Le Porte solstiziali

A completamento di quanto proposto ieri, in questi giorni così carichi di significati in termini simbolici e cosmici, vediamo oggi, sempre con l’aiuto di René Guénon, in cosa si sostanziano le cosiddette “Porte Solstiziali”. Molto importanti, come di consueto, anche le precisazioni contenute nelle note che il maestro di Blois pone ai suoi testi (unitamente, in questo caso, anche ad una nostra integrazione redazionale); da segnalare, in particolare, i riferimenti al Natale Cristiano nelle note 3 e 4.

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di René Guénon

tratto da «Études Traditionnelles», maggio 1938, poi in “Simboli della scienza sacra”

Abbiamo detto che le due porte zodiacali, le quali sono rispettivamente l’entrata e l’uscita della «caverna cosmica», e che certe tradizioni denominano «porta degli uomini» e «porta degli dèi», devono corrispondere ai due solstizi; dobbiamo ora precisare che la prima corrisponde al solstizio d’estate, cioè al segno del Cancro, e la seconda al solstizio d’inverno, cioè al segno del Capricorno.

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Per comprenderne la ragione, occorre riferirsi alla divisione del ciclo annuale in due metà, una «ascendente» e l’altra «discendente»: la prima è il periodo del cammino del sole verso nord (uttarayana), che va dal solstizio d’inverno al solstizio d’estate; la seconda è quello del cammino del sole verso sud (dakshinayana), che va dal solstizio d’estate al solstizio d’inverno (1) .

Nella tradizione indù, la fase «ascendente» è messa in rapporto con il deva-yana, e la fase «discendente» con il Pitri-yana (2), il che coincide esattamente con le designazioni delle due porte appena ricordate: la «porta degli uomini” è quella che dà accesso al pitri-yana, e la «porta degli dèi” è quella che dà accesso al deva-yana (2bis); esse devono quindi situarsi rispettivamente all’inizio delle due fasi corrispondenti, vale a dire che la prima dev’essere al solstizio d’estate e la seconda al solstizio d’inverno. Solo che in questo caso si tratta propriamente non di un’entrata e di un’uscita, ma di due diverse uscite: ciò dipende dal fatto che il punto di vista è diverso da quello che si riferisce in modo speciale al ruolo iniziatico della caverna, pur conciliandosi perfettamente con questo. Infatti, la «caverna cosmica » è qui considerata come il luogo di manifestazione dell’essere: dopo esservisi manifestato in un certo stato, quale per esempio lo stato umano, l’essere, a seconda del grado spirituale cui sarà pervenuto, ne uscirà per l’una o per l’altra delle due porte; in un caso, quello del pitri-yana, esso dovrà tornare a un altro stato di manifestazione, il che sarà naturalmente rappresentato da un rientro nella «caverna cosmica» così considerata; nell’altro caso invece, quello del deva-yana, non c’è più ritorno al mondo manifestato. Così, una delle due porte è tanto un’entrata quanto un’uscita, mentre l’altra è un’uscita definitiva; ma, per quanto concerne l’iniziazione, proprio questa uscita definitiva è lo scopo finale, di modo che l’essere, entrato per la «porta degli uomini», deve uscire, se ha effettivamente raggiunto questo scopo, per la «porta degli dèi” (3).

Abbiamo spiegato in precedenza come l’asse solstiziale dello Zodiaco, relativamente verticale in rapporto all’asse equinoziale, debba essere considerato la proiezione, nel ciclo solare annuale, dell’asse polare nord-sud; secondo la corrispondenza del simbolismo temporale con il simbolismo spaziale dei punti cardinali, il solstizio d’inverno è in certo modo il polo nord dell’anno, e il solstizio d’estate il suo polo sud, mentre i due equinozi di primavera e d’autunno corrispondono rispettivamente all’est e all’ovest (4). Tuttavia, nel simbolismo vedico, la porta del deva-loka è situata a nord-est, e quella del pitri-loka a sud-ovest; ma ciò dev’essere considerato solo un’indicazione più esplicita del senso secondo cui si effettua il cammino del ciclo annuale. Infatti, conformemente alla corrispondenza appena menzionata, il periodo «ascendente» si svolge andando da nord a est, e poi da est a sud; allo stesso modo, il periodo «discendente” si svolge andando da sud a ovest, e poi da ovest a nord (5); si potrebbe quindi dire, con precisione ancor maggiore, che la «porta degli dèi» è situata a nord e volta verso est, lato che è sempre ritenuto quello della luce e della vita, e la «porta degli uomini” è situata a sud e volta verso ovest, lato similmente ritenuto dell’ombra e della morte; e così sono esattamente determinate «le due vie permanenti, una chiara, l’altra oscura, del mondo manifestato; per una non c’è ritorno (dal non-manifestato al manifestato); per l’altra si torna indietro (nella manifestazione)» (6).

Resta comunque ancora da risolvere un’apparente contraddizione, che è questa: il nord è designato come il punto più alto (uttara), e verso questo punto d’altronde è diretto il cammino ascendente del sole, mentre il suo cammino discendente è diretto verso sud, il quale appare così il punto più basso; ma, d’altra parte, il solstizio d’inverno, che corrisponde nell’anno al nord, e segna l’inizio del movimento ascendente, è in un certo senso il punto più basso, e il solstizio d’estate, che corrisponde al sud, e dove termina il movimento ascendente, è – sotto lo stesso profilo – il punto più alto, a partire dal quale comincerà quindi il movimento discendente, che terminerà al solstizio d’inverno. La soluzione di questa difficoltà risiede nella distinzione che è il caso di fare tra l’ordine «celeste», cui appartiene il cammino del sole, e l’ordine «terrestre» cui appartiene invece la successione delle stagioni; secondo la legge generale dell’analogia, questi due ordini devono, nella loro stessa correlazione, essere inversi l’uno dell’altro, di modo che quel che è più alto nell’uno divenga più basso nell’altro, e reciprocamente; ed è così che, secondo l’espressione ermetica della “Tabula Smaragdina», «ciò che è in alto (nell’ordine celeste) è come quello che è in basso (nell’ordine terrestre)», o ancora, secondo il detto evangelico, «i primi (nell’ordine principiale) sono gli ultimi (nell’ordine manifestato)» (7).

È altrettanto vero che, per quel che concerne le «influenze» connesse a questi punti, è sempre il nord a rimanere «benefico», che lo si consideri il punto verso cui si dirige il cammino ascendente del sole nel cielo, o, in rapporto al mondo terrestre, l’entrata del deva-loka; e, allo stesso modo, il sud rimane sempre «malefico», che lo si consideri il punto verso cui si dirige il cammino discendente del sole nel cielo, o, in rapporto al mondo terrestre, l’entrata del pitri-loka (8).

Bisogna aggiungere che il mondo terrestre può esser ritenuto qui rappresentare, per trasposizione, tutto l’insieme del «cosmo», e che il cielo allora rappresenterà, secondo la stessa trasposizione, la sfera «extra-cosmica»; da questo punto di vista, dovrà applicarsi all’ordine «spirituale», inteso nella sua accezione più elevata, la considerazione del «senso inverso» in rapporto, non solo all’ordine sensibile, ma all’intero ordine cosmico (9).

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Note dell’autore

(1) È opportuno notare che lo Zodiaco frequentemente raffigurato sul portale delle chiese medioevali è disposto in modo da segnare nettamente questa divisione del ciclo annuale.

(2) Si veda in particolare Bhagavad-Gita, viii, 23-26; cfr. L’Homme et son devenir selon le Vedanta, cap. xxi. Una analoga corrispondenza si ritrova nel ciclo mensile, essendo il periodo della luna crescente ugualmente in rapporto con il deva-yana, e quello della luna calante con il pitri-yana; si può dire che le quattro fasi lunari corrispondono, in un ciclo più limitato, alle quattro fasi solari che sono le quattro stagioni dell’anno.

(2 bis) (Nota redazionale) – Ai fini di una migliore comprensione del testo, segnaliamo che, nella Tradizione induista, con l’espressione pitri-yâna o “Via degli Avi” (i Pitri sono gli esseri del ciclo antecedente, generatori del ciclo attuale), si indica la via del post-mortem seguita da coloro che, non avendo ottenuto la Liberazione, rimarranno soggetti alla legge del samsara e dovranno, pertanto, passare in altri stati di manifestazione individuale, senza poter superare la Sfera della Luna, dimora dei Pitri (Pitri-Loka) e, quindi, della memoria cosmica. Al contrario, chi otterrà la Liberazione partendo dallo stato umano, seguirà la dêva-yâna o “Via degli Déi”, giungendo alla più elevata delle sfere planetarie, la Sfera di Saturno, il “settimo cielo” o Satya-Loka (la “dimora dell’Essere/della Verità”), con la dissoluzione delle “forme che hanno compiuto il corso completo del loro sviluppo“, che avviene proprio nella Sfera della Luna (dove sono altresì contenuti i germi delle forme non ancora sviluppate) e l’approdo finale agli stati superiori dell’Essere, “verso l’assimilazione all’essenza stessa della Luce intelligibile” (cfr. L’Homme et son devenir selon le Vedanta).

(3) La «porta degli dèi» può essere un’entrata solo nel caso di discesa volontaria nel mondo manifestato, sia di un essere già «liberato», sia di un essere che rappresenta l’espressione diretta di un principio «sopra-cosmico». Ma è evidente che questi casi eccezionali non rientrano nei processi «normali” da noi presi in considerazione. Faremo soltanto notare che si può facilmente capire da ciò la ragione per cui la nascita dell’Avatara è posta all’epoca del solstizio d’inverno, epoca della festa di Natale nella tradizione cristiana.

(4) Nella giornata, la metà ascendente è da mezzanotte a mezzogiorno, e la metà discendente da mezzogiorno a mezzanotte; la mezzanotte corrisponde all’inverno e al nord, il mezzogiorno all’estate e al sud; il mattino corrisponde alla primavera e all’est (lato della nascita del sole), la sera all’autunno e all’ovest (lato del tramonto del sole). Così, le fasi del giorno, come quelle del mese, ma in scala ancora più ridotta, riproducono analogicamente quelle dell’anno; lo stesso vale, più in generale, per qualunque ciclo, che, indipendentemente dalla sua estensione, si divide sempre naturalmente secondo la stessa legge quaternaria. Secondo il simbolismo cristiano, la nascita dell’Avatara ha luogo non solo al solstizio d’inverno, ma anche a mezzanotte; essa è quindi così in duplice corrispondenza con la «porta degli dèi». D’altra parte, secondo il simbolismo massonico, il lavoro iniziatico si compie «da mezzogiorno a mezzanotte», il che è altrettanto esatto se si considera questo lavoro come un cammino che va dalla «porta degli uomini» alla «porta degli dèi»; l’obiezione che si potrebbe esser tentati di fare per via del carattere «discendente » di tale periodo si risolve con un’applicazione del «senso inverso” dell’analogia, come vedremo più avanti.

(5) Ciò è in relazione diretta con la questione del senso delle «circumambulazioni» rituali nelle varie forme tradizionali: secondo la modalità «solare» del simbolismo, il senso è quello che indichiamo qui, e la «circumambulazione» si compie così avendo costantemente alla propria destra il centro intorno al quale si gira; secondo la modalità «polare», essa si compie invece in senso inverso, avendo quindi il centro a sinistra. Il primo è quello della “pradakshina”, così com’essa è in uso nelle tradizioni indù e tibetana; il secondo caso s’incontra in particolare nella tradizione islamica; non è forse privo di interesse il notare che il senso di queste «circumambulazioni», che vanno rispettivamente da sinistra a destra e da destra a sinistra, corrisponde pure alla direzione della scrittura nelle lingue sacre di queste stesse forme tradizionali. Nella massoneria, nella sua forma attuale, il senso delle «circumambulazioni» è «solare»; ma sembra esser stato invece «polare» nell’antico rituale «operativo», secondo cui il «trono di Salomone» era posto d’altronde a occidente e non a oriente.

Il Taijitu (T’ai Chi T’u), celebre rappresentazione della diade complementare dello Yin e dello Yang

(6) Bhagavad-Gita, viii, 26. Si può osservare che la «chiarezza» e l’“oscurità», caratterizzanti rispettivamente queste due vie, corrispondono esattamente ai due principi complementari yang e yin della tradizione estremo-orientale.

(7) A questo duplice punto di vista corrisponde, tra le altre applicazioni, il fatto che, in rappresentazioni geografiche o altre, il punto posto in alto può essere il nord o il sud; in Cina, è il sud e, nel mondo occidentale, fu lo stesso presso i Romani e anche durante una parte del Medioevo; quest’uso è del resto in realtà, secondo quanto abbiamo appena detto, il più corretto per quel che concerne la rappresentazione delle cose terrestri, mentre invece, quando si tratta delle cose celesti, dev’essere normalmente posto in alto il nord; ma va da sé che il predominio dell’uno o dell’altro dei due punti di vista, a seconda delle forme tradizionali o delle epoche, può determinare l’adozione di un’unica disposizione per tutti i casi indistintamente; e, a tale riguardo, il fatto di collocare il nord o il sud in alto appare in genere legato soprattutto alla distinzione delle due modalità, «polare» e «solare», dal momento che il punto che si pone in alto è quello che si ha davanti a sé orientandosi secondo l’una o secondo l’altra di queste, come spiegheremo nella nota seguente.

(8) Segnaliamo incidentalmente, a questo proposito, un altro caso in cui uno stesso punto conserva un significato costante pure attraverso certi cambiamenti che costituiscono apparenti rovesciamenti: l’orientazione può esser assunta secondo l’una o l’altra delle due modalità, «polare» e «solare», del simbolismo; nella prima, guardando la stella polare, cioè voltandosi verso nord, si ha l’est alla propria destra; nella seconda, guardando il sole al meridiano, cioè voltandosi verso sud, si ha invece l’est alla propria sinistra; queste due modalità sono state segnatamente in uso in Cina in epoche diverse; così, il lato cui è stato riconosciuto il predominio è stato talora il destro e talora il sinistro, ma di fatto è sempre stato l’est, cioè il «lato della luce». Aggiungiamo che esistono ancora altri modi di orientazione, per esempio voltandosi verso il sol nascente; è a questo che si riferisce la designazione sanscrita del sud come dakshina o «lato della destra»; e questo ugualmente, in Occidente, era praticato dai costruttori del Medioevo per l’orientazione delle chiese.

(9) Per dare un esempio di questa applicazione, del resto in relazione abbastanza diretta con il nostro argomento, la «culminazione» del sole visibile ha luogo a mezzogiorno, e quindi quella del «sole spirituale » dovrà simbolicamente aver luogo a mezzanotte; per questo è detto che gli iniziati ai «grandi misteri” dell’antichità «contemplavano il sole a mezzanotte»; da questo punto di vista, la notte rappresenta non più l’assenza o la privazione della luce, ma il suo stato principiale di non-manifestazione, il che d’altronde corrisponde rigorosamente al significato superiore delle tenebre o del color nero come simbolo del non-manifestato: e pure in questo senso devono essere intesi certi insegnamenti dell’esoterismo islamico, secondo cui “la notte è preferibile al giorno». Si può inoltre osservare che, se il simbolismo «solare» ha un evidente rapporto con il giorno, il simbolismo “polare», ha, da parte sua, un certo rapporto con la notte; ed è inoltre abbastanza significativo, a tale riguardo, che il «sole di mezzanotte» abbia letteralmente, nell’ordine dei fenomeni sensibili, la sua rappresentazione nelle regioni iperboree, cioè proprio dove si situa l’origine della tradizione primordiale.



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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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