L’uomo moderno ignora i mutamenti della sua psiche

Ancora un contributo importante di Evola sul tema della psiche umana e dei suoi mutamenti, incentrato sulla figura dell’uomo contemporaneo, ormai in balìa dell’instabilità delle correnti del proprio inconscio, totalmente privo di reali capacità introspettive e, quindi, inconsapevole dei cambiamenti nella propria polarità psichica, delle proprie ossessioni, pulsioni, dipendenze, preda del “demonico”, non solo in chiave individuale, ma anche collettiva (si pensi ai fenomeni psichici di massa: sport, demonia del sesso e dell’economia, ecc.). Un uomo ignaro, altresì, di possedere una parte superiore della propria personalità, l’elemento spirituale, quel Sé, l’ “animus” contrapposto alla “anima” presso i Romani, il nous contrapposto alla psyché presso i Greci, la mens superior contrapposta alla mens inferior in sant’Agostino; lo Spirito Santo cristiano, l’ātman induista, quella porzione superiore che è strettamente in contatto con lo Spirito, che ne è una scintilla, un “frammento” riversato nel singolo. Elemento fondamentale per la connessione dell’uomo col divino a diversi livelli, ed oggi totalmente latente nell’uomo contemporaneo, che è ormai sempre più ridotto ad un aggregato di corpo e psiche, marionetta instabile e sfuggente, senza identità, non più presente a sé stesso né più signore di sé stesso, facilmente modellabile e plasmabile.

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di Julius Evola

Tratto dal “Roma”, 11 ottobre 1957

Fino ad ieri non v’era chi non sorridesse quando sentiva parlare di «demonico». Pareva che in ciò si trattasse o di un semplice modo di dire, o di un residuo di «superstizione medievale» da donnicciole e da bigotti. Eppure da esponenti della più moderna psicologia tale nozione è stata ripresa. A Paul Tillich un breve, ma denso e acuto studio sul concetto di demonico nella sociologia, nella politica e nell’economia di oggi ha fatto già guadagnare una cattedra universitaria nel periodo tra le due guerre. Delle idee del Tillich hanno risentito vari altri studiosi, talvolta in interferenza con la cosiddetta psicologia del profondo e con certi rami della psicanalisi. A quest’ultimo riguardo vi è soprattutto da menzionare lo Jung. Ed è poi interessante che nel famoso pseudo processo di Norimberga contro i capi Nazionalsocialisti il concetto di demonico preso proprio nell’accezione di cui stiamo parlando trovò modo di fare apparizione fra le dissertazioni giuridiche.

Carl Gustav Jung (1865-1961) (free image from wikimedia.commons)

Nelle sue nuove assunzioni il concetto di demonico è stato naturalmente liberato dai precedenti rivestimenti teologici e morali; esso non viene più riferito a ciò che procede da un’entità malvagia quasi personale intenta ad opporsi al Creatore e a traviare gli uomini. «Demonico» nella nuova psicologia è invece una designazione che si applica a determinate forze che possono manifestarsi nell’essere umano e vuole semplicemente caratterizzarne la natura e il modo d’azione nei confronti del principio della personalità.

La premessa è una particolare concezione dualistica della stessa personalità. Nell’uomo vi è una parte formata, chiara e intellettuale, e vi è una parte informe, caotica e vitale più o meno collegata col dominio delle forze organiche e collettive sub-personali e pre-personali. Quando certe antiche dottrine riconoscevano un dualismo fra «spirito» e «anima», fra «essere» e «vita», fra un principio maschile e un principio femminile dell’essere umano, si rifacevano approssimativamente alle stesse idee. E lo Jung le ha, in una certa misura, riprese, quando ha parlato di un antagonismo, in noi, fra animus e anima.

La psicologia moderna ha messo in evidenza l’importanza che ha la zona sotterranea, subconscia e vitale della psiche, corrispondente al secondo principio. L’essenziale è però stabilire, che tale zona resta una profondità anteriore alla forma e all’Io; che l’Io, pur avendola come un substrato animatore e dinamico, quando è un Io personale ben sviluppato in essa non si esaurisce; che la condizione normale è quella in cui agisce la tendenza dell’Io ad appartenersi, ad essere per sé, cioè ad essere libero: non staccandosi da quelle forze, ma contenendole entro le sue forme, equilibrandole e ordinandole alle sue facoltà più alte.

Può però accadere che quest’intima tensione, facente dell’uomo un essere personale e libero in senso superiore, si allenti; può accadere che si verifichi una specie di frattura interiore, talvolta nemmeno avvertita, per via della quale l’Io cade in uno stato di passività che lo riapre e lo restituisce alle forze prepersonali e vitali del proprio essere. È allora che si manifesta il demonico. È la irruzione, dalla subcoscienza, di una forza che prende il posto del vero Io e lo asserve, liberandolo, per così dire, da sé stesso: l’Io si identifica a questa forza che non ha una forma e non ha un limite, ma è intensamente vitale, per cui spesso da tale regressione si trae una specie di sensazione estatica, si sperimenta una esaltazione e un trasporto che spesso rendono capaci di azioni, di sforzi e di imprese di là dall’ordinario. Ma in tali casi non è più veramente l’Io – un essere libero – ad agire: il retroscena, è una distruzione interna della forma personale, è un’abdicazione.

Quando il «demonico» aveva ancora un carattere teologico e spettacolare si parlava – di fronte a fenomeni certamente diversi ed enigmatici, ma di non diversa struttura – di «ossessione», di invasamento. Si parlava anche di un «perdere la propria anima». Sono nozioni il cui contenuto oggettivo e neutro, come si vede, può restare valido con riferimento a comportamenti che non riguardano il mondo delle streghe, degli sciamani e dei medium, e nemmeno il settore patologico dell’isterismo, della schizofrenia, della scissione della personalità, ma che possono dirsi diffusissimi nello stesso mondo contemporaneo più «progressista».

((immagine tratta liberamente e senza modifiche da pixabay.com (free simplified pixabay license; author: kalhh)

Si è che l’uomo moderno ha un ridottissimo potere di introspezione; non discerne quasi affatto i mutamenti sottili di polarità che si verificano nella sua vita psichica o, per dir meglio, non vi dà peso, non ne scorge i retroscena. Lo Jung dice giustamente che il posto degli antichi spiriti e demoni oggi è preso dagli «ismi», ossia dalle varie correnti collettive con desinenze in «ismo». L’uomo moderno si apre a tali correnti, se ne fa trasportare, ne trae una più intensa sensazione di vita: come nelle ossessioni. Oppure si tratta delle situazioni in cui non è tanto l’Io che ha un’idea, ma è un’idea che ha l’Io e di lui si serve. Il mondo politico della demagogia, del fanatismo partitico, in alcuni suoi aspetti deteriori perfino del nazionalismo, presenta una interessante materia di questa luce.

Tale esame potrebbe essere esteso a certi fenomeni di infatuazione collettiva popolare, come per esempio quelli connessi a molti sport, fenomeni nei quali il cedimento interiore dell’Io, per essere momentaneo, intermittente e ancora meno avvertibile, non ha tuttavia una struttura diversa da quella dei casi più acuti. Ma si può andare ancora oltre: tutta la parte che hanno sesso e donna nel mondo d’oggi quasi nei termini di una intossicazione erotica cronica e di un continuo eccitante psichico ha fatto giustamente parlare ad alcuni di una «moderna demonia del sesso».

Ancor un altro settore da considerare: quello dell’economia. Basta riandare alla magistrale analisi delle forme estreme dell’alto capitalismo fatta da Werner Sombart. A tale riguardo, il Sombart ha usato l’immagine del «gigante scatenato»: è l’emanciparsi dell’economia e dei processi economico-produttivi, che invece di servire l’uomo lo riducono a loro strumento. Praticamente e psicologicamente si tratta di alcune figure di capitalisti che finiscono col divenire gli schiavi dei processi da loro stessi creati e alimentati e che non possono più essere frenati, tanto da apparire dei semplici, e quasi ascetici, moltiplicatori e amministratori della ricchezza, a cui sacrificano fanaticamente libertà e felicità, senza badare alle calamità, alle crisi e alle distruzioni interne che spesso ne derivano in quadri talvolta intercontinentali. Ciò che il Sombart ha giustamente stigmatizzato come una parola d’ordine dell’economia di oggi: fiat productio, pereat homo, non può che caratterizzare un altro aspetto di una vera «demonia» nel senso specifico, psicologico, che qui ci siamo sforzati di chiarire. Da tutto ciò appare chiaramente la fecondità che la ripresa di un concetto, che sembrava relegato nell’inventario di un’epoca sorpassata, può avere perfino per lo studio della vera fisionomia del mondo moderno.

L’immagine in evidenza è tratta liberamente e senza modifiche da pixabay.com (free simplified pixabay license; author: geralt)



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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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