Le due aquile (parte 3)

(segue dalla seconda parte)

di Maurizio Rossi

Nei confronti del Nazionalsocialismo la critica di Evola aprirà problematiche di diversa natura rispetto alle posizioni che aveva tenuto nei confronti del Fascismo e a influire saranno alcune connotazioni culturali e ideologiche  che andranno a comporre  la Weltanschauung nazionalsocialista. Il pensatore tradizionalista  evidenzierà le peculiari e specifiche differenze fra i due movimenti andando a  sottolineare la radicale antitesi che si veniva a creare nell’ambito del discorso sul tema della forma Stato e della sua dottrina.


fascismo-e-terzo-reichSe nel Fascismo la forma statuale rivestiva tutta la sua pienezza e centralità tanto da definire la nazione stessa e la sua esistenza, all’opposto nel Nazionalsocialismo  retrocedeva a semplice contenitore, puro apparato amministrativo – cerniera di trasmissione delle direttive del Führer e del Partito nazionalsocialista – mentre altre caratteristiche andavano a comporre e a sostanziare il discorso politico: la razza, il Suolo, il legame di sangue, la Comunità, l’anima etnica del popolo.

Difatti, Evola con una certa vena polemica, mise in evidenza che: “I compiti dello Stato sono essenzialmente profilattici. Esso deve eliminare o paralizzare tutti coloro che possono alterare la fonte del sentimento giuridico collettivo, e siccome tale fonte si è visto che è la razza, il sangue, così, a parte l’azione provvisoria diretta contro coloro che turbano attualmente la vita associata, si tratta di intimorire, sterilizzare o sopprimere coloro che possono alterare la razza, sostituendo un rigorismo spartano ad ogni preoccupazione «umana».”

D’altronde, gli intellettuali nazionalsocialisti non avevano mai fatto mistero della loro ammirazione nei confronti dell’ordinamento politico spartano, di quel rigorismo etico-selettivo che aveva permesso di qualificare Sparta come il primo Stato razziale a base eugenetica della storia, e di Platone che consideravano come un precursore delle teorie nazionalsocialiste.

 

Determinate specificità del Nazionalsocialismo svilupparono in Evola un accentuato disagio, in primo luogo la stessa denominazione del Partito gli susciterà più di una perplessità, ovvero l’accentuazione del richiamo di stampo socialista, il suo diffuso propagandare prospettive di natura socialista per l’edificazione del nuovo Reich; il che effettivamente permise ai nazionalsocialisti di penetrare efficacemente in larghissimi strati del proletariato tedesco, sottraendoli all’influsso marxista, e conquistarli alla causa.

La fedeltà della classe operaia al Nazionalsocialismo sarà infatti granitica ed esemplare per tutta l’esistenza del Terzo Reich.

soldati-ss-nazionalsocialismoCiò nonostante, Evola, da attento osservatore delle vicende tedesche quale era, si rese anche conto che solamente il Nazionalsocialismo aveva deciso di intraprendere in ogni campo della società tedesca e con serietà una vera lotta per una Visione del Mondo che sarebbe andata ben oltre i confini dello stesso programma del Partito, annunciando una salutare ed epocale controtendenza, e la stessa SS già manifestava apertamente una tale volontà rivoluzionaria. Effettivamente, il concetto stesso di Lotta per la Visione del Mondo era diventata la superiore parola d’ordine che doveva andare ad informare in profondità ogni ambito della vita complessiva del popolo tedesco, da quella civile e sociale a quella culturale e artistica.

Lo scopo finale della rivoluzione culturale innestata dal Nazionalsocialismo era, quindi, quello di mondare la Germania da tutto ciò che fosse considerato ideologicamente come «Marcio» – frutto di sedimentazioni accumulatesi nei secoli – ovunque esso fosse stato presente e  spianare invece la strada a tutto quello che invece era da considerarsi «Sano», cioè rettamente in ordine con le migliori peculiarità razziali, spirituali e valoriali presenti nella preziosa sostanza del popolo tedesco, nel suo «sangue», quella corrente impetuosa che giungeva dall’eternità e diretta verso l’eternità.

Adriano Romualdi giunse infatti alla seguente conclusione: “Il Nazionalsocialismo ebbe il merito di costringere la cultura neutra a una resa dei conti. Esso, molto più del regime italiano, ebbe la coscienza di rappresentare un’autentica visione del mondo, violentemente ostile a tutte le putrefazioni e le storture dell’Europa contemporanea. La mostra dell’arte degenerata, il rogo dei libri ebbero, se non altro, un significato ideale rivoluzionario, un carattere di aperta rivolta contro i feticci di un mondo in decomposizione.”

Anche Evola rimase favorevolmente impressionato, tanto da ritenere che questa offensiva da collocarsi in un panorama teorico-politico più vasto, quindi potenzialmente attrezzata a fronteggiare con efficacia l’azione degenerante e sovversiva della modernità, potesse far pensare ad una soluzione modernizzata però realizzabile della Tradizione e quindi il manifestarsi di una conseguente e risolutiva Rivoluzione tradizionale: “In via di principio, alcune altre idee fatte valere dal Nazionalsocialismo potevano rientrare nello stesso quadro e servire da base: soprattutto l’Ordensstaatsgedanke, cioè l’ideale di uno Stato retto non da una qualche «classe dirigente» democratica, bensì da un Ordine, da una élite formata da una idea, da una tradizione, da una severa disciplina, da un medesimo stile di vita.”

 

ernst-kretschmann-furher befehl-wir-folgen-dir!-nazionalsocialismoIl movimento nazionalsocialista e il suo filone ideologico e culturale si sostanziarono complessivamente nel rifiuto del materialismo moderno, cioè dell’essenza di quella eredità intellettuale sulla quale poggiava l’intera Europa successivamente al XVII secolo, ed era stata proprio una tale coscienza di rivolta contro quella asfissiante cultura e mentalità che permise quella convergenza tra nazionalismo popolare, antiliberale e antiborghese con una certa variante del Socialismo che, pur rifiutando il marxismo e qualificandosi come nazionale, restava rivoluzionaria.

Quel Socialismo nazionale, comunitario e «prussiano» – già evidente nelle riflessioni di Oswald Spengler, di Moeller van den Bruck e di vasti ambienti della Konservative Revolution – era anche esso, per sua definizione, antiliberale, antiplutocratico e antiborghese e la sua opposizione al materialismo storico, all’illuminismo, al frazionismo classista e al conservatorismo borghese ne faceva l’alleato naturale del nazionalismo radicale.

Il fatto poi che il Nazionalsocialismo ponesse  l’accentuazione sulla sovranità politica della Comunità popolare sui singoli individui che la componevano, l’accentuata esigenza, per l’unità morale e sociale della collettività organica, della creazione di un nuovo quadro fisico e biopsichico in chiave razzialista, di nuove forme di organizzazione sociale definite dall’ideologia dominante della Volksgemeinschaft e dalle parole d’ordine del Socialismo nazionale; non potette che suscitare l’iniziale e comprensibile critica di Evola, che in tutto questo intravedeva la radicalizzazione di un nazionalismo plebeo nutrito di un biologismo razziale estremo di matrice positivista e ossessionato da esagerati bisogni di socializzazione, equivalente pertanto ad una pericolosa deriva di «democratizzazione del sangue» che poteva lasciare spazio ad una interpretazione collettivistica e materialistica della dottrina della razza che oltre a banalizzarla l’avrebbe privava di quegli elementi qualitativi, gerarchici e aristocratici di cui necessitava: “La tesi centrale da me difesa era, in breve, questa: per l’uomo, il problema della razza non può porsi negli stessi termini, né avere lo stesso significato, che in un gatto o in un cavallo purosangue. L’uomo vero, infatti, oltre alla parte biologica e somatica, è anima e spirito. Quindi, un razzismo completo deve considerare tutti e tre questi termini: corpo, anima e spirito. Si avrà così un razzismo di primo grado, riguardante i problemi strettamente biologici, antropologici e eugenici; poi, un razzismo di secondo grado, riguardante la «razza dell’anima», cioè la forma del carattere e delle reazioni affettive; infine, come coronamento, la considerazione della «razza dello spirito», riguardante le supreme frontiere che in fatto di visione generale del mondo e dell’aldilà, del destino, della vita, dell’azione, insomma, di «valori supremi», differenziano e rendono disuguali gli uomini. L’ideale classico, razzisticamente interpretato, è l’armonia e l’unità di queste tre razze in un tipo superiore.”

Per di più, si rischiava anche di mettere in secondo piano la più importante radice identitaria prussiana, ovvero la migliore tradizione feudale e nazionale germanica che, per Evola, doveva rappresentare il centro storico, etico e morale legittimante il Nazionalsocialismo.

Non a caso la critica evoliana andava ad associarsi – pur con i dovuti distinguo – a certe polemiche di ambienti fascisti che per molti anni non cessarono di definire il Nazionalsocialismo come una sorta di bolscevismo in camicia bruna, un movimento molto differente nella sostanza dal Fascismo e ancor più sospetto per certi suoi riferimenti naturalistici e paganeggianti, ovviamente condannati da quella corrente di regime che, all’indomani dei patti lateranensi, non aveva lesinato di fare benedire i gagliardetti dall’ufficialità clericale.

Polemiche e rammarichi contenuti, per esempio, nelle parole con cui Roberto Farinacci nel 1932, sulle pagine della rivista di Giovanni Preziosi, lamentava quello che in cuor suo definiva come una sorta di grossolano equivoco, non accettabile e né comprensibile in una visione fascista: “Noi non abbiamo mai compreso perché a questo magnifico movimento sia stata imposta la denominazione di nazional-socialismo. Noi abbiamo sempre ritenuto (…) che il nazionalismo e il socialismo sono antitetici. Comprendiamo che la veste socialistoide sia stata prescritta unicamente per convincere il popolo che il movimento hitleriano farà una politica sociale, ma purtroppo, quando non si afferma fin da principio il proprio atteggiamento, si finisce per creare o alimentare equivoci e delusioni.”

Eravamo però nel 1932, non dovrà trascorrere molto tempo per vedere l’importante gerarca fascista mutare sensibilmente i suoi giudizi nei confronti delle idee nazionalsocialiste, per poi caldeggiare un affiancamento strategico con il Terzo Reich.

franz-eichhorst-anschluss-der-ostmark-particolare-nazionalsocialismoNell’anno successivo, il 30 gennaio 1933, Adolf Hitler diventerà infatti cancelliere con pieni poteri, grazie all’enorme forza elettorale e politica conseguita dal movimento che lo sosteneva: il NSDAP era diventato il primo partito della Germania e aveva distanziato di gran lunga tutti gli altri. La Germania che Adolf Hitler si accingeva a governare era però una nazione prostrata, alla bancarotta, dove le divisioni e la miseria la facevano da padrone, una nullità politica in Europa. Il Nazionalsocialismo la fece risorgere – nello stupore di molti osservatori europei – risvegliando a tutto campo una crescente fiducia verso l’avvenire, e ciò avvenne attraverso  una efficace mobilitazione entusiastica del popolo tedesco e l’adozione di provvedimenti a tutto campo, decisivi e rivoluzionari, che assorbirono la disoccupazione rilanciando l’economia e sostenendo le famiglie, consentendo così di parlare di un autentico miracolo politico ed economico, il miracolo hitleriano.

Mentre il resto del mondo continuava a restare bloccato dalla paralisi economica — gli USA e la Gran Bretagna, in primis — annaspando nel vortice di una grande depressione, il Nazionalsocialismo riuscì a fare della Germania in pochi anni un’isola felice di prosperità sociale e culturale. In quel contesto mondiale, solamente l’Italia fascista e il Terzo Reich nazionalsocialista potevano vantare con fierezza i loro innegabili successi.

L’impressionante dinamismo che venne iniettato nel processo di trasformazione sociale e politica della Germania ebbe caratteristiche squisitamente nazionalsocialiste – come anche gli studiosi più ostici dovettero ammettere – e fu decisivo per l’avvio di quel processo di modernizzazione dell’infrastruttura pubblica e sociale che trovò la sua giustificazione e il suo compimento proprio in quella concezione nazionalsocialista della Comunità di popolo, che molti all’estero guardavano ancora con malcelata preoccupazione e sospetto, talvolta anche con disprezzo, ma che i tedeschi di allora, invece, compresero molto bene e per di più apprezzarono.  A quel punto, alla vista di una Germania che tornava ad essere protagonista di rilievo della politica europea e mondiale, buona parte delle gerarchie fasciste – lo stesso Mussolini – pensarono bene di soprassedere su inopportune disquisizioni polemiche, privilegiando invece la possibilità di future intese e alleanze.

Era evidente che Roma e Berlino potevano allora rappresentare dei centri di irradiamento di potenza continentale e contribuire sinergicamente a mutare gli assetti geopolitici europei.

treno mussolini hitlerLe due grandi Rivoluzioni che non a caso anche simbolicamente si ricollegavano alle radici della migliore identità europea – all’Origine etno-razziale dell’Europa – al di là delle particolari differenze anche di carattere dottrinario che li distinguevano, non potevano che marciare fianco a fianco: l’alleanza tra popoli latini e popoli germanici, una storia millenaria che felicemente si rincontrava, la sinergia ideale e valoriale del Fascio littorio con lo Swastika, avrebbero potuto avere effetti benefici per la ricostruzione politica e spirituale della nuova Europa. Riteniamo che non caso, l’edizione italiana del Mein Kampf, riportasse la seguente bella prefazione di Adolf Hitler, come significativa conferma da parte del Führer di una necessaria comunanza di obiettivi e di una naturale amicizia tra i due popoli: “I popoli che combattono per sublimi idee nazionali hanno forza di vita e ricchezza d’avvenire. Tengono nelle proprie mani i loro destini. Non di rado le loro forze, creatrici di comunità, sono valori di portata internazionale, aventi per la convivenza dei popoli effetti più benefici che gli «immortali principi» del liberalismo, i quali intorbidano e avvelenano i rapporti fra le Nazioni. Il Fascismo e il Nazionalsocialismo, intimamente connessi nel loro fondamentale atteggiamento verso la concezione del mondo, hanno la missione di segnare nuove vie ad una feconda collaborazione internazionale. Comprenderli nel loro senso più profondo, nella loro essenza, significa rendere servigio alla pace del mondo e quindi al benessere dei popoli.”

Era però necessario che a monte di questa necessaria e logica alleanza non vi fossero soltanto esigenze di natura politica, economica e militare – seppure importanti nelle relazioni tra grandi nazioni – occorreva invece che prevalessero soprattutto, come superiore indirizzo, precisi riferimenti di ordine metapolitico e spirituali che ricollegassero all’Idea stessa della Tradizione e alla sua centrale e organica Visione del mondo: era quindi una questione di Weltanschauung, e sul quel livello sia i tedeschi che gli italiani avrebbero dovuto operare.

 

 

 


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