Le ceneri di Evola sul Monte Rosa – Intervista esclusiva ad Arturo Squinobal

Come preannunciato, vi presentiamo oggi un piccolo scoop di RigenerAzione Evola: un’intervista esclusiva al grande alpinista Arturo Squinobal, nato il 16 novembre 1944 a Gressoney-Saint-Jean, autore di importanti imprese alpinistiche insieme al fratello Oreste, scomparso nel 2004; Arturo, Oreste e l’altro fratello Lorenzo sono particolarmente famosi nell’ambiente evoliano, per essere stati coloro che hanno materialmente portato sul ghiacciaio del Lys l’urna con le ceneri di Julius Evola. Ma andiamo con ordine.

La parete ovest del Monte Cervino, scalata in prima invernale nel 1978 da Arturo e Oreste Squinobal

I fratelli Squinobal (tre di una famiglia di ben otto), divennero guide alpine nel 1965, e conquistarono il primo posto nella categoria a squadre guide alpine nell’edizione 1975 del Trofeo Mezzalama, che si svolse come il primo Campionato Mondiale di Scialpinismo. Arturo ed Oreste, in particolare, portarono poi a termine diverse prime invernali (la nuova frontiera dell’alpinismo di punta di quegli anni), di cui divennero dei veri e propri specialisti: dopo aver scalato per primi in inverno, nel dicembre 1971, l’inviolata parete sud del Cervino, nel dicembre 1972 sul Monte Bianco i due fratelli realizzarono la prima salita invernale integrale della cresta di Peutérey, unendosi, alla base delle Dames Anglaises, alla cordata di alpinisti francesi guidata da Yannick Seigneur, con i quali Arturo e Oreste condivisero il successo dell’impresa, nonostante avessero avuto la possibilità di completarla in autonomia per primi. E, ancora, a seguire, Arturo ed Oreste centrarono altre rilevanti prime invernali: nel 1975 sulla parete Sud del Lyskamm occidentale; nel 1976 sulla parete Est del Monte Rosa (con Nino Cavalotti); nel 1978 sulla parete Ovest del Cervino (insieme a Rolando Albertini, Marco Barmasse, Innocenzo Menabreaz, Leo Pession, Augusto Tamone). Poi, nel 1982, arrivò la grande impresa sul Kangchenjunga, la terza vetta della terra nella catena dell’Himalaya (8.586 metri), la cui cima fu raggiunta il 2 maggio 1982 per la prima volta da una spedizione italiana guidata da Franco Garda; Oreste arrivò fino in cima con Innocenzo Menabreaz, altra guida alpina valdostana, scegliendo di non utilizzare l’ossigeno supplementare, mentre Arturo, affetto da un’infezione curata con potenti antibiotici che lo debilitarono, dovette fermarsi all’ultimo campo, il n. 4, a 7.600 metri.

Ebbene, come i più sanno, nell’estate del 1974, quindi proprio a cavallo degli anni d’oro delle loro imprese alpinistiche, Arturo ed Oreste, insieme a Lorenzo, ricevettero a Gressoney-Saint-Jean, da Eugenio David, famosa guida alpina valdostana negli anni Trenta e Quaranta, l’urna con le ceneri di Julius Evola, col compito di deporle, secondo le ultime volontà del barone, in un crepaccio del ghiacciaio del Monte Rosa, che si trovasse in territorio italiano, da cui si sarebbe dovuta vedere la parete Nord del Lyskamm Orientale. Si tratta della parete che Evola aveva scalato proprio insieme ad Eugenio David, in quarta ripetizione, nell’agosto 1930; scalata di cui il barone lasciò un appassionante resoconto nell’articolo intitolato “La parete Nord del Lyskamm Orientale” che, attualmente raccolto in “Meditazioni delle Vette”, uscì per la prima volta sulla rivista mensile del CAI nel novembre 1930, per poi essere ripubblicato su “Il Tevere”, il mese successivo (titolato “Prima ascesa”), e nel settembre 1934 sul “Corriere Padano” (titolato “Ascesa del ‘mangiatore d’uomini’ “; è da ricordare che la cresta del Lyskamm orientale,  che si presenta come una “lama” esposta che si staglia verso il cielo, separando la parete sud dalla parete nord, ha proprio il famigerato e sinistro soprannome di “mangiauomini”).

Eugenio David

In quel racconto il barone descrisse il passaggio “dall’azione alla contemplazione”, una volta arrivato in cima con David, con celebri parole che rispecchiano, ancora una volta, quella poetica delle vette che Evola ci ha regalato e di cui ci stiamo occupando: “Siamo in vetta. (…). Il giorno è divenuto superbo, splendente. E ora, dopo l’azione, la contemplazione. È l’ora delle cime e delle altezze, qui dove lo sguardo si fa ciclico e solare; dove, come larva di febbre, svanisce il ricordo delle piccole preoccupazioni, dei piccoli uomini, delle piccole lotte della vita delle «pianure»; dove non esiste che cielo, e nude libere forze che rispecchiano e fissano l’immensità nel coro titanico delle vette. «Molti metri sopra il mare, molti più sopra l’umano» – fu già scritto da Federico Nietzsche“. Più prosaico ma ironicamente significativo quanto scrisse sulla sosta insieme a David alla Capanna Gnifetti alla discesa: “Circa due ore dopo, eravamo alla Gnifetti. Avevamo lasciato ad attenderci due cose singolarmente diverse, ma pur per vie nascoste, a certe altezze, concordanti: del White-Horse-Whisky ed un libro, un testo d’ascesi guerriere: la Bhagavad-gita“. La Gnifetti, che, quarantaquattro anni dopo, sarebbe stata la stazione di appoggio per l’impresa degli Squinobal con le ceneri del barone…

Fu la fidatissima Maria Antonietta Fiumara a consegnare, secondo le volontà di Evola, l’urna cineraria ad Eugenio David, il quale, allora settantacinquenne (era quasi coetaneo di Evola), si rivolse ai fratelli Squinobal per portare a termine la missione, raccomandando la massima riservatezza. L’intera vicenda, com’è noto, rimase e in buona parte rimane avvolta da un certo alone di mistero. Nel 2016 pubblicammo un articolo tratto dall’edizione valdostana de “La Stampa”, in cui Lorenzo ed Arturo, in una breve intervista, raccontarono alcuni dettagli della vicenda.

Lorenzo, il più giovane (all’epoca ventiduenne), raccontò di aver compiuto la prima parte dell’impresa, conducendo l’urna fino alla famosa Capanna Gnifetti (punto di partenza dell’ascesa di Evola con David, e punto di ristoro alla discesa, come abbiamo visto), insieme ad un personaggio di nome “Abaris”. Il giorno successivo, Arturo ed Oreste salirono di mattina sul Lys con due clienti (alcuni hanno sostenuto che si trattasse di un’ascesa di “copertura”, per depistare presunti personaggi che li seguivano) per poi riscendere a Gressoney, ufficialmente a causa del maltempo, e risalire nel pomeriggio alla Gnifetti insieme ad un altro personaggio, “Boreale”, per recuperare l’urna lasciata da Lorenzo e portarla sul ghiacciaio. Lì, come raccontò Arturo, fu sistemata l’urna: «Avemmo una fortuna incredibile, trovammo un crepaccio proprio al colle della Scoperta, da dove si vedeva la Nord del Lyskamm». Sembra che diverse persone li avessero seguiti o, comunque, si trovassero nelle vicinanze, sicuramente sullo scoglio del Balmenhorn, in mezzo al ghiacciaio, forse in altri punti: soltanto turisti o persone “interessate” alla missione di cui gli Squinobal erano stati incaricati?

Dopo questa doverosa premessa che inquadra la vicenda, necessaria anche per capire gli argomenti che seguiranno, vi presentiamo l’intervista che un nostro prezioso amico e collaboratore è riuscito ad ottenere da Arturo Squinobal, a Gressoney, nel gennaio 2022: il materiale è stato poi rielaborato e ritrascritto nei mesi successivi. Sicuramente dalle parole e dai ricordi di Arturo, emergeranno dettagli e particolari interessanti. Ad introdurre l’intervista, una breve ma molto intensa presentazione da parte del nostro “inviato speciale”. Ricordiamo anche che gli amici del Gruppo Escursionistico orientamenti (G.E.O.) hanno realizzato alcuni anni fa due imprese alpinistiche sulle montagne di Evola, di cui abbiamo pubblicato dei resoconti impreziositi da foto esclusive, cui rinviamo: dapprima la traversata della Punta Castore, nel luglio 2016, e quindi la salita alla Punta Zumstein, a 4.530 metri, nel luglio 2017. Buona lettura.

***

4 gennaio, sera: fa molto freddo a Gressoney. Il termometro è da ore abbondantemente sotto zero, non nevica neppure. Solo una polvere d’argento finissima turbina sotto i lampioni quando esco da casa e mi avvio, con un certo anticipo, al mio appuntamento con Arturo Squinobal. Dopo mesi di “corteggiamento” discreto, grazie ad amici comuni, sono riuscito a fissare un incontro con lui.

G.E.O. Sul Monte Rosa nel 2017, per onorare Julius Evola

Voglio sapere di più su quei due giorni di tanti anni prima, quei giorni sui Quattromila in cui questo montanaro, alpinista di grande fame come i suoi fratelli, è stato l’ultimo essere mortale ad avere un colloquio con Julius Evola. Un Evola sublimato nella sua urna severa, già asceso ai piani superiori della sua guerra. Perché Arturo è un Portatore,  uno dei pochi ad averlo accompagnato nel suo ultimo viaggio gelato e solare sulle distese del Monte Rosa.

È l’estate del 1974, quasi mezzo secolo è già trascorso qui, tra gli uomini, quando il ghiaccio azzurro ha accolto in sé l’ultima nave del Barone. Lo stesso ghiaccio che, ora, si stende di fronte a me, invisibile nella sera, a una manciata di chilometri in linea d’aria.

Attendo con un certo nervosismo nella sala di legno dell’hotel che ospiterà il nostro incontro. È un salone sul retro, di buon gusto alpino, illuminato dai quadri di famiglia dei nostri ospiti. Non devo aspettare molto: il mio interlocutore è puntuale. È più vicino agli ottant’anni che ai settanta, ma si porta ancora dritto, magro e con il volto abbronzato. Ha gli occhi azzurri della sua gente – qui sono Walser, sono germanici altomedievali – e un tono della voce gentile. È una voce che viene, penso, come se chi mi parla fosse un po’ in disparte dietro una porta, eppure è una voce netta e precisa, saggia nel non dire più del necessario.

Anche io cercherò di fare lo stesso, facendogli le mie domande. È molto importante che il suo pensiero riesca a tornare indietro a quei giorni, nella sua vita ricca di storie vicine e remote (l’Himalaya non gli è ignoto). E così, dopo brevissime presentazioni, Arturo inizia a raccontare.

***

Risale dalla storia di David Eugenio che ha portato Evola sulla parete Nord del Lyskamm negli anni Trenta. E poi siamo stati contattati appunto da Eugenio David. Ha contattato me (Arturo, n.d.r.) e Oreste. Allora era una cosa un po’ delicata. Anche lui era molto titubante, aveva un po’ paura.

Chi aveva contattato David?

Penso i conoscenti di Evola. Non saprei chi ha contattato David. Semplicemente David era la guida di Evola.

Cosa vi ha detto David sulla riservatezza del compito?

Eh, dovete fare una cosa un po’ segreta, senza dire niente a nessuno, io e Oreste eravamo un po’ titubanti, qui andremo mica a metterci nei guai, perché la cosa era un po’ contro la legge, no? Noi facevamo le guide, facevamo i falegnami, vivevamo il nostro mondo e queste operazioni non ci piacevano molto. Siamo poi venuti a sapere tanti anni in seguito che questa operazione è stata seguita dai servizi segreti. Abbiamo studiato l’operazione in gran segreto, appunto, per non mescolare le cose. Lorenzo, Renzo doveva portare questa urna alla Capanna Gnifetti.

E non era solo, però…

No.

La Capanna Giovanni Gnifetti (m. 3647) con sullo sfondo il Lyskamm Orientale

C’era questa persona, Abaris.

Àbaris o Abàris, e io e Oreste invece avremmo raggiunto la Capanna Gnifetti dall’alto, non dalla via normale, dal Lyskamm, per non… Le cose non andarono perché il tempo era poi brutto. Noi avevamo dei clienti, era estate, noi facevamo le guide.

Ma questo Abaris lo avevate mai visto?

No.

Lui non si era neanche presentato?

No, no, noi dovevamo fare… anche Renzo, anche Renzo è rimasto impressionato perché lui è andato il giorno prima sù alla Gnifetti.

Con questa persona?

Sì, e questa urna. Ha passato la notte su al rifugio Gnifetti, dentro alla vecchia capanna. E allora, questa urna gliela han messa proprio lì davanti alla finestra. C’era la luna. E poi non sapeva neanche cosa… c’erano le ceneri, niente di eh, però.

E allora l’indomani noi nel pomeriggio siamo arrivati alla Gnifetti. Non siamo riusciti a passare dal Lyskamm perché il tempo era brutto e abbiamo dovuto accompagnare i clienti giù e salire dal Gabiet. Però allora eravamo dei camosci. Siamo arrivati alla capanna Gnifetti nel pomeriggio. E qui c’era questo individuo. Senza tante presentazioni, e allora, era abbastanza pesante questa urna. E allora si trattava di raggiungere un crepaccio, col particolare che questo crepaccio, da questo crepaccio bisognava vedere la parete Nord del Lyskamm.

E si è detto “mah” … e i crepacci sono lì, eh. (Alcune parole indistinguibili). Non ce n’erano tanti crepacci.

Le istruzioni per cui dal crepaccio si doveva vedere la parete ve le aveva date Eugenio?

David, sì. Sì lui non frequentava più la montagna a quei tempi.

Ma lui non è salito, vero?

No, non era in grado.

La salita che avete fatto con i clienti era effettiva o la avevate fatta per paura di essere seguiti?

Doveva essere della massima segretezza. E poi non volevamo andare incontro a delle grane.

Ma i clienti erano clienti veri o no?

No, clienti. Eravamo in piena stagione, cosa era, luglio mi sembra. Piena stagione. O agosto, addirittura, non so, son passati cinquant’anni. No, no, no, no, erano dei clienti, certamente.

E poi questo Abaris è andato via?

Come?

Oppure vi ha seguito? È venuto su con voi?

No, è venuto su. Sì, lo abbiamo dovuto legare.

Non era un montanaro. Non era un esperto.

Come fai a dire. Sì sì, lo abbiamo legato in mezzo. Eh, come si procede nei ghiacciai. Non era un cretino. Non, non è mai stato in alta montagna. Procedevamo a passo regolare. Poi ogni tanto ci davamo un’occhiata io e Oreste, il crepaccio e la parete Nord, speriamo di trovarlo, vediamo un po’, abbiamo dovuto girare un po’, perché doveva essere in territorio italiano, e crepacci con la vista sulla parete Nord.

Non ce n’erano tanti

No, dopo un po’ abbiamo visto che c’era una specie di crepacci, si vede il ghiacciaio quando cambia un po’, le linee, eccetera, abbiam capito che quello poteva essere il crepaccio buono. E allora anche lì pure sempre legati, no?

E quindi chi è che ha calato fisicamente l’urna?

Oreste. Sì. Abbiamo deciso di, abbiamo individuato il crepaccio e poi, “vai tu”, “no vai tu”, “no forse io ti faccio sicurezza” e intanto metti lì l’urna.

E c’era questo Giampaolo, giusto? Insieme a voi? Uno che si faceva chiamare “Boreale”.

Mah, Boreale già sentito. Sì.

Ma c’era un’altra persona con voi?

No. Non c’era persona. Ma può darsi che alla capanna Gni… là vicino c’è il Bivacco Balmenhorn, no? C’eran delle persone là, cioè alpinisti, come succede d’estate, non potrei, non saprei dire. Non saprei dire.

Avevate la sensazione di essere seguiti?

Sì, sì. E poi, c’è poi stata la conferma che questi servizi segreti da qualche parte, eheh, c’erano.

È particolare la sensazione di essere seguiti a quelle quote. Si sente..

Sì. Noi eravamo un po’ preoccupati, non c’era tanto da star…

Quando è stata calata l’urna, qualcuno ha detto qualcosa?

No, Oreste mi fa, “allora, facciamo così”. Più che… Non è stata calata con la corda l’urna. Il crepaccio (era) abbastanza aperto.

È stata lasciata, allora.

Sì sì, lasciata. È un crepaccio abbastanza profondo.

Due dei fratelli Squinobal con l’urna cineraria di Evola

Siete riusciti a trovare un crepaccio affacciato sulla parete che Evola aveva scalato con David negli anni Trenta?

Sì, sì. La via, la via classica Normann-Neruda. La normale che facciamo sottovento con, facevamo, adesso non la faccio più la Normann, faccio delle cose un po’ più facili. Sì, l’agilità di vent’anni. Anche se oggi faccio la traversata, però, certe vie… poi io e Oreste eravamo una cordata potente. A volte portavamo un cliente solo e ci alternavamo. Ci compensavamo, utilissimo, un sistema forse dei migliori per interpretare l’alta montagna eh, non dico andare alla Capanna Margherita, ma fin sul Monte Bianco, sul Cervino, sulle Alpi svizzere. Ne abbiamo combinate di tutti i colori.

Mi interessava questa sensazione di essere seguiti. Avevate visto che al Balmenhorn c’erano delle altre persone?

C’erano altre persone, certo, però, allora non potevo dire. Dopo mi è poi venuto il sospetto, quando ci hanno poi detto “voi siete… non siete gli unici”, eccetera.

Vi hanno detto che non eravate gli unici su?

(Alcune parole indistinguibili). Basta preparare. E questo è. Noi non interessava più di quel tanto, noi abbiamo fatto il compito e bon. E poi ce la siamo…

Ne avete più parlato con Eugenio, dopo?

Ci ha detto gran segreto, silenzio e… ci ha pagati Eugenio però. Noi siamo stati pagati per l’operazione. Non ricordo cosa e quanto, so che quando ci ha contattati ci ha detto “ci sarebbe da fare questo lavoro”, subito non ci siamo neanche resi conto che si trattava di fare una sepoltura o buttare queste ceneri. Il discorso era il gran segreto.

E quindi poi siete scesi? Eravate in quattro?

 In tre.

In tre?

Sì.

Eravate lei, Oreste e…?

E la terza persona. (alcune parole indistinguibili) se si chiamasse Abaris o Boreale. Morteus, può essere? È saltato fuori anche un certo Morteus. In seguito ho portato sul Lyskamm né uno né l’altro, né, né, uno che mi aveva contattato perché voleva andare sul Lyskamm Orientale. Gli ho detto sì sì, come clienti, però non…ma poi, (alcune parole indistinguibili) di questa operazione. Stavo sulle mie, però ho capito che lui sapeva, sapeva di questa operazione.

Versante orientale del Lyskamm

Quanto tempo dopo? Qualche anno?

Ma sì, diversi anni dopo, anni… certo, parecchi anni dopo.

E siete andati di nuovo sul posto?

Non sul posto, sul Lyskamm Orientale. L’altezza è, no, è abbast… qualche centinaio di metri dal crepaccio. I crepacci non stanno fermi, col passare degli anni il crepaccio, il ghiacciaio si muove, il ghiacciaio è un fluido, se ne formano di nuovi e…

Questa persona le faceva delle domande sull’operazione?

Sì, faceva delle domande, sapeva di questa operazione, sapeva di me e di Renzo.

Questo è strano. All’epoca nessuno sapeva della questione..

No, no. Evidentemente lì c’erano dei conoscenti no, di Julius Evola. Parenti no, ma credo che sia stato molto conosciuto, quindi uno di questi probabilmente mi ha avvicinato per…

Che età aveva? Mezza età?

No, mah, però… Camminava, arrampicava bene, bravo. Siamo andati su in pochissimo tempo. E poi mi ha chiesto anche per fare la Nord del Lyskamm (alcune parole indistinguibili), ci siam poi persi.

L’unica cosa che non coincide con quel che avevo compreso io era…

Che ci fossero anche altri ad accompagnarci su? (alcune parole indistinguibili) questi qui.

Pensavo che Boreale fosse diverso da Abaris..

Ah, ah. Un’altra persona. Provo a sentire Renzo, secondo lui c’era una persona sola.

(Arturo prova a chiamare Renzo, ma non risponde)

Comunque una cosa è certa, sempre tutto un gran silenzio, non, neanche tanti commenti tra di noi, e poi mi è rimasta impressa questa urna sulla finestra del rifugio Mantova (dovrebbe invece riferirsi alla Capanna Gnifetti, n.d.r.).

Le persone che sembravano seguirvi erano solo dalla Capanna o in altri posti?

No, sul ghiacciaio era di pomeriggio che siam saliti, di pomeriggio siamo andati in là, e, non, forse se abbiamo incontrato una cordata o due che scendeva, che stava rientrando dalla Margherita evidentemente.

L’Orestes Huette, il rifugio intitolato ad Oreste Squinobal, posto ai piedi delle tre cime principali dell’alta Valle del Lys: il Monte Rosa, la Piramide Vincent e il Lyskamm. Per rifarsi a luoghi e sentieri citati da Arturo nell’intervista, il rifugio è raggiungibile dal Gabiet, in telecabina da Stafal, seguendo i sentieri 6a e 6b; dalla stessa località di Stafal, è raggiungibile dai sentieri 7a, 7b e 7c.

E poi voi avete personato alla Gnifetti o siete scesi direttamente?

No, noi eravam dei camosci. Allora non c’erano gli impianti di Punta Indren, (alcune parole indistinguibili), Gabiet e si arrivava giù a Staffal.

Gli impianti arrivavano al Gabiet?

Sì. Dal Gabiet.

E poi cosa facevate? Il Colle Salza e salivate su?

No no, facevamo il Gabiet e poi giù il vallone. Fino a (alcune parole indistinguibili).

No, dicevo a salire.

Ah, salire. Sì dal Gabiet si saliva il 6A, il sentiero che c’è ancora adesso. Sì sì. Dal Gabiet sono quattro o cinque ore, adesso è meno frequentato. Adesso c’è l’impianto a Punta Indren.

(Seguono due minuti circa di conversazione non pertinente al tema)

No, questo qua che ho portato sul Lyskamm era un tipo molto agile.

Questo Morteus?

Sì, andava su molto bene, sì, lo vedi subito se una persona è preparata o non è preparata.

(Seguono alcune altre battute di conversazione non pertinente al tema)

Quindi, ultima domanda, l’urna l’avete fatta scivolare giù nel crepaccio?

Sì.

Era un crepaccio verticale? Un fosso?

Sì, verticale, sì. Era a “V” rovescia, chiuso sopra e aperto sotto.

Quindi la strombatura verso il basso.

Sì, perché si vedeva, si percepiva appena appena in superficie.

Era una piccola fessura quindi?

Sì, sì, più che frattura un piccolo avvallamento, tipico segnale di dove ci sono i crepacci. Si vedono dove il, la neve che copre (alcune parole indistinguibili).

L’avete fatta sprofondare nella neve?

No, no, no, no. Appena rimuovi un po’ con la piccozza… (risata). Abbiamo usato la normale sicurezza, perché… soprattutto quando il crepaccio non lo vedi, si procedeva…

Pian piano..

Sì, sì, quasi in ginocchio, con la piccozza abbiamo tastato un po’ il terreno e c’era.

Al primo tentativo l’avete fatto?

Sì, sì. E lì in quella zona non ce ne sono tanti crepacci. Neanche volevamo andare, appena ti affacci sul ghiacciaio del Grenz, e allora lì ci sono, c’è anche la seraccata (alcune parole indistinguibili), non volevamo

Voi siete rimasti sul versante meno crepacciato.

Sì, comunque sul confine, è abbastanza ampio, non si può dire se il confine … (alcune parole indistinte).

***

Nell’immagine in evidenza, La parete Nord del Lyskamm orientale (scalata da Evola con Eugenio David nel 1930), visibile dal Colle della Scoperta, in un crepaccio del quale è stata collocata l’urna cineraria di Evola



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