Di Julius Evola
(tratto da “La Destra” Marzo 1972)
René Guénon (1886-1951), viene considerato come uno dei principali esponenti del tradizionalismo, nel doppio aspetto di una critica sistematica al mondo moderno (come nei suoi libri La crise du monde moderne e Le règne de la quantité et le signes des temps) da un lato, dall’altro di una presentazione e interpretazione di dottrine sapienziali e metafisiche, sia orientali che occidentali. Con Guénon ho avuto cordiali relazioni personali e una corrispondenza che si è continuata fin quasi alla vigilia della sua morte. I seguenti sono alcuni stralci da sue lettere riguardanti argomenti tali da offrire un certo interesse generale, ossia non troppo circoscritti a quel campo esoterico e iniziatico nel quale prevalentemente si svolgeva il nostro scambio di idee. Trattandosi di risposte, è stato necessario dare volta per volta l’indicazione dei temi a cui esse si riferiscono.
Circa la costituzione di un “Ordine” (lettera del 25 luglio 1950): “Per quel che riguarda la costituzione di un Ordine ed il vostro progetto, non so veramente che cosa dire, perché se non è possibile stabilire un collegamento tradizionale autentico e regolare, non si tratterà che di un’associazione come tante altre, e perfino un lato ‘esoterico’ che vi fosse considerato, in tal caso potrebbe dar luogo solamente ad un semplice ‘gruppo di studi’ senza che corrisponda una qualche realtà effettiva. Non credo che, quali pur siano le intenzioni, associazioni più o meno esteriori possano dare dei risultati davvero seri e, a mio parere, si avrebbe piuttosto una perdita di tempo e di sforzi. In casi siffatti, all’accontentarsi di una specie di ‘simulacri’ credo che sia preferibile il non far nulla. Naturalmente, altrimenti starebbero le cose se vi fosse un legame con una vera ‘catena iniziatica’, ma io non ne vedo, più di voi, la possibilità”.
La teoria dei cicli di civiltà fa parte degli insegnamenti tradizionali (cfr. per es. la dottrina indù degli Yuga) ma si è riaffacciata, oltre che in un Vico, in autori moderni quali lo Spengler, di cui è nota la sintesi del “tramonto dell’Occidente” quale fine di un ciclo. Guenon scrive (lettera del 24 giugno 1948):
“Su quel che mi dite sulla fine di un ciclo, si tratta di certo di cosa difficile da esporre con tutta la chiarezza desiderabile. Ma quel che bisogna ben capire è che si tratta, in un certo modo, di un ‘rovesciamento’ improvviso, nei riguardi di un nuovo inizio, e non di una riascesa graduale; ciò, per il fatto stesso che il punto più basso (del ciclo) va a raggiungere il punto più alto. D’altronde, non possono esistere cicli davvero chiusi, perché la Possibilità universale essendo infinita, essa non può comportare nessuna ripetizione. La concezione dei cicli chiusi in fondo sarebbe, sul piano macrocosmico, l’equivalente di ciò che la teoria della reincarnazione è sul piano microcosmico, e l’una e l’altra cadono sotto le stesse obiezioni. Quanto ad una rappresentazione in termini di spire non chiuse in modo che l’inizio e la fine siano solo in corrispondenza, senza confondersi, non credo che la si possa assimilare ad una dottrina evoluzionistica perché solo simbolicamente i cicli sono presentati come successivi, e ciò evidentemente basta a che non sia questione di una evoluzione. A tale riguardo può far nascere delle difficoltà solo la tendenza, fin troppo diffusa, ad estendere il punto di vista temporale a domini ai quali esso non può in alcun modo venire applicato”.
Con Guénon si era parlato della possibilità di una congiuntura di cui ciò che ebbe a colpirmi fisicamente verso la fine della guerra potrebbe essere stata la conseguenza:
(Lettera del 28 febbraio 1948): “Di certo, non è nemmeno impossibile che ‘qualche cosa’ abbia approfittato dell’occasione per agire contro di voi; ma quel che si vede poco chiaro è da quale parte ciò sia avvenuto e perché. A tale riguardo in quanto mi dite vi sono cose che mi fanno ricordare quel che è accaduto a me stesso nel 1939, quando per sei mesi rimasi steso al letto senza potermi girare ne fare un qualche movimento. Per tutti, si sarebbe trattato di una crisi reumatica, ma in realtà si trattava di tutt’altro e noi sapevamo benissimo chi inconsciamente faceva da veicolo ad una influenza malefica (era la seconda volta che ciò accadeva, ma la prima volta la cosa era stata meno grave). Furono prese misure per allontanarlo e affinché egli non potesse più tornare in Egitto [dove il G. viveva] e da allora non si è più verificato nulla di simile. Vi dico ciò, a che, riflettendovi, vediate se non potrebbe esservi stato qualcosa di simile intorno a voi; ma, naturalmente, a distanza di tempo non è possibile rendersene esattamente conto”.
Qualcosa di analogo il Guénon l’aveva supposto nei riguardi dello stato in cui era venuto a trovarsi uno scrittore tradizionalista, il visconte Lèon de Poncins (autore, fra l’altro, del libro La guerre occulte). Ciò portava a considerare il problema dei malefizi in generale, ed io avevo chiesto se la statura spirituale di una data personalità (ed io mi riferivo anche allo stesso Guénon e al caso da lui accennato) non mette al riparo da simili azioni oscure. Guénon scrisse:
“Per quel che riguarda i malefizi (envoutements), vi è una grande differenza fra i veri stregoni, come quelli con cui si è avuto a che fare, e i semplici ‘occultisti’; costoro, malgrado quel che pretendono, non giungono mai a risultati reali. Quando mi dite che queste azioni non dovrebbero poter colpire coloro che hanno un’alta statura spirituale, occorre distinguere. Se vi riferite al dominio psichico e mentale, avete completamente ragione, ma le cose stanno altrimenti nel dominio corporeo, nel quale chiunque può venire raggiunto. Del resto, dato che, secondo la tradizione, degli stregoni riuscirono a far ammalare lo stesso Profeta, non vedo davvero chi potrebbe vantarsi di essere al riparo dai loro attacchi”.

René Guénon insieme a Martin Lings (il primo a sinistra) in Egitto
E ancora: “Poiché voi mi chiedete informazioni sulla mia età, io ho ora 62 anni: sapevo che voi dovevate essere più giovane di me, ma tuttavia non credevo che la differenza fosse così grande. Per quanto riguarda la fotografia, mi dispiace di non potervi accontentare, ma la verità è che non ne ho alcuna, e ciò per molte ragioni. Infatti, prima di tutto c’è quella che si potrebbe chiamare la questione di principio, che mi impegna, come voi dite, a trascurare tutto ciò che ha un carattere semplicemente individuale; ma, oltre a ciò, mi sono accorto che la cosa poteva essere pericolosa: una quindicina di anni fa, sono stato informato che un certo avvocato, ebreo di qui cercava in ogni dove di procurarsi una mia foto, dicendo che era disposto a pagarla qualsiasi prezzo: non ho mai saputo che cosa veramente volesse farne, ma, in ogni caso, è certo che le sue intenzioni non erano benevole; poiché non si sa mai troppo dove una fotografia possa andare a smarrirsi, ho concluso che era molto più prudente non farne fare!”.
Al problema delle organizzazioni iniziatiche è dedicata in parte una lettera del 13 giugno 1949:
“Ciò che ho detto l’ultima volta riguardo al mio ricongiungimento ad organizzazioni iniziatiche (sebbene io non ami affatto parlare di queste cose che in somma non possono interessare nessuno tranne me) rispondeva a questa frase della vostra precedente lettera: ‘…il più spesso fuor di questa setta si è trovato chi è stato capace di maggior comprensione in fatto di cose iniziatiche, cosa che forse si è verificata nei Suoi stessi riguardi’. Ciò mi aveva fatto temere che voi pensaste che, nel mio caso, potesse trattarsi di una di quelle pretese iniziazioni prive di collegamento regolare a chicchessia, le quali da parte mia non posso considerare che come puramente immaginarie. Incidentalmente, vi farò rimarcare che, negli Aperςus, ho consacrato un intero capitolo per spiegare le ragioni in base alle quali la parola ‘setta’ è assolutamente inammissibile in casi come quello a cui l’applicate nella frase in questione.
Voi dite che, negli Aperςus, non si parla di organizzazioni eretico-cristiane; ma io le ho, al contrario, menzionate espressamente nella stessa nota alla quale vi riferite, e, se non ne ho parlato più a lungo, è perché quelle di cui ho potuto conoscere la esistenza non ammettono che un numero di membri così ristretto che si può considerarle come praticamente ‘inaccessibili’. Vedo anche che voi non avete compreso esattamente in che senso parlavo di ‘questione complessa’; con ciò volevo soltanto dire che comprende in realtà molti altri elementi oltre a quelli che possono essere conosciuti con uno studio fatto ‘dall’esterno’; è dunque tutto il contrario di una riserva come voi avete pensato”.

Gustav Meyrink (1868–1932)
Sempre nella medesima lettera (13 giugno 1949), si parla di Meyrink, il celebre autore del Golem:
“Vi sono certamente casi in cui un’influenza della controiniziazione è nettamente visibile, e bisogna porre fra essi quelli in cui dati tradizionali sono presentati in forma intenzionalmente ‘parodica’; è, in particolare il caso di Meyrink, ciò che ben inteso, non vuol dire che egli abbia avuto chiara coscienza dell’influenza che così veniva esercitata su di lui. Mi stupisce, perciò, che voi sembrate avere una certa stima per Meyrink, e anche perché, in più, egli aveva aderito al movimento di Bố Yin Râ, per il quale non avete manifestato alcuna considerazione. A questo proposito, bisogna del resto che io faccia una rettifica: esiste certamente in Bố Yin Râ una parte di ciarlataneria e di mistificazione, ma vi è tuttavia anche qualcosa d’altro, giacché egli era stato legato a un’organizzazione molto singolare, la cui sede si trovava in qualche parte del Turkestan, e che rappresentava una specie di Tantrismo più o meno deviato. Io posso affermarlo con certezza (e sono forse il solo) perché, quando il futuro Bố Yin Râ non si chiamava ancora che Joseph Schneider e studiava a Parigi pittura, alcuni membri della sunnominata organizzazione me lo presentarono un giorno come il solo Europeo che ne faceva parte. Più tardi, ho visto anche il ritratto che Bố Yin Râ aveva fatto del suo ‘Maestro’, e che era perfettamente per me riconoscibile; in quell’occasione, del resto, ho potuto constatare che gli stessi suoi discepoli più vicini non conoscevano assolutamente nulla di tutto ciò, e mi sono ben guardato di far loro conoscere quello che io stesso conoscevo”.
Un punto di divergenza fra le vedute di Guénon e le mie riguardava la massoneria. Io riconoscevo che nelle origini la massoneria (come la cosiddetta massoneria operativa) ha potuto avere un carattere iniziatico, quindi spirituale. Ma, in seguito, con il suo politicizzarsi come la cosiddetta massoneria speculativa a partire dalla fondazione della Gran Loggia di Londra (1717), essa ha assunto un carattere assai diverso e storicamente ha svolto un’azione antitradizionale (come una delle societés de pensée essa ebbe già a preparare la Rivoluzione Francese). Quanto alla massoneria di Rito Scozzese essa presenta un sincretismo inorganico e disordinato di gradi e di ‘dignità’ d’ogni genere e nel complesso si riduce a vuote vestigia. Invece Guénon riconosceva alla massoneria il carattere di una organizzazione iniziatica regolare, per non dire quasi l’unica esistente ancora in Occidente. Pur ammettendone la degenerescenza, oggi, dato il suo punto di vista formalistico, riteneva che essa virtualmente mantenesse tale carattere. Inoltre, egli restringeva l’antitradizionalismo ad alcune forme della massoneria.
A tale riguardo, mi scriveva, in una lettera del 13 giugno 1949: “Quando parlo della massoneria senza specificare io mi riferisco sempre alla massoneria propriamente detta, comprendente esclusivamente i tre gradi di Apprendista, Compagno e Maestro, ai quali si possono soltanto aggiungere i gradi inglesi di Mark e Royal Arch, gradi del tutto sconosciuti nella massoneria ‘continentale’. Quanto alle molteplicità dei gradi a cui voi alludete, è evidente che le connessioni che si sono volute stabilire fra essi sono del tutto artificiali. Quale pur sia il modo in cui essi sono venuti, per così dire, ad agglomerarsi intorno alla massoneria, essi a nessun titolo ne fanno parte integrante. Un altro punto su cui vorrei attirare la vostra attenzione è che quando voi dite che le logge che non hanno aderito allo scisma ‘speculativo’ (che diede origine alla massoneria politicizzata e ideologica) non hanno fatto nulla per arrestarne o rettificarne le conseguenze, sembra che voi non teniate conto di cose che, tuttavia, hanno una certa importanza, come il ristabilimento del grado di Maestro, del tutto ignorato dalla massoneria del 1717, o l’azione della ’Grande Loggia degli Anziani’, la cui esistenza indipendente continuò fino al 1813. Ho l’impressione che voi teniate unicamente conto di ciò che la massoneria è divenuta a partire da un certo periodo in Francia e in Italia e che non abbiate una idea di tutto ciò che riguarda la massoneria anglosassone”.

La Freemason’s Hall di Londra, il quartiere generale della Gran Loggia Unita d’Inghilterra, Gran Loggia ‘Madre del Mondo’, fondata il 24 giugno 1717: per molti, la data di nascita della massoneria “speculativa”
E inoltre (lettera del 20 luglio 1949): “Sul problema della massoneria credo che sia molto difficile intenderci. In quel che mi dite a tale riguardo vi sono alcune cose che in un certo modo mi stupiscono. Anzitutto mi fate dire (senza alcuna restrizione, mentre io ho precisato trattarsi del solo Occidente) che le uniche organizzazioni iniziatiche esistenti sono il Compagnonaggio e la massoneria. Voi sembrate non tener conto di organizzazioni iniziatiche orientali che esistono, alcune delle quali hanno membri più o meno numerosi nella stessa Europa. Un altro punto: ho detto che nello stesso mondo occidentale sussistono (oltre alla massoneria) certe organizzazioni collegate con l’esoterismo cristiano e risalenti al Medioevo. Non vi ho insistito, perché esse sono talmente chiuse (una di quelle che conosco più particolarmente ha un numero di membri rigorosamente limitato a dodici), che la possibilità di esservi ammessi praticamente non è da considerarsi (…). La data del 1717 non segna l’origine della massoneria ma quella della sua degenerescenza, il che è assai diverso. Inoltre per poter parlare dell’utilizzazione di ‘residui psichici’ [di vestigia] in quel periodo, bisognerebbe supporre che la massoneria operativa allora avesse cessato di esistere, cosa che non è vera, perché essa esiste tuttora in diversi paesi, mentre in Inghilterra fra il 1717 ed il 1813 intervenne efficacemente per completare certe cose e raddrizzarne altre, nella misura almeno in cui ciò era ancora possibile in una massoneria ridotta a non esser più che speculativa… D’altronde quando vi è una filiazione regolare e legittima la degenerescenza non interrompe la trasmissione iniziatica; essa ne riduce soltanto l’efficacia, almeno in generale, perché malgrado tutto possono esservi delle eccezioni. Quanto all’azione antitradizionale della massoneria di cui parlate, occorrerebbe fare alcune differenze, ad esempio fra la massoneria anglosassone e quella latina; ma, in ogni modo, ciò dimostra solo l’incomprensione della maggioranza dei membri dell’una o dell’altra organizzazione massonica: pura questione di fatto, e non di principio. In fondo, quel che si potrebbe dire è che la massoneria è stata la vittima di infiltrazioni dello spirito moderno, come nell’ordine exoterico la stessa Chiesa cattolica lo è attualmente, e sempre di più. Beninteso, non voglio affatto cercare di convincervi di nulla, ma solo mostrarvi che il problema è assai più complesso di quanto sembrate credere”.
Una precisazione appare necessaria nei riguardi di colui che nella tradizione estremo-orientale viene chiamato l’Uomo Vero, il quale realizzerebbe tutte le possibilità dell’essere umano. A questo proposito Guénon scrisse (Lettera del 13 giugno 1949): “In fondo, il problema dottrinale di cui mi parlate è meno difficile di quanto può sembrare a tutta prima. Ogni Uomo Vero ha bensì realizzato tutte le possibilità dello stato umano, ma ognuno in un modo che gli è precipuo e in virtù del quale si differenzia dagli altri. Del resto, se così non fosse, nel nostro mondo come potrebbe esservi posto perfino per esseri non pervenuti a quel grado? Ad un diverso livello, ciò vale anche per l’Uomo Trascendente [altro ideale estremo-orientale] e per lo jȋvan-mȗkta [il ‘liberato già in vita’ indù]; ma allora si tratta della totalità delle possibilità di tutti gli stati. Solo che, per quanto ciò possa sembrare singolare, sta di fatto che gli esseri che hanno raggiunto uno stesso grado talvolta possano essere, in un certo senso, ‘indiscernibili’ all’esterno, perfino per quanto riguarda l’apparenza corporea; in effetti, ve ne sono che incarnano un ‘tipo’ non avente più nulla di individuale, il che avviene principalmente in coloro che esplicano certe funzioni speciali; il ‘tipo’ allora è quello della stessa funzione, il che può far credere perfino che sia sempre uno stesso essere ad esercitarla nel corso di un periodo di diversi secoli, mentre in realtà, si tratta di qualcosa di assai diverso”.
'La mia corrispondenza con René Guénon' 1 Commento
5 Dicembre 2018 @ 22:21 Pedro Mota
Interesting article, sure to be studied with discernment… Also, the only painting of a maste,r by Bô Yin Râ, known until today, is Jesus…