Annunciamo con piacere ai nostri lettori che è finalmente disponibile in libreria “L’epica dei cieli e dei mari“, antologia di scritti di Julius Evola sul significato superiore dell’esperienza del volo e della navigazione, tratti principalmente dalle riviste “L’Ala d’Italia” e “L’Italia marinara” e curata direttamente da RigenerAzione Evola per Cinabro Edizioni.
Qui a seguire la scheda del libro ed un ampio estratto dall’Introduzione, sempre a cura di RigenerAzione Evola, che offre un primo assaggio delle caratteristiche di questa raccolta assolutamente originale di scritti evoliani, ai più sconosciuti, che riteniamo vada a colmare un vuoto editoriale nella sia pur ormai vastissima pubblicistica di e su Julius Evola.
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Estratto dall’Introduzione a cura di RigenerAzione Evola
“Julius Evola e l’epica dei cieli e dei mari ne ‘L’Ala d’Italia’ e ‘L’Italia Marinara’ ”
Com’è noto, Julius Evola ha condotto, sostanzialmente per tutta la vita, un’instancabile attività di collaborazione con periodici italiani ed esteri delle più diverse tipologie, fornendo così fondamentali orientamenti di dottrina tradizionale ad una platea di pubblico potenzialmente molto più ampia di quella, ben più selezionata, che poteva avvicinarsi alle sue opere specifiche.
Ben pochi, anche fra chi può vantare una buona conoscenza dell’immensa attività dell’Evola scrittore, sono consapevoli del fatto che il barone non mancò di pubblicare articoli anche per due storiche riviste specialistiche italiane, apparentemente assai lontane, per tematica, dal suo mondo: L’Ala d’Italia e L’Italia Marinara. Riviste che, com’è evidente dalle intitolazioni, si occupavano, rispettivamente, di aviazione e di navigazione: un dato che potrebbe, di primo acchito, sorprendere.
In realtà, la Tradizione e la sua dottrina, in tutte le sue manifestazioni e declinazioni, non può conoscere limitazioni ‘applicative’, se così possiamo dire, di sorta; pertanto, in ogni ambito ed in ogni attività della vita umana, dalla più importante alla più – apparentemente – banale, si può e si deve avere un approccio ed una visione tradizionale. L’infaticabile e sconfinata attività di Evola, ce l’ha, in fondo, dimostrato.
Per quanto concerne la collaborazione di Evola a L’Ala d’Italia, essa, collocatasi cronologicamente fra il gennaio 1935 e l’aprile 1937, constò di soli tre contributi. Una collaborazione, dunque, discontinua e limitata, ma in ogni caso assai degna di interesse, proprio perché tramite quegli articoli, come si diceva poc’anzi, Evola ci ha mostrato le potenzialità dell’esperienza umana del volo sotto un angolo visuale squisitamente tradizionale.
(…) La rivista, che Mussolini in persona, fin dall’inizio delle pubblicazioni, indirizzò, sostenne ed orientò con dedizione, nacque, in linea con quanto si diceva poc’anzi, con l’obiettivo primario di descrivere le gesta e la forza dell’aviazione italiana. Ma non mancarono analisi più strettamente tecniche, resoconti, cronache aviatorie, approfondimenti circa il significato del volo, e così via. La materia fu, insomma, trattata a tutto tondo.
(…) Molto interessante è la presentazione che la Redazione della rivista fece di Julius Evola in occasione della pubblicazione del suo primo articolo (Il volo e lo Spirito, gennaio 1935):
«Il nuovo collaboratore, di cui “L’ala d’Italia” pubblica qui un corsivo pensoso ed acuto, non ha bisogno di presentazioni. Giornalista e studioso notissimo, Evola, appartiene a quegli scrittori che possono dare all’idea aviatoria un contributo prezioso».
Analizziamo le parole della Redazione. Evola anzitutto «non ha bisogno di presentazioni». Siamo nel 1935. Il barone ha pubblicato da poco la prima edizione di Rivolta contro il mondo moderno (1934) e, sempre nello stesso anno, inaugura due collaborazioni importanti: quella con la Scuola di Mistica Fascista e quella con Il Regime Fascista di Roberto Farinacci, per il quale curerà la pagina Diorama Filosofico fino al 1943. Segno, dunque, che Evola, in quegli anni, non passava certamente inosservato; l’ulteriore epiteto di «studioso notissimo» sembra confermare questa impressione.
Altro aspetto degno di nota, è la fiducia nel fatto che Evola avrebbe potuto «dare all’idea aviatoria un contributo prezioso». In effetti, tra le molteplici aree di interesse del barone ci fu, come detto, anche il volo e le sue implicazioni ‘spirituali’. La Redazione, evidentemente, poté esprimere tale giudizio contando sul fatto che Evola, in realtà, aveva già trattato la materia prima della collaborazione con L’Ala d’Italia: com’era solito fare, infatti, egli rimaneggiava i propri articoli precedenti, adattandoli alle riviste in cui, volta per volta, li ripubblicava.
(…) Passiamo ora dall’Evola ‘aviatore’ all’Evola ‘navigatore’, che collaborò alla rivista che costituì l’organo ufficiale di stampa della Lega Navale Italiana, fondata a La Spezia il 2 giugno 1897.
(…) Un dato particolarmente interessante è costituito dal fatto che, a partire dal 1932, fu nominato quale redattore-capo de L’Italia Marinara Antonio Massimo Sgabelloni, meglio noto come Massimo Scaligero, che avrebbe mantenuto tale incarico ininterrottamente fino alla fine delle pubblicazioni. Può sorprendere che una personalità come Scaligero abbia assunto e conservato per molti anni un tale ruolo di responsabilità in seno ad una rivista che era espressione di un mondo, di fatto, così lontano da lui. Vale la pena, pertanto, di riportare le parole con cui lo stesso Scaligero spiegò il significato di questa sua particolare avventura editoriale; parole dalle quali, peraltro, risulterà facile comprendere come Evola stesso giunse a collaborare a questa rivista:
«Non sono un politico, non sono mai stato un politico: per temperamento, per costituzione interiore, per vocazione, non potrei esserlo […]. Non politico, anzi apolitico per temperamento, tuttavia giovanissimo, nel periodo fascista credetti poter immettere nella forma politica la mia visione del mondo: questo spiega la categoria in cui qualcuno ancora oggi tenta (di) recludermi: categoria che io non rinnego per debito di lealtà e di verità, ma che non mi ha mai contenuto, né mi ha mai impedito di essere quello che realmente volevo. Tanto è che sono stato sempre un isolato, ospitato dalla stampa del tempo solo grazie alla validità etica degli argomenti che proponevo […]. I miei scritti del tempo stanno lì a testimoniare che io volevo allora quello che voglio tuttora: sottolineare, come senso ultimo dei problemi, l’esigenza della reintegrazione dell’uomo […]. Così, per potermi dedicare ai miei studi estrapolitici, sostanzialmente metafisici – rifiutando più di una volta brillanti carriere presso quotidiani autorevoli del tempo, con sbalordimento di chi me ne offriva la rara occasione, onde cominciai a essere considerato “un po’ strano” attesi al varco una rivista che mi impegnasse per poche ore al giorno; e questa fu L’Italia Marinara, organo della Lega Navale Italiana, di cui fui redattore-capo per dodici anni, ossia dal 1932 al 1944. Si dava il caso che la Lega Navale fosse un ente del Partito fascista e che a quell’epoca il segretario del Partito fosse Achille Starace. Così, automaticamente, Achille Starace era Presidente della Lega Navale e Direttore dell’Italia Marinara: onde, senza minimamente provocarlo, io apparvi un personaggio di rilievo: ma non lo ero affatto in quel senso, perché in realtà non ho mai partecipato a una cerimonia ufficiale, non ho mai accostato personalmente Starace, non ho avuto il minimo rapporto con lui, anche se io avevo per lui una particolare ammirazione, in quanto, oltre taluni suoi limiti intellettuali – che per me non hanno mai deciso del valore di un individuo – presentivo in lui la presenza di una rara virtù dello Spirito: la rettitudine, il potere di una adamantina fedeltà al proprio ideale […].

Massimo Scaligero divenne redattore-capo de L’Italia Marinara nel 1932, mantenendo l’incarico ininterrottamente fino alla fine delle pubblicazioni della rivista
La stanza di redazione dell’Italia Marinara, al III piano di Palazzo Giustiniani, a Roma – una bella stanza isolata, con un’ampia terrazza che dava sul Pantheon – attraverso la funzione che regolarmente disimpegnavo, divenne via via un luogo di ritrovo di amici esoteristi e un centro di attività spirituali: ogni volta esaurito il minimo lavoro per la rivista, mi dedicavo agli studi che soprattutto mi interessavano: ricevevo amici, presiedevo riunioni che quasi sempre si formavano spontaneamente.
Quel luogo divenne ben presto méta di incontri intellettuali che non avevano a che vedere con la politica del tempo […]. La stanza redazionale dell’Italia Marinara funzionò veramente per anni come un centro di studi e incontri spirituali: Adriano Tilgher, J. Evola, Marco Spaini, Gislero Flesch, P.M. Virio, Francesco Modugno, Domenico Scifoni, Oreste Guido, Eleuterio Strifizza, Edoardo Anton, Piero Scanziani, Gigetto Piergentili, Mario Varagnoli, ecc. si succedevano, dando luogo a riunioni che talora raggiungevano un plenum inaspettato […]»[1].
Di fatto, quindi, l’attività di Massimo Scaligero quale redattore-capo sui generis de L’Italia Marinara costituì per Evola – che, come abbiamo visto, frequentava spesso la Redazione, insieme ad altri amici e conoscenti di Scaligero, quasi tutti riconducibili alla cerchia antroposofico-steineriana – il ‘gancio’ giusto per poter collaborare alla rivista, consentendogli così di fornire il proprio contributo anche in questo contesto, apparentemente a lui estraneo, ma in cui avrebbe saputo, come al solito, farsi valere.
Con lo pseudonimo di Gherardo Maffei, da lui utilizzato anche altrove (ad esempio su Il Regime Fascista), Evola avrebbe infatti scritto sulle colonne de L’Italia Marinara, dal 1932 al 1939, nove articoli, in cui sarebbe riuscito a garantire una certa varietà di contenuti.
(…) Gli articoli di Evola sono stati suddivisi in tre sezioni, in base all’argomento trattato. Abbiamo così una sezione riservata ai principi ed alla simbologia tradizionale del volo e della navigazione, una dedicata alle esperienze personali in materia vissute da Evola, ed una che racchiude delle significative analisi su esplorazioni e spirito di conquista per i mari.
Ne esce un quadro molto interessante, che speriamo possa fornire al lettore rilevanti spunti di riflessione e che possa contribuire, se non a completare, comunque ad integrare in modo significativo gli approfondimenti svolti da Evola sui significati superiori dell’agire umano a contatto con le forze della natura e sui rischi connessi a possibili derive ‘telluriche’; approfondimenti sviluppati attraverso i suoi innumerevoli articoli sulla montagna e sulla necessità di superare le trappole legate al naturalismo ed all’immanentismo.
RigenerAzione Evola
Nota
[1] M. Scaligero, Dallo Yoga ai Rosacroce, Capitolo VIII – La «maya» politica, Roma (Mediterranee Edizioni) 2012, pp. 92 e ss.
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