Dopo aver pubblicato qualche giorno fa un articolo di Evola sul simbolismo dello swastika, vediamo quali informazioni ci dà in materia René Guénon, che ha avuto modo di scrivere su questo simbolo in modo non sistematico (la non sistematicità è un carattere che si ritrova di frequente, purtroppo ma inevitabilmente, negli scritti lasciatici dal metafisico di Blois) in diverse sue opere. Raccogliamo qui, innanzitutto, quanto scritto in materia da Guénon in un breve paragrafo a tema tratto da “Il simbolismo della croce”, di cui è molto importante l’impianto abbondante di note, all’interno del quale abbiamo riportato un altro estratto dove viene affrontato il significato dello swastika, tratto stavolta da “Il Re del mondo”, cui abbiamo affiancato, tra parentesi, il sunto di alcune note.
Infine, lasciamo spazio anche ad altre considerazioni sul tema (ancora con note tra parentesi) contenute in un articolo pubblicato sulla rivista les Études Traditionnelles, nel numero del luglio-agosto 1950, raccolto all’interno della famosa raccolta postuma “I simboli della scienza sacra” (1962), dove Guénon parla tra l’altro della tesi dei quattro gamma ad angolo retto che formerebbero lo swastika, accostandone il significato al simbolismo della lettera “G”, anche in ambito massonico. Al riguardo, è interessante notare: a) che tale interpetazione del cd. swastika gammatico era stata rigettata dal grande maestro nel paragrafo tratto da “Il simbolismo della Croce“, opera che fu pubblicata nel 1931, e quindi risalente a circa vent’anni prima rispetto alle osservazioni, di segno contrario, contenute nell’articolo di Guénon pubblicato pochi mesi prima della sua scomparsa; b) l’accostamento tra swastika e massoneria, che può sorprendere. Ma va ricordato quanto spiegato da Evola circa la distinzione da fare tra massoneria operativa (di carattere schiettamente iniziatico) e la sua degenerazione, la massoneria volgare o speculativa; divergenza che in Guénon è molto più sfumata. Di ciò pertanto occorre tener conto quando il metafisico di Blois, come in questo caso, tratta, sempre da un punto di vista rigorosamente dottrinario e tradizionale, di rituali, simbologie e contenuti massonici, anche in rapporto ad altre tradizioni ed agli elementi caratteristiche di queste. Così scriveva al riguardo Evola:
“Un punto di divergenza fra le vedute di Guénon e le mie riguardava la massoneria. Io riconoscevo che nelle origini la massoneria (come la cosiddetta massoneria operativa) ha potuto avere un carattere iniziatico, quindi spirituale. Ma, in seguito, con il suo politicizzarsi come la cosiddetta massoneria speculativa a partire dalla fondazione della Gran Loggia di Londra (1717), essa ha assunto un carattere assai diverso e storicamente ha svolto un’azione antitradizionale (come una delle societés de pensée essa ebbe già a preparare la Rivoluzione Francese). Quanto alla massoneria di Rito Scozzese essa presenta un sincretismo inorganico e disordinato di gradi e di ‘dignità’ d’ogni genere e nel complesso si riduce a vuote vestigia. Invece Guénon riconosceva alla massoneria il carattere di una organizzazione iniziatica regolare, per non dire quasi l’unica esistente ancora in Occidente. Pur ammettendone la degenerescenza, oggi, dato il suo punto di vista formalistico, riteneva che essa virtualmente mantenesse tale carattere. Inoltre, egli restringeva l’antitradizionalismo ad alcune forme della massoneria”.
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Nell’immagine in evidenza, swastika innestato in simbologie vegetali sul pavimento di una Moschea in Kashgar, Cina, vicino al confine con il Pakistan.
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di René Guénon
tratto da “Il Simbolismo della croce” (capitolo X) e da “Il Re del Mondo” (capitolo II)
Una delle forme più degne di nota di quella che abbiamo definito croce orizzontale, cioè della croce tracciata su un piano che raffigura un certo stato di esistenza, è quella dello swastika che pare si ricolleghi direttamente alla Tradizione primordiale: lo si ritrova infatti nei più diversi e lontani paesi, e fin dalle epoche più remote; lungi dall’essere un simbolo puramente orientale, come talvolta si pensa, è invece uno di quelli più diffusi, dall’estremo Oriente all’estremo Occidente, tant’è vero che lo si incontra perfino presso certe popolazioni indigene dell’America (1). È vero che all’epoca attuale si è conservata soprattutto in India e nell’Asia centrale e orientale, regioni che sono forse le sole ove se ne conosca ancora il significato; tuttavia nemmeno in Europa si può dire completamente scomparso (2).
Nell’antichità, troviamo questo segno particolarmente presso i Celti e nella Grecia preellenica (3) e, sempre in Occidente, fu uno degli antichi emblemi del Cristo che anzi restò in uso, come tale, fin verso la fine del Medioevo (4).
Abbiamo detto altrove che lo swastika è essenzialmente il «segno del polo» (5); se lo paragoniamo alla figura della croce inscritta nella circonferenza, possiamo facilmente renderci conto che, in fondo, si tratta di due simboli sotto certi aspetti equivalenti; ma la rotazione intorno al centro fisso, invece di essere rappresentata dal tracciato della circonferenza, è soltanto accennata, nello swastika, dai segmenti aggiunti alle estremità dei rami della croce e formanti con questa degli angoli retti; questi segmenti sono delle tangenti alla circonferenza, che indicano la direzione del movimento nei punti corrispondenti.
Poiché la circonferenza rappresenta il mondo manifestato, il fatto che sia per così dire sottintesa indica, con tutta evidenza, che lo swastika non è un simbolo del mondo, ma bensì dell’azione del Principio nei confronti di questo.
Se si riferisce lo swastika alla rotazione di una sfera come la sfera celeste intorno al suo asse, bisogna supporlo tracciato sul piano equatoriale, per cui il punto centrale, come abbiamo già spiegato, sarà la proiezione dell’asse su tale piano che gli è perpendicolare.
Quanto al senso di rotazione indicato dalla figura, esso ha una importanza del tutto secondaria e non influisce sul significato generale del simbolo; in effetti si trovano entrambe le forme a indicare sia una rotazione da destra a sinistra, sia una da sinistra a destra (6), senza che questo implichi necessariamente l’intenzione di stabilire tra loro un’opposizione qualsiasi.
È pur vero che, in certi paesi e in certe epoche, possono essersi prodotti, nei confronti della tradizione ortodossa, degli scismi i cui fautori hanno dato volutamente alla figura in questione un orientamento opposto a quello in uso nell’ambiente da cui si divisero, nell’intento di affermare mediante una manifestazione esteriore il loro antagonismo, ma ciò non infirma per nulla il significato essenziale, che rimane in tutti i casi il medesimo. Del resto, le due forme si trovano talvolta associate: possono allora essere intese come raffigurazioni della stessa rotazione vista da ciascuno dei due poli, il che si riallaccia al simbolismo assai complesso dei due emisferi, che qui non ci è possibile abbordare (7).
Parimenti non possiamo dedicarci a sviluppare tutte le considerazioni che il simbolismo dello swastika può suggerire, stante che, nella fattispecie, non si ricollegano direttamente all’argomento del presente studio; non potevamo tuttavia, data la sua importanza sul piano tradizionale, passare totalmente sotto silenzio questa forma speciale della croce; abbiamo dunque ritenuto opportuno dare almeno queste indicazioni un po’ sommarie, su cui non insisteremo oltre onde evitare digressioni troppo lunghe.
Note di appendice
(1) Recentemente abbiamo raccolto un’informazione da cui si potrebbe desumere che le tradizioni dell’antica America non siano andate del tutto perdute come si pensa; del resto, l’autore dell’articolo che riporta tale informazione non si è forse neanche reso conto della sua portata; eccola citata testualmente: «Nel 1925, gran parte degli Indiani Cuna si ribellarono, uccisero í gendarmi di Panama che si trovavano sul loro territorio e fondarono la Repubblica indipendente di Tulé, la cui bandiera è uno swastika su fondo arancione con bordo rosso. Questa repubblica esiste ancora attualmente» (Les Indiens de l’isthme de Panama, di F. GRANDIDIER in «Journal des Débats », 22 gennaio 1929). Si noterà soprattutto l’associazione dello swastika con il nome Tulé o Tula, che è una delle più antiche denominazioni del centro spirituale supremo, attribuita in seguito anche ad alcuni centri subordinati (cfr. Le Roi du Monde cit., e. X).

Esempio di croce gammata o gammadion
2) In Lituania e in Curlandia, i contadini disegnano ancora questo simbolo sulle loro case; senza dubbio non ne conoscono più il significato, e lo considerano solo come una specie di amuleto protettore; ma la cosa più curiosa è che gli danno ancora il nome sanscrito swastika. Pare, d’altronde, che in tutte le lingue europee, la lituana sia quella che presenta maggiori affinità con il sanscrito. Non vale neanche la pena di dire che non prendiamo minimamente in considerazione l’uso del tutto artificiale e antitradizionale dello swastika da parte dei «razzisti» tedeschi, i quali, con il nome fantasioso e piuttosto ridicolo di hekenkreuz o «croce uncinata», ne fecero molto arbitrariamente un segno di antisemitismo, con il pretesto che questo emblema sarebbe stato peculiare della cosiddetta «razza ariana», quando invece, come abbiamo vista, si tratta di un simbolo veramente universale. Segnaliamo a questo proposito che la denominazione «croce gammata», attribuita spesso allo swastika in Occidente per la somiglianza della forma dei suoi rami con la lettera greca gamma, è ugualmente erronea; in realtà i segni chiamati anticamente gammadia erano completamente diversi, benché talora si siano trovati più o meno strettamente associati allo swastika nei primi secoli del cristianesimo. Uno di questi segni, detto anche «croce del Verbo», è formato da quattro gamma con gli angoli rivolti verso il centro; la parte interna della figura, a forma di croce, rappresenta il Cristo, mentre i quattro gamma angolari rappresentano i quattro Evangelisti: questa figura equivale pertanto alla ben nota rappresentazione dei Cristo attorniato da quattro animali. Si trova pure un’altra disposizione, nella quale una croce centrale è circondata da quattro gamma ordinati in quadrato (cioè con gli angoli rivolti verso l’esterno anziché verso l’interno); questa figura è di significato analogo alla precedente. Aggiungiamo, senza insistere oltre, che questi segni mettono in relazione diretta il simbolismo della squadra (che ha la forma di un gemma) con quello della croce.
(3) Diverse sono le varianti dello swastika; in particolare una forma a rami ricurvi (somiglianti a due S incrociate), nonché altre forme che suggeriscono relazioni con simboli diversi di cui non possiamo sviluppare qui il significato; la più importante di queste forme è lo swastika detto «clavigeto», in quanto i suoi rami sono costituiti da chiavi (cfr. R. GUÉNON, La grande Triade, Gallimard, Parigi 1946, e. VI; trad. it.; La grande Triade, Atanòr, Roma 1951). Facciamo notare inoltre che certe figure a carattere puramente decorativo, come la cosiddetta «greca», sono originariamente derivate dallo swastika.
(4) Cfr. Le Roi du Monde cit., c. I.
(5) Ivi, c. II Avendo appena indicato le fantasiose interpretazioni degli Occidentali moderni, non ne riparleremo in questa sede. N.d.R. – al commento di Guénon, riportiamo il passaggio estratto dal capitolo II de “Il Re del Mondo” (“Regalità e Pontificato”) in cui il metafisico francese arriva a trattare dello swastika:

Il Chakravarti è letteralmente, “colui che fa girare la ruota”. Nell’immagine, la celebre Ruota del Tempio del sole di Konark (India), che sostiene il carro solare (cliccare per ingrandire)
“E’ opportuno aggiungere che il termine Chakravarti, che non ha nulla di particolarmente buddistico, si adatta molto bene, in rapporto ai dati della tradizione indù, alla fuzione del manu o dei suoi rappresentanti: letteralmente è ‘colui che fa girare la ruota’, colui cioè che, posto al centro di tutte le cose, ne dirige il movimento senza parteciparvi egli stesso, o che, secondo l’espressione di Aristotele, ne è il ‘motore immobile’. Richiamiamo particolarmente l’attenzione su questo: il centro di cui si tratta è il punto fisso che tutte le tradizioni sono concordi a designare simbolicamente come il ‘polo’, perchè è attorno a esso che si effettua la rotazione del mondo, rappresentata generalmente dalla ruota, sia presso i Celti sia presso i Caldei e gli Indù. Tale è il vero significato dello swastika, segno che troviamo diffuso dappertutto, dall’Estremo Oriente all’Estremo Occidente [(questo segno segno non fu estraneo all’ermetismo cristiano (…)], e che è essenzialmente il ‘segno del Polo’. Il suo senso reale viene qui fatto conoscere certamente per la prima volta nell’Europa moderna. Gli studiosi contemporanei, di fatto, hanno cercato invano di spiegare questo simbolo con le più fantasiose teorie; nella maggior parte, ossessionati da una sorta di idea fissa, hanno voluto vedervi, come in quasi ogni altra cosa, un segno esclusivamente ‘solare’ (la stessa osservazione si può applicare in particolare alla ruota, della quale abbiamo appena indicato il vero significato), mentre, se anche talvolta lo è diventato, ciò non è potuto avvenire che accidentalmente e per vie traverse. Altri si sono avvicinati maggiormente alla verità considerando lo swastika come simbolo del movimento; ma tale interpretazione, pur non essendo falsa, è molto riduttiva poichè non si tratta di un movimento qualunque, ma di un movimento di rotazione che si compie intorno a un centro o a un asse immobile; ed è il punto fisso, ripetiamo, l’elemento essenziale cui si riferisce direttamente il simbolo in questione (solo per ricordarla, citeremo l’opinione, ancor più fantasiosa delle altre, che fa dello swastika lo schema di uno strumento primitivo destinato alla produzione del fuoco; se è vero che talvolta questo simbolo può avere un certo rapporto col fuoco, essendo in particolare un emblema di Agni, ciò dipende però da tutt’altre ragioni).
(6) La parola swastika, in sanscrito, è la sola che serve a designare il simbolo in questione: il termine sauvastika, che qualcuno ha voluto assegnare a una delle due forme, per distinguerla dall’altra (la quale sola sarebbe il vero swastika), non è che un aggettivo derivato da swastika indicante ciò che si riferisce a questo simbolo o ai suoi significati. Quanto alla parola swastika stessa, si ammette la sua derivazione da su asti, formula di «benedizione» nel vero significato della parola, che ha il suo equivalente esatto nel ki-tôb ebraico del Genesi. Il fatto che quest’ultimo si trovi ripetuto alla fine della narrazione di ciascuno dei «giorni» della creazione, è abbastanza interessante se si tiene conto del seguente accostamento: ki-tôb sembra infatti indicare che tali «giorni» possono essere assimilati ad altrettante rotazioni dello swastika o, in altri termini, ad altrettante rivoluzioni complete della «ruota del mondo», rivoluzioni da cui risulta la successione di «sera e mattino» che viene enunciata in seguito (cfr. anche La grande Triade cit., c. V).

Swastika murario con simboli animali a sviluppare i segmenti delle estremità dei rami della croce (India)
(7) A questo proposito, vi è una relazione tra il simbolo dello swastika e quello, pure molto importante, della doppia spirale che, per di più, è connesso abbastanza strettamente allo yin-yang estremo-orientale, di cui parleremo in seguito.
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Estratti da “La lettera G e lo swastika” (tratto da les Études Traditionnelles, luglio-agosto 1950; successivamente inserito nel capitolo 17 de “Simboli della scienza sacra”)
Nella “Grande Triade”, a proposito del simbolismo polare e della parola cinese “i”, che designa l’unità (la Stella polare è chiamata “Tai-i”, cioè «Grande Unità»), siamo stati condotti a fornire alcune indicazioni sul simbolismo massonico della lettera G, la cui posizione normale è ugualmente «polare” e a fare un accostamento con la lettera I, che rappresentava “il primo nome di Dio» per i «Fedeli d’Amore» [«La Grande Triade”, cap. XXV] (…) .
L’accostamento di quattro Γ posti ad angolo retto gli uni rispetto agli altri forma lo swastika, «simbolo, come lo è pure la lettera G, della Stella polare, che è essa stessa il simbolo, e per il massone operativo la sede effettiva, del Sole centrale nascosto dell’Universo, Iah» [Nell’articolo dello «Speculative Mason», da cui è tratta questa citazione, lo swastika è chiamato inesattamente “gammadion”, (…) ma non è men vero che si può ritenere che lo swastika per quanto non abbia mai portato questo nome, sia formato da quattro gamma, (… ), il che richiama evidentemente molto da vicino il “Tai-i” della tradizione estremo-orientale» (…).
Nel passo della “Grande Triade” che richiamavamo all’inizio, abbiamo già segnalato l’esistenza, nel rituale operativo, di uno strettissimo rapporto fra la lettera G e lo swastika; tuttavia, non eravamo allora a conoscenza delle informazioni che, facendo intervenire il Γ greco, rendono questo rapporto ancor più diretto e ne completano la spiegazione [Si potrebbe forse obiettare che la documentazione inedita fornita dallo «Speculative Mason», e che concerne lo swastika, proviene da Clement Stretton, e che questi si dice sia stato il principale autore di una «restaurazione» dei rituali operativi nella quale certi elementi, perduti in seguito a circostanze mai completamente chiarite, sarebbero stati sostituiti da «prestiti» tratti dai rituali speculativi di cui nulla garantisce la conformità con ciò che esisteva anticamente; ma questa obiezione non vale nel nostro caso, poiché si tratta qui di cosa di cui non si trova la minima traccia nella massoneria speculativa].
È opportuno notare anche che la parte ricurva dei bracci dello swastika è considerata rappresentare l’Orsa Maggiore, vista in quattro posizioni diverse nel corso della sua rivoluzione intorno alla Stella polare, alla quale naturalmente corrisponde il centro in cui si uniscono i quattro gamma, e che queste quattro posizioni sono messe in relazione con i quattro punti cardinali e le quattro stagioni; è noto quale sia l’importanza dell’Orsa Maggiore in tutte le tradizioni in cui interviene il simbolismo polare [Si veda ugualmente «La Grande Triade”, cap. XXV, a proposito della «Città dei Salici» e della sua rappresentazione simbolica con uno staio pieno di riso]. Se si considera che tutto ciò appartiene a un simbolismo che può veramente dirsi «ecumenico» e che indica per ciò stesso un legame abbastanza diretto con la tradizione primordiale, si può capire senza fatica perché «la teoria polare sia sempre stata uno dei più grandi segreti dei veri maestri massoni» [Può essere interessante segnalare ancora che, nella Cabala, lo “iod” si considera formato dall’unione di tre punti che rappresentano le tre “middoth” supreme e sono disposti a squadra; quest’ultima è d’altronde volta in senso contrario a quella che forma la lettera greca , il che potrebbe corrispondere Γ ai due sensi opposti di rotazione dello swastika].
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