La massoneria e la preparazione intellettuale delle rivoluzioni (I parte)

Oggi, 14 luglio, in Francia è Festa Nazionale: si ricorda e si celebra, con la storica Presa della Bastiglia del 1789, la Rivoluzione Francese, uno di eventi più nefasti della storia dell’umanità, ma che ovviamente viene considerata dall’opinione pubblica mondiale in senso diametralmente opposto. In quest’articolo apparso su “La Vita Italiana” nel 1940, poche settimane dopo l’entrata in guerra dell’Italia, Evola recensiva un importante libro dello storico Bernard Faÿ, la massoneria e la rivoluzione intellettuale del settecento, pubblicato per la prima volta in Francia nel 1935 e tradotto per l’editore Einaudi in Italia, appunto, nella primavera-estate del 1940.

Prendendo spunto dall’opera e commentandola, Evola ci spiega come e perché si giunse alla Rivoluzione Francese, e come più in generale dietro tutte le grandi rivoluzioni sovversive di massa della storia, che hanno scandito e continuano a scandire la parabola discendente dell’umanità, operino determinate forze negative, tra cui la cd. Massoneria “speculativa”, degenerazione dell’antica Massoneria “operativa”, organismo tradizionale iniziatico.

“Sempre di nuovo si trovano centinaia di migliaia di uomini tanto ingenui da credere, nei riguardi delle rivoluzioni, che esse siano dei moti spontanei e possano realizzarsi da sole. (…) Dei bacilli, delle tossine, in persona di uomini, che l’occhio delle generazioni non discerne e l’occhio degli storici ignora o, più di frequente, finge d’ignorare (…) provocano le febbri, le decomposizioni e le convulsioni rappresentate dal fenomeno rivoluzionario», scrivevano Malynski e de Poncins ne “La Guerra occulta”, citati nell’incipit dell’articolo da Evola, che aggiunge:Nella Rivoluzione francese, come del resto in tutte le altre Rivoluzioni, il «popolo», la massa, non ha avuto che una parte passiva”. Se pensiamo, tanto per rimanere ai nostri tempi, a certe rivoluzioni “colorate” e dalle tinte “arcobaleno”, che hanno portato al rovesciamento o al tentativo di rovesciamento di determinati governi, finanziate e sostenute da organizzazioni “umanitarie” e da “filantropi” dai tratti luciferini, e che vengono spacciate per rivolte dei “popoli” che si ribellano ai “tiranni” di turno in nome della libertà, della democrazia, dei diritti, e così via, ci rendiamo conto che il filo conduttore che lega nei secoli tutta questa tipologia di eventi è sempre lo stesso …

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di Julius Evola

tratto da “La Vita italiana”, XXVIII, 328, luglio 1940, pp. 39-47 (poi inserito nell’antologia “Scritti sulla Massoneria”, edito da Settimo Sigillo, e su “Scritti sulla Massoneria volgare speculativa” Edizioni Arya)

«Sempre di nuovo si trovano centinaia di migliaia di uomini tanto ingenui da credere, nei riguardi delle rivoluzioni, che esse siano dei moti spontanei e possano realizzarsi da sole. Ciò è tanto più assurdo in un’epoca che pretende di essere scientifica e nella quale si dovrebbe sapere, che perfino quei processi, che prima si credevano automatici e regolati da anodine leggi di natura – come per esempio la decomposizione di un cadavere, la malattia, la vecchiaia, la cosiddetta morte naturale – sono determinati da agenti concreti e viventi, chiamati tossine, bacilli, i quali lavorano in tal senso. Lo stesso accade nella società, che è l’umanità nello spazio, e nella storia, che è l’umanità nel tempo. Dei bacilli, delle tossine, in persona di uomini, che l’occhio delle generazioni non discerne e l’occhio degli storici ignora o, più di frequente, finge d’ignorare – ma l’esistenza dei quali non è un mistero per il batteriologo della società e della storia – provocano le febbri, le decomposizioni e le convulsioni rappresentate dal fenomeno rivoluzionario».

Queste parole che si leggono nell’opera recentemente tradotta di Malynski e de Poncins La guerra occulta (1) dovrebbero valere come un fondamentale principio metodologico per chiunque, oggi, coltivi le discipline storiche e voglia cogliere il vero senso degli avvenimenti svoltisi negli ultimi secoli. In verità, la storia delle rivoluzioni è, in gran parte, ancora da scrivere, a partire da quella della Rivoluzione francese – della «Grande Rivoluzione» – nei riguardi della quale ancor oggi si resta sotto l’influsso di suggestioni diffuse, in buona parte, proprio dagli ambienti, che l’hanno preparata. A chi voglia rendersi conto dei retroscena di questo avvenimento fondamentale di crisi del mondo occidentale, è da segnalarsi un’opera veramente pregevole e particolarmente documentata ora uscita presso l’editore Einaudi: La Massoneria e la rivoluzione intellettuale del secolo XVIII di Bernard Faÿ (2).

La sua lettura non solo dà una visione, per i più insospettata, dei veri antecedenti di quel movimento, ma ci illustra anche i procedimenti della setta massonica. Quanto ai più iniziati in fatto di scienza della sovversione, essi, nel libro del Faÿ, troveranno molta materia per andar ancor più oltre e veder cose che all’autore, per mancanza di adeguati principi e per una sua certa predilezione per il lato aneddotico e appariscente di vari avvenimenti o personaggi, sono sfuggite. Per intendere l’opera che la massoneria ha avuto nella Rivoluzione francese, bisogna estendere l’imagine dei «microbi» sociali, nel senso di precisare che, per produrre la disgregazione di un organismo, o per accelerarla, tre fattori sono necessari: occorre una condizione generale favorevole – per così dire una predisposizione in certe parti dell’organismo; occorre poi che le forze, che potrebbero reagire, siano intaccate; infine occorre l’azione attiva dei microbi, per dare agli elementi in via di dissolversi la direzione desiderata.

Tutte e tre queste condizioni si sono sistematicamente realizzate nella Rivoluzione francese, sotto la direzione generale della massoneria e dei suoi emissari. É ormai tempo di rendersi conto, che la Rivoluzione francese come rivolta di popolo, come una specie di «nobile rivendicazione di umani diritti» malgrado gli «inevitabili eccessi», e così via, sono fandonie, che si possono solo andare a raccontare a dei giovani senza esperienza e senza sospetti – cosa che purtroppo non di rado ancora accade nelle nostre scuole. Nella Rivoluzione francese, come del resto in tutte le altre Rivoluzioni, il «popolo», la massa, non ha avuto che una parte passiva – i veri agenti sono stati una minoranza servitasi dello strumento intellettuale e ideologico e chi ne ha accolto e diffuso l’azione sovversiva preparatrice, lungi dall’essere il «popolo», è stato proprio l’opposto, cioè l’artistocrazia, la nobiltà.

Bernard Faÿ (1893 – 1978) fu uno storico francese, studioso dei rapporti occulti fra massoneria e potere. Collaborò al governo di Vichy, durante il quale fu nominato direttore della Biblioteca Nazionale di Parigi

Fra i vari fattori, quello di «predisposizione» corrisponde alla situazione in cui si è trovata in Francia la nobiltà, per via dell’azione metodicamente antiaristocratica, antifeudale e assolutistica svolta dai sovrani di quella nazione, a partire da Filippo il Bello e fino al cosiddetto Re Sole. La ricerca del Faÿ conferma quel che in più occasioni in questa stessa sede avemmo a sostenere, vale a dire che proprio il centralismo assolutistico ha preparato virtualmente la Rivoluzione appunto nell’indebolire la nobiltà feudale la quale, in ogni regime normale, costituisce la riserva e l’ossatura, la garanzia per il continuarsi di un ordine gerarchico anche là dove l’estremo apice di esso, costituito dalla regalità, entra in crisi. Per via dell’azione ora indicata, la nobiltà francese non conobbe che disgusti e umiliazioni; privata del suo potere, lasciò le terre avite, si trasformò in nobiltà cortigiana, cercò compensazioni di vanità e surrogati per il prestigio e l’influsso perduti. Essa costituì la cosiddetta «società», le monde, quasi come una forza a sé in margine alla Corte, con caratteri fra il mondano e l’intellettuale e con caratteri – già nel Settecento – sempre piu internazioniali e snobistici. È una casta nuova interiormente informe, priva però dei caratteri virili e razziali delle antiche caste; essa è in fondo aperta, perchè tributa a valori, come la ricchezza e la «brillante» intelligenza, un riconoscimento ignoto all’antica autentica nobiltà, cosa che la rese accessibile ad ogni infiltrazione e promiscuità. Essa è tradizionalista, conservatrice e nazionale solo formalmente e sporadicamente – la sua vera tendenzialità è invece liberista, per via di reazione, e tale si dimostra sempre di più dopo che, con la morte di Luigi XIV, era scomparso l’ultimo dei padroni che le avevano fatto sentire duramente il loro pugno.

Proprio questo ambiente «brillante» e vano di una nobiltà spostata e decaduta fu prescelto per la preparazione della sovversione – molto prima che il «popolo» pensasse a «diritti» e «rivendicazioni umane» di una qualunque specie. E’ dalla nobiltà opportunamente agita dall’elemento massonico, che il popolo doveva ricevere tali fisime con l’incarico di trasformarle da astratte speculazioni di «spiriti illuminati e nobili» in forze propriamente rivoluzionarie. A sua volta, ciò si rese possibile per mezzo di una oculata utilizzazione dei precedenti psicologici e sociali già detti, creati dall’assolutismo.

Ordini, gradi e connessioni della Libera Massoneria “speculativa” (cliccare per ingrandire)

È merito del Faÿ aver ben messo in rilievo la parte che, nel riguardo, ha avuta l’inglesizzazione del «gran mondo» francese del primo Settecento. La nobiltà inglese, fortemente protestantizzata, si presentava come quella che, invece di esser tenuta in scacco dalla monarchia, aveva tenuta essa la monarchia in scacco, epperò come un esempio invidiabile e un modello pieno di fascino, ricettacolo di ogni virtù liberale. É il gran mondo inglese che dette il tono a quello francese partendo dal tramonto del Re Sole. Qui, possiamo notare noi, sta la prima deviazione. Invece di trovar la via per riconquistare il suo prestigio col tornare ad essere una vera nobiltà feudale e tradizionale munita di potere, ora che la pressione centralistica era diminuita, la nobiltà francese prende la via della china, assume un modello pervertitore e, in fondo, mitico, perché lo stesso Faÿ dimostra che lo splendore della aristocrazia inglese era puramente esteriore e che la brillante facciata già a quel tempo nascondeva ogni corruzione.

Ma una volta che la nobiltà francese si era così orientata, il terreno era pronto, bastava gittarvi il seme corrispondente al frutto desiderato. E qui interviene l’azione precisa dei microbi, cioè della massoneria. Le considerazioni del Faÿ ci permettono di distinguere varie fasi. Vi è anzitutto la preparazione del fermento o virus, fase, questa, più oscura fra tutte, perché è quella stessa delle origini della massoneria come setta potenzialmente rivoluzionaria. In secondo luogo vi è la «rivoluzione intellettuale», la diffusione del fermento nel «modello» che fascinava l’aristocrazia europea, fase equivalente alla scalata della nobiltà inglese da parte della massoneria e alla massonizzazione di essa. In terzo luogo vi è lo sviluppo del contagio fino alla crisi, cioè la fase della diffusione delle idee massoniche partendo dall’lnghilterra, con particolare concentrazione sulla Francia, dove si forma, per così dire, il «precipitato» e la rivoluzione intellettuale sbocca in quella sociale.

Rileviamo però che una specie di prima prova, felicemente superata, di tutta l’operazione, destinata a facilitare quella successiva, si ebbe già con la rivoluzione americana. Anche su di ciò, la storia comunemente insegnata non dà il menomo ragguaglio. Di particolare interesse nel libro del Faÿ è la precisa documentazione del fatto, che anche la rivoluzione americana è stata essenzialmente preparata e poi – perfino attraverso un episodio preciso, che condusse al casus belli – provocata direttamente dalla massoneria; che massoni sono stati tutti i massimi artefici di essa, a partir da Franklin e da Washington; che in convegni massonici furono esattamente formulate le idee che fecero da base ai vari atti del moto rivoluzionario americano, compresa la famosa Dichiarazione d’lndipendenza – allo stesso modo che un congresso massonico internazionale tenutosi a Parigi nel 1917 doveva formulare tutte le idee e i princìpi cui poi s’inspirò la Società delle Nazioni.

18 ottobre 1781: George Washington sconfigge gli Inglesi nella decisiva battaglia di Yorktown, che sancirà la vittoria del fronte indipendentista americano (“Siege of Yorktown”, olio su tela di Louis-Charles-Auguste Couder, c. 1836)

Come riferisce il Faÿ, nella grande sfilata dopo il trionfo della rivoluzione, Washington, invece che con la spada al fianco, apparve col grembiule sul ventre e la sciarpa massonica a tracolla, ornato di tutti i monili e le insegne della setta, alla testa di un gruppo di altri massoni eminenti: «fu la più grande parata massonica che mai si fosse vista». E già da questo momento il massone Franklin, nuovo Prometeo, secondo la sa divisa, in atto di domare la folgore e i tiranni, seppe sedurre la nobiltà francese fino a provocare l’intervento militare della Francia a favore dell’America ribelle. La quale doveva ricompensarla con l’importazione di una nuova dose di idee rivoluzionarie e «nobilmente» liberali, in parte per mezzo dello stesso Franklin.

Ma torniamo ora alla fase di preparazione del fermento. Abbiamo detto che è una fase piena di mistero, perchè è un mistero il processo, attraverso il quale la massoneria «operativa» si trasformo in massoneria «speculativa» – trasformazione che costituisce la chiave e il punto di partenza di tutto il processo sovversivo, intellettuale prima, sociale e politico poi, a partir dal Settecento. E’, infatti, un pregiudizio, che noi non tralasciamo occasione di combattere, quello, che la massoneria sia stata sempre una setta politica sovversiva. Le origini della massoneria sono oscure e remote – certo è però che questo carattere di setta rivoluzionaria essa non lo assunse, che a partir dal momento della trasformazione ora indicata, vale a dire verso il primo quarto del Settecento e in connessione all’azione «riformatrice» svolta dal massone Gian Teofilo Desaguliers.

Prima di questo periodo esisteva già una massoneria in Inghilterra, quella che appunto si diceva «operativa». Ciò che il Faÿ dice su di essa, è alquanto superficiale e limitato all’esteriore – è visibile che, nel riguardo, egli non abbia alcuna vera competenza. La massoneria operativa, secondo lui, era una sopravvivenza delle antiche associazioni corporative dei costruttori (donde il nome dell’organizzazione – anche da noi chiamandosi, i massoni, franchi muratori), la quale continuava a conservare certi riti segreti e certi simboli dell’arte, già legati all’esercizio della professione.

La Freemason’s Hall di Londra, il quartiere generale della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, Gran Loggia ‘Madre del Mondo’, fondata il 24 giugno 1717: per molti, la data di nascita della massoneria “speculativa” moderna

«Le logge erano operative: costruivano chiese, intridevano calce, tracciavano piante, scalpellavano pietre, e per far ciò avevano delle regole; queste regole nei loro rituali non apparivano soltanto come segreti professionali, erano enunciate, erano imposte agli iniziati e presentate ai profani come precetti morali. Dal medioevo avevano presa l ‘abitudine di mescolare le nozioni mistiche, le dottrine intellettuali e i segreti tecnici».

Così il Faÿ. Ma le cose stanno in modo alquanto diverso. La massoneria operativa era in realtà una organizzazione iniziatica, e la sua «operatività» si rivolgeva essenzialmente alla interiorità umana, la sua «arte regia» intendendosi a trasformare il senso abituale che di sé ha l’uomo e ad introdurlo in forme superiori, trascendenti di coscienza. Come quelle della stessa alchimia, le sue espressioni erano puramente simboliche. Per la sua stessa natura, questa massoneria pre-massonica era apolitica e, se mai, gerarchica e propendente per il principio di autorità, essendo evidentemente un assurdo che proprio chi intendeva creare una specie di superuomo o di uomo trascendente andasse pol a predicare l’eguaglianza universale e il rovesciamento di ogni ordine. Così lo stesso Faÿ, riproducendo le costituzioni di tali organizzazioni, vi constata, a differenza di quel che si doveva dire nelle successive, il preciso comandamento di fedeltà ai sovrani e alla terra, ed anzi di coadiuvare a reprimere ogni sovversione o tradimento. E in nessun modo si parlava, allora di avversione alla Chiesa e al dogma; se organizzazioni del genere avevano una tendenzialità ghibellina, essa era priva di quel carattere settario e sociale, che successivamente doveva esser così visibile e condurre fino ad un anticlericalismo semi-ateo.

Ora, sul primo quarto del XVIII secolo una tale massoneria fu scavalcata da un’altra che divenne il focolare dell’azione rivoluzionaria e sovvertitrice. Ripetiamo il trapasso costituisce un enigma. Devesi pensare, probabilmente, ad una involuzione della precedente organizzazione, la quale, abbandonata dal suo originario principio spirituale, divenne l’istrumento di forze oscure che vi si infiltrarono e la utilizzarono per una azione nuova, trasformandola adeguatamente. Questa ipotesi è tanto più attendibile, non solo per il fatto della sopravvivenza nella massoneria rivoluzionaria di simboli e «dìgnità» propri a quella operativa, ma anche per il fatto, già dimostrato in un precedente nostro scritto (3) che tutte le principali idee diffuse dalla massoneria per la sua azione sovversiva si possono considerare derivate, per contraffazione, profanazione e capovolgimento, da principi di tutt’altra natura propri ad ogni organizzazione tradizionale dello stesso tipo cui apparteneva anche la prima massoneria operativa.

segue nella seconda parte

Note

(1) E. MALYNSKI e L. de PONCINS, la guerra occulta traduzione ed introduzione di Julius Evola, ed. Hoepli, Milano, 1939, p.77. Cfr. «“la guerra occulta”», la Vita Italiana, Dicembre 1936.

(2) [vedi ora Bernard Faÿ, la massoneria e la rivoluzione intellettuale del settecento, Edizioni di Ar, Padova 1999. (N.d.C.)].

(3)  «Trasformazioni del “Regnum”», La Vita Italiana, Novembre 1937.



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