Infatti si sa che la Destra fu così chiamata in relazione al posto che nel Parlamento andarono ad occupare i rappresentanti schieratisi contro gli elementi rivoluzionari i quali per ciò stesso si trovarono ad essere caratterizzati come la «Sinistra». Riferendosi alle assemblee degli antichi regimi, questa opposizione non era però fra elementi equiparabili. Infatti in genere si trattava di regimi monarchici, e la Destra non agiva per una causa propria ma assumeva la difesa dei superiori princìpi di autorità e di ordine insediati eminentemente al vertice stesso dello Stato. Peraltro, in origine, anche la cosidetta «opposizione» ebbe un carattere funzionale perché nei rappresentanti di essa era presupposto un lealismo e un cooperativismo – idea, questa, caratteristicamente espressa dalla formula inglese: “His Majesty’s most loyal opposition [1]”. Solo all’apparire di ideologie e movimenti rivoluzionari si venne alla definizione di Destra e Sinistra come schieramenti interamente contrapposti. In questa situazione, alla Destra fu naturalmente proprio l’assumere un orientamento conservatore.

Con ciò si delineano già dei concetti essenziali per la problematica complessiva che qui intendiamo considerare. Col tramonto dell’«antico regime», in parte è anche venuto meno, o si è fatto incerto, un superiore principio positivo di riferimento. Già sul piano politico è più facile dire ciò che la Destra non vuole e combatte, che ciò che essa vuole e vuol difendere, a tale riguardo potendosi perfino verificare divergenze di contenuto di non poco momento.
Anche quando, per estensione, si parla di un orientamento culturale e di una visione di Destra della vita, la definizione in termini soltanto negativi è la più agevole, ma essa è evidentemente incompleta. È necessaria l’introduzione di princìpi positivi, per dar forza ad una vera antitesi: princìpi, i quali in ultima istanza non possono che avere un carattere «tradizionale». Solo che è d’uopo precisare come occorra, allora, rifarsi ad un concetto della tradizione, particolare ed eminente, in relazione al quale non è per un mero risalto retorico che è divenuto abbastanza d’uso, col delinearsi di una corrispondente corrente di pensiero, scrivere la parola Tradizione con la maiuscola.

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Juan Donoso Cortes

Infatti, un tradizionalismo generico a carattere empirico o soltanto storico non basta. Ma spesso non è di altro che si tratta, nelle Destre politiche. Abbiamo accennato esser naturale che queste siano «conservatrici», e come tali sono anche «tradizionali», rifacentisi, cioè, ad un sistema dato di princìpi e di istituzioni che si vuole mantenere o tutelare. A questo livello si resta evidentemente nel campo della fattualità ed anche della relatività, il riferimento essendo caso per caso a quel che si è avuto semplicemente in retaggio ed a cui solamente in quanto tale si attribuisce un valore, la qualità di cosa da conservare e da preservare.

Però è possibile una concezione più ampia ed elevata, prendendo come riferimento valori costanti di natura universale. Sono tali valori a poter fornire un contenuto positivo ad una vera Destra. In tale accezione il concetto di Tradizione si applica ad un sistema in cui «tutte le attività sono ordinate, in via di principio, dall’alto e verso l’alto».

Di conseguenza, per una Destra «tradizionale» il presupposto naturale e fondamentale appare essere l’ammissione della realtà di un ordine superiore avente anche un carattere deontologico, ossia normativo. Anticamente, si poté parlare di un sovramondo opposto al mondo del divenire e della contingenza. In seguito, la base poté essere la religione. In questo caso si presenta, però, l’eventualità di condizionamenti limitatori, quando esista una religione positiva istituzionalizzata, una Chiesa, col pericolo pratico che essa allora si monopolizzi l’autorità spirituale (è l’orientamento che storicamente provocò la «contestazione» ghibellina). Così è preferibile tenersi ad un piano più neutro, far vedere solo subordinatamente riferimenti di un carattere strettamente religioso e usare piuttosto il concetto di una «trascendenza». Una trascendenza, rispetto a tutto ciò che è semplicemente umano, fisico, naturalistico e materialistico, ma non per questo equivalente a qualcosa di distaccato e di astratto, tanto che, quasi paradossalmente, si potrebbe parlar di una «trascendenza immanente», perché ci si deve riferire anche ad una forza reale formatrice, energizzante e organizzatrice appunto «dall’alto» e verso l’alto. In ciò si potrebbe indicare il punto di riferimento ultimo dell’orientamento tradizionale, di là da ogni sua espressione e concretizzazione particolare.

Conseguentemente, lo sfondo per una Destra avente anche un contenuto «tradizionale», e per ogni corrispondente visione del mondo e della vita, dovrebbe avere un analogo carattere: dovrebbe essere uno sfondo spirituale. Comunque, solo tenendosi a questo piano si può dare un fondamento ed una legittimazione superiori ad ogni particolare posizione di una Destra tradizionale. Questa non potrà essere che gerarchica e aristocratica, non potrà non porre ben differenziate gerarchie di valori e non affermare il principio dell’autorità, non potrà non opporsi al mondo della quantità, della massa, della democrazia, dell’economia sovrana, non potrà non dare risalto a ciò per cui merita veramente impegnarsi e subordinare assolutamente il proprio interesse particolare per avere una virtù anagogica, ossia indirizzante verso l’alto (il «verso l’alto» come controparte del «dall’alto»): appunto in base ad un ancoramento nell’«altro», in quella realtà sovraordinata. È stato giustamente osservato che la personalità in senso eminente non esiste quando essa non sia aperta al sovrapersonale, e proprio questo corrisponde allo spirito e al clima della Tradizione.

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Klemens von Metternich

Certo, per la formazione di una Destra che abbia tali valenze, che dunque non si esaurisca in mere posizioni politico-sociali, perché queste dovrebbero definirsi e valere solo in via consequenziale, sarebbe richiesto un grande lavoro di demolizione e occorrerebbero vocazioni e qualificazioni oggi non facili da trovare. È anche necessario del coraggio, in alcuni casi non soltanto intellettuale. A tale stregua potrà verificarsi perfino una convergenza paradossale, la convergenza di tradizionalità e rivoluzione. Del resto, «rivoluzione conservatrice» non è un termine nuovo; questa è stata anche la designazione di una interessante corrente politico-culturale della Germania pre-nazista, la conservazione qui non essendo stata riferita a nulla di fattuale bensì a idee di base aventi una perenne attualità (Möller van den Bruck). Rispetto a ciò che oggi esiste come civilizzazione e società moderne, si può effettivamente dire che nulla abbia un carattere rivoluzionario quanto la Tradizione, a tale riguardo trattandosi, propriamente e hegelianamente, di una «negazione della negazione», la seconda essendo quella che, grazie al «progresso», dissacrando tutto, sovvertendo ogni ordine normale, ci ha condotti dove oggi ci troviamo. Questa negazione è da negare. Cosi per la Destra tradizionale potrebbe anche valere una ulteriore parola d’ordine: «rivoluzione dall’alto» – è l’opposto di tutte le velleità contestatarie anarcoidi di oggi le quali si risolvono in un’agitazione vana o insana perché manca una controparte positiva, che i loro esponenti sono incapaci perfino di concepire, quand’anche non si trovino, apertamente o inconsciamente, nell’orbita delle ideologie di sinistra o dalla sinistra non vengano strumentalizzati.

Portando lo sguardo su ciò che riceve o che ha ricevuto la designazione di Destra, in base a quanto si è detto appaiono necessarie alcune messe a punto. Si è potuto parlare di una Destra nei termini di uno schieramento economico più o meno associato al capitalismo, il che ha servito da comodo bersaglio al marxismo e ad altre forze della sovversione. È evidente, a questo riguardo, una deprecabile caduta di livello, anche se si deve riconoscere che in questo stesso dominio materiale esistono delle strutture da conservare e da difendere. Più in generale, vi è una Destra definita prevalentemente dall’orientamento conservatore di una classe media borghese, del che è stato particolarmente il caso in Italia. Invece, in altre nazioni, i punti di riferimento riconducono, in parte, al più alto livello dianzi accennato. La Destra tradizionale francese è stata essenzialmente cattolica e monarchica, sebbene vi siano state delle riserve nei riguardi di certo cattolicesimo, sul genere di quello di uno Charles Maurras, quando ci si è riferiti a tale religione per quel che riguarda lo sfondo non soltanto politico della Destra.

Una specie di mistica della monarchia è implicita nella Destra dei Paesi anglosassoni, nel qual caso risultando inoltre la non necessità di riferirsi al solo cattolicesimo, il protestantesimo ha potuto parimenti valere come punto di riferimento. Il protestante Bismarck fu un esponente precipuo della vera Destra non meno del cattolico Metternich e dei cattolici De Maistre e Donoso Cortes. Sulla linea del prussianesimo devesi però rilevare una certa involuzione secolare, nel senso che il riferimento a qualcosa di trascendente è velato; qui, in primo piano, si trova una specie di etica autonoma, una tradizionale, congenita formazione caratteriale avente in apparenza una forza propria, ma che in fondo – nel risalto dato a ciò che è superpersonale – non saprebbe davvero giustificarsi se non fosse, per così dire, un derivato di un precedente orientamento non privo di uno sfondo spirituale (si può ricordare che il prussianesimo con la sua etica è nato come una secolarizzazione dell’ordine dei Cavalieri Teutonici).

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Cavalieri dell’Ordine Teutonico

Di Destra, talvolta, si parla anche riferendosi a sistemi politici di tipo «fascista». Però a tale riguardo si debbono formulare delle riserve. Giustamente in un gruppo di saggi dedicati alle Destre europee (The European Right, a cura di H. Rogger e E. Weber, University of California Press, 1966) è stato rilevato che questi sistemi non possono venir chiamati di Destra nel senso antico e tradizionale del termine, che essi sono piuttosto caratterizzati da una mescolanza della Destra con la Sinistra perché, se da un lato hanno difeso il principio dell’autorità, dall’altro si sono basati su partiti di massa ed hanno incorporato istanze «sociali» e rivoluzionarie proprie alla Sinistra, istanze contro le quali gli uomini di una vera Destra avrebbero preso certamente posizione. Più in generale, è una distorsione attribuire il carattere di una Destra a una dittatura, una dittatura come tale non avendo una tradizione, essendo una costellazione informe della potenza in una data individualità (qui si ha in vista la dittatura come tipo di costituzione, non già come qualcosa di transitorio imposto da situazioni di crisi o di emergenza). Il Principe di Machiavelli non incarna nulla che si possa dire di Destra, in lui avendosi anzi una inversione dei rapporti perché se il capo machiavellico può anche rifarsi a valori spirituali o religiosi, egli lo fa unicamente assumendoli come semplici mezzi utili al suo governo, senza nessun intrinseco riconoscimento. Così il discorso potrebbe estendersi a quei princìpi, eventualmente d’ordine superiore, che nel quadro dei totalitarismi dittatoriali possono tuttavia venire usati sotto le specie di semplici «miti», ossia avendo esclusivamente in vista formulazioni che li rendano atti a suscitare o canalizzare le forze irrazionali delle masse. Che Destra e demagogia siano inconciliabili, ciò non occorre sottolinearlo.

Tutte queste osservazioni confermano l’importanza della connessione, in precedenza indicata, fra la vera Destra e la Tradizione.
Dopo quanto si è detto, se si dovesse concepire una «cultura di Destra», essa dovrebbe riconoscere come uno dei suoi compiti precipui il mettere in evidenza i valori della Tradizione, prendendo distanza, nel contempo, da ogni orientamento soltanto «tradizionalistico», cioè, in fondo, conformistico. Il campo della cultura di Destra sarebbe assai ampio. La storiografia e la morfologia delle civiltà dovrebbero avervi una parte importante, perché, respinta ogni storiografia a tendenza liberale, marxista e progressista, si tratterebbe di evidenziare sistematicamente tutto ciò che in precedenti periodi ha incarnato princìpi tradizionali e, a dir vero, cosi che ne risulti in prima linea il carattere paradigmatico. In questo senso contributi validi sono stati già fomiti soprattutto dalla corrente facente capo a René Guénon, vero maestro dei tempi moderni. Nei limiti delle nostre possibilità, noi stessi ci siamo dedicati a un non diverso compito, in quanto nella prima parte della nostra opera Rivolta contro il mondo moderno, 1934; 3a ed. 1969) abbiamo abbozzato, in base ad una ricerca comparativa, una specie di «dottrina delle categorie» del «Mondo della Tradizione».

Rivolta contro il mondo moderno

“Il campo della cultura di Destra sarebbe assai ampio. La storiografia e la morfologia delle civiltà dovrebbero avervi una parte importante”

 

Una volta fissati saldi punti di riferimento assiologici, il compito di una cultura di Destra sarebbe anche lo studiarne possibili applicazioni con riferimento allo stato attuale delle cose. Il pericolo di un conservatorismo sclerotico dovrebbe essere superato con l’adottare il principio dell’omologia. Omologia non significa identità ma corrispondenza, non riproduzione puntuale ma trasposizione e riaffermazione di stessi princìpi formali da un livello ad un altro, da un complesso situazionale ad un altro – a voler usare una imagine, come in una corrente, obbedendo ad una stessa legge, un vortice sparito ad un dato punto di essa toma a formarsi in un altro punto: uguale e nel contempo diverso, appunto perché è in qualcosa che fluisce – come il tempo, come la storia – che questi vortici prendono forma.
Questa indicazione metodologica generale può venire concretizzata nella considerazione dei diversi campi dei problemi che una cultura di Destra dovrebbe affrontare, in modo da costituire un insieme di schemi validi anche per la prassi. L’importante, qui, è mantenere la linea, non cedere alla tentazione di posizioni accomodanti. come tali atte ad assicurare un più ampio, ma meno selezionato, suolo di risonanza – ricordando che non si lavora solo per l’oggi ma anche e soprattutto per il domani, qui potendocisi riferire allo stesso detto di Hegel: «L’Idea non ha fretta».

Queste considerazioni non sono superflue perché una certa voga che, come rilevammo al principio, oggi sembra avere l’idea della Destra, ha spesso portato ad etichettare come di Destra atteggiamenti assai diversi e perfino spuri, in ogni caso attestanti assai poco una linea rigorosa e coerente di pensiero; linea, che è necessaria quando non si tratta di improvvisazioni e nemmeno ci si limita a posizioni politiche ma si vuol definire anche un orientamento esistenziale e culturale generale.

Note

[1] Con questa espressione (letteralmente: “La lealissima opposizione di Sua Maestà”) si indicava l’opposizione nel primissimo sistema parlamentare britannico, inquadrata organicamente in funzione del perseguimento dell’interesse generale. Evola ne parlò anche ne Gli uomini e le rovine, capitolo IV (Stato organico e totalitarismo), esprimendosi in questi termini: “Gli Stati che presero forma nello spazio delle grandi civiltà tradizionali – avessero pur essi carattere di imperi, di monarchie, di repubbliche aristocratiche o di città-Stato – nel loro periodo migliore furono tutti più o meno di questo tipo. Una idea centrale, un simbolo di sovranità con un corrispondente, positivo principio di autorità ne costituì la base e la forza animatrice, e quasi per spontaneità gravitazione uomini e corpi sociali si trovarono in sinergia, pur conservando una loro autonomia essi svolsero attività convergenti in un’unica direzione fondamentale; gli stessi contrasti, le stesse antitesi avevano una loro parte nell’economia del tutto, perché esse non presentavano il carattere di affezioni disorganizzatici, esse non mettevano in questione la sovraordinata unità dell’organismo come tale, ma agivano piuttosto come un fattore dinamico e ravvivatore. Perfino “l’opposizione” del sistema parlamentare inglese del primo periodo rifletté un significato del genere (la si poté chiamare: His Majesty’s most loyal opposition), scomparso del tutto nel successivo regime parlamentare partitocratrico” (N.d.R.)



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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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