La presentazione di “Epica dei cieli e dei mari” a Roma – recensione

Sabato 27 Settembre, RAIDO presso i suoi locali ha presentato “L’epica dei cieli e dei mari”, una raccolta di scritti di Julius Evola che va ad inaugurare una nuova collana all’interno di Cinabro Edizioni. 

Si tratta, nello specifico, di articoli pubblicati originariamente tra il 1932 ed il 1938 su due riviste specialistiche di settore, apparentemente assai lontane, per tematica, dal mondo evoliano, vale a dire L’Ala d’Italia e L’Italia marinara (riviste che, com’è evidente dalle intitolazioni, si occupavano, rispettivamente, di aviazione e di navigazione).

Questo, vista l’ufficialità delle riviste, ci offre un ulteriore dato di come Evola non fosse un intellettuale estraneo al regime, ma invece ben conosciuto, apprezzato ed attivo su riviste e quotidiani anche ufficiali.

Questa nuova collana in collaborazione con Rigenerazione Evola è stata voluta da Cinabro Edizioni perché è stato ritenuto importante recuperare un certo Evola, quello in grado di dare degli indirizzi, degli orientamenti esistenziali, delle linee da seguire: un Evola formativo, in grado di dettare una linea di vita e di battaglia a chi voglia conformarsi ad una certa visione del mondo.

L’Epica dei cieli e dei mari va ad inaugurare, nell’ambito del piano editoriale del Cinabro, una nuova, specifica collana, dedicata a Julius Evola. Ma in effetti, si tratta della seconda raccolta di scritti di Evola curata da RE: la prima era stata infatti pubblicata con la casa editrice Passaggio al Bosco nel 2017, e si trattava di un’antologia di scritti su Ernst Jünger (Ernst Jünger: il combattente, l’operaio, l’anarca).

Dopo una introduzione a cura di Cinabro Edizioni, il relatore espresso da R.E. ha descritto i contenuti degli articoli di Evola raccolti nel presente volume, per capire perché possiamo parlare di un’epica dei cieli e dei mari.

Come detto, gli articoli raccolti nel libro furono pubblicati su due riviste apparentemente assai lontane dagli interessi di Evola. In realtà, la Tradizione e la sua dottrina, in tutte le sue manifestazioni e declinazioni, non può conoscere limitazioni “applicative”, se così possiamo dire, di sorta. Pertanto, in ogni ambito ed in ogni attività della vita umana, dalla più importante alla più – apparentemente – banale, si può e si deve avere un approccio ed una visione Tradizionale. L’infaticabile e sconfinata attività di Evola, ce lo ha, in fondo, dimostrato.

Con i suoi contributi Evola cercò di mettere in evidenza gli aspetti superiori, spirituali legati all’esperienza del volo e della navigazione, e di fornire di conseguenza gli indirizzi, gli orientamenti e le chiarificazioni necessarie affinché il lettore di turno, nell’approcciarsi a tali esperienze, potesse trarre da esse tali benefici effetti, eliminandone da una parte ogni aspetto borghese, salottiero, vacanziero, e dall’altra tutte le possibili derive naturalistiche, immanentistiche, divagazioni meramente romantico-poetiche o sentimentalistiche fini a se stesse, o ancor peggio, culturali ed accademiche.

Così come vedremo che questi articoli sul significato superiore del volo e della navigazione, vanno idealmente ad integrare quanto Evola scrisse sull’esperienza in alta montagna e, pertanto, quest’antologia può considerarsi un completamento di raccolte quali Meditazioni delle Vette.

Soprattutto, le argomentazioni svolte da Evola in materia rientrano in un più vasto e fondamentale contesto: quello della possibilità di ridestare forze spirituali e primordiali sopite, latenti nell’uomo contemporaneo, e di ricreare un tipo di uomo nuovo, in senso tradizionale, rendendo permanenti, stabili e strutturali gli effetti delle esperienze potenzialmente trasfiguranti per l’uomo, in particolare quelle che lo mettono a contatto diretto con il primordiale, l’elementare: quindi ora l’esperienza del volo, ora quella della navigazione, così come quella dell’alta montagna o della trincea, se correttamente intese e vissute.

Citando dal libro:

Non si tratta del misticismo che sempre circonfonde tutto quel che ci è lontano e che ci sembra irraggiungibile, non si tratta di poetiche divagazioni, di slanci lirici e di mitologiche traduzioni di nostalgie confuse, ma si tratta di significati superiori da trarre da un’esperienza effettiva propiziata dalle ultime, più sicure conquiste della civiltà meccanica. Certo, negli antichi simboli e negli antichi miti si trova un alto contenuto spirituale, ma, nei riguardi dell’uomo moderno, esso resta per così dire allo stato latente. A che questo contenuto si renda manifesto, occorre che il simbolo sia vissuto, che il mito sia realizzato: realizzato attraverso l’azione e non attraverso le vie esangui della cultura astratta”.

Quindi nessun accademismo, nessuno sfaldamento dell’animo, ma esperienza concreta, azione, che vivifichi il simbolo ed il mito, gli consenta di manifestare di nuovo il proprio contenuto superiore, al fine di trasfigurare realmente l’uomo, di ricondurlo lungo le vie che conducono allo spirito. 

In alto i cuori e arrivederci al cineforum del 4 ottobre dedicato a “L’assedio dell’Alcazar”!



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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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