di Julius Evola
tratto da “La Vita italiana”, XXVIII, 328, luglio 1940, pp. 39-47 (poi inserito nell’antologia “Scritti sulla Massoneria”, edito da Settimo Sigillo, e su “Scritti sulla Massoneria volgare speculativa” Edizioni Arya)
segue dalla prima parte
Si è convenuto di chiamar «speculativa» la forma nuova della massoneria manifestatasi originariamente in Inghilterra, non perché essa non «operasse» – fu proprio essa, invece, ad operare socialmente e politicamente -, ma perché cessò di aver per centro il compito di formazione e trasformazione spirituale di un certo gruppo di eletti e si dette invece a «speculazioni», cioè alla creazione di una certa ideologia, essenzialmente razionalistica, deistica e liberistica, che fu proposta come dogma di contro ai veri dogmi e ad ogni forma positiva di autorità e come base per una unità di uomini di buona volontà, senza distinzione di mestiere, razza, religione o nazione.

Iniziazione massonica al grado di Cavaliere di Kadosh: con la spada vengono colpite la corona austriaca e la tiara pontificia. Più esplicito di così…
Invece di essere una organizzazione «qualitativa» ed iniziatica, essa volle essere una chiesa riabbracciante, nella sua universalità, uomini di ogni fede e di ogni paese. Il centro di questa massoneria «speculativa» fu la Grande Loggia d’Inghilterra. I caratteri livellatori e democratici di siffatta ideologia nel XVIII secolo non stavano però, come oggi, in primo piano. La massoneria, questa ideologia la offriva invece agli «spiriti eletti»; essa intendeva «illuminare le menti» e si presentava come il grande centro che doveva dissipare le tenebre del secolo e confondere ad un tempo le vane superstizioni delle età trascorse e la cieca ostinazione degli atei. Come tale – a quel tempo – essa dichiarava di poter esser solo compresa e seguita da una élite, dal «fiore» della società di ogni nazione.
Ed essenzialmente per tal via la massoneria sedusse la nobiltà, prima quella inglese e poi quella francese, raggiungendo un doppio scopo: quello di sfaldare le forze che, al palesarsi della sovversione, avrebbero potuto organizzare una valida ed efficace resistenza; poi, di assicurarsi il più efficace strumento d’influenza, data la posizione che aveva la classe, che da essa doveva lasciarsi sedurre fino ad accettare la parte di paladina delle idee, che le dovevano scavare la fossa. Questa azione è ampiamente documentata dal Faÿ. La massoneria speculativa settecentesca vuole offrire al mondo una aristocrazia nuova, essenzialmente intellettuale e morale e propone alla nobiltà di divenirne il nucleo centrale. Cosi si forma una stretta connessione fra nobiltà e massoneria. I nobili entrando nella massoneria pensano di acquistarsi dei titoli nuovi, di impossessarsi di una nuova autorità – e la setta non risparmia mezzi per alimentare questa illusione e per lusingare in ogni modo la vanità di quella classe decaduta o incosciente.
Il Faÿ tende a ricondurre a simili finalità di seduzione e di suggestione l’insieme del ritualismo e del simbolismo massonico e l’uso del mistero: occorreva creare una atmosfera nuova, ricorrere alla potenza dell immaginazione e al fascino dell’occulto. Ed anche per questo sarebbero stati creati, in Inghilterra e poi sopratutto in Francia e Germania, gli «alti gradi», contrassegnati da denominazioni fra le più suggestive, che la precedente massoneria «operativa» ignorava:
«essi nacquero dal bisogno di sublimare la massoneria e di togliere quell’aspetto professionale, che per forza doveva urtare dei cavalieri, degli uomini per i quali il lavoro manuale era da secoli una macchia che offusca per sempre un blasone».
Questa spiegazione semplicemente «invenzionistica» è però unilaterale. È più probabile che gli alti gradi e i simboli corrispondenti preesistessero in un qualche modo e fossero ripresi da altre tradizioni di tipo iniziatico, come, per esempio i Rosacroce e i Templari. Ed è anche possibile che si trattasse di un azione di ben più sottile seduzione, cioè non di quella che agisce sulla fantasia mediante simboli fantastici e miti bizzarri inventati ad hoc, ma di quella che, rievocando tradizioni con le quali gli avi di quella nobiltà spesso avevano avute intime relazioni, captò e pervertì attraverso delle contraffazioni alcune disposizioni o vocazioni spirituali latenti nel ceto, che la setta voleva asservire. Certo è, in ogni modo, che esiste la più aperta contraddizione fra il corpus simbolico e rituale della massoneria «speculativa» e la sua «religione» razionalistica e livellatrice e che la spiegazione «invenzionistica» del Faÿ è, nel riguardo, superficiale e inadeguata.
Per varie vie, fra il 1720 e il 1750 la massoneria giunge ad infeudarsi la gran parte dell’alta società britannica e ad ottener l’appoggio della stessa dinastia degli Hannover. E poiché quella società, come si è detto, faceva da modello al «gran mondo» settecentesco in genere, ma particolarmente a quello francese, l’ulteriore lavoro d’infiltrazione fu relativamente facile.
«Verso la meta del Settecento l’Europa È avvolta in una atmosfera di massoneria. Dappertutto ci sono massoni, dappertutto ci sono conciliaboli segreti, dappertutto ci sono logge mistiche e logge regolari, dappertutto ci sono avventurieri, che offrono il supremo mistero ai gran signori, titoli fiammeggianti ai nobili, spade e cazzuole d ‘oro ai borghesi. Dappertutto sono prodigati i lumi. [. . .] L’Inghilterra è giunta allo zenit della gloria, la sua influenza si fa sentire in ogni luogo. Non sono neppure più dei duchi che occupano il gran magistero, visi insedia la famiglia reale».
Quanto però ai paesi latini e alla stessa Germania, questo infiltrarsi della sovversione ha avuto vari retroscena, dal Faÿ non considerati, e i dirigenti segreti corsero più di una volta il pericolo di vedersi ritorcere l’azione da essi promossa. Tale è per esempio il caso del cavaliere di Ramsay, che tentò di instaurare una massoneria cavalleresca tradizionale, che facesse appello alla nobiltà giovane e come ordine regio si ponesse sotto l’egida dei Re di Francia e della Chiesa cattolica; caso analogo fu quello degli ambienti cui si riconnetteva il conte Joseph de Maistre, massone eppure cattolico e schietto tradizionalista, nelle dottrine del quale il sovversivismo ideologico massonico è affatto assente; tale, ancora, il caso di alcuni gruppi massonici tedeschi.
Ma queste reazioni contrastanti non ebbero una efficacia sensibile sull’andamento generale dell’infiltrazione massonica – e nemmeno giovò il fatto che la Chiesa cattolica, svincolandosi dal tentativo della massoneria di infiltrarsi anche fra le sue fila, condannasse la setta: ciò si risolve anzi in un vantaggio per un’azione, che tendeva a ravvicinare tutti coloro che volevano sfuggire alla dominazione della Chiesa e si compiacevano di essere spiriti liberi e «moderni», menti audaci ed illuminate. Si viene così all’ultima fase dell’azione rivoluzionaria, intellettuale concentratasi in Francia. Si dà l’ultima spinta alla dissoluzione della vecchia civiltà monarchica e cattolica francese e con l’organizzazione dell’enciclopedismo, sviluppatosi in schietta atmosfera massonica, si porta il fermento al suo stadio attivo e virulento. Ideologicamente l’enciclopedismo, e socialmente il suicidio massonico dell’alta nobiltà sono gli immediati antecedenti della Rivoluzione francese. Lasciamo parlare il Faÿ:
«È lo spettacolo più curioso di questi anni splendidi e febbrili che preparano la Rivoluzione. La massoneria ha messo la mano sull’alta nobiltà e attraverso di essa fa, mette alla moda, impone una propaganda filantropica, egualitaria, antinobiliare. Si assiste al suicidio massonico dell’alta nobiltà. Gli storici che vedono nella Rivoluzione l’esito fatale degli «abusi» del vecchio regime, si compiacciono nel mostrare le ragioni che potevano avere il popolino, i contadini, gli operai per sollevarsi contro il governo di Luigi XVI; e per spiegare questi fenomeni trovano dei motivi economici, sociali, politici, che li soddisfino. Ma di solito toccano appena la parte di questa alta nobiltà, senza la quale, pertanto, la Rivoluzione non avrebbe mai potuto mettersi in moto.
L’impulso rivoluzionario, i fondi rivoluzionari, i capi rivoluzionari, durante i due primi anni della Rivoluzione, provengono dalle classi privilegiate. Se il duca d’Orléans, Mirabeau, la Fayette, se la famiglia dei Noailles, i La Rochefoucauld, i Bouillon, i Lameth e gli altri nobili liberali non avessero disertato la nobiltà per abbracciare la causa del Terzo stato e della Rivoluzione, ai rivoluzionari sarebbe mancato il complemento che permise loro di trionfare fin dal principio. Ora, tutti questi nobili che abbracciarono alla prima la causa delle idee nuove, sebbene in seguito dovessero perdervi il patrimonio, il rango sociale e la vita, erano tutti massoni e non si può scorgervi un caso fortuito, a meno di voler negare l’evidenza».
È peccato che il Faÿ, una volta documentata l’azione massonica preparativa fino alle soglie della Rivoluzione francese, non inquadri gli sviluppi ulteriori, nel riguardo dei quali anzi egli palesa vedute secondo noi inesatte. Egli pensa che con il 1792 e il 1795, con i massacri e le guerre esterne la massoneria si rattrappisce, si addormenta, si rintana, si trasforma, subisce lo spirito rivoluzionario che aveva propiziato:
«la massoneria del secolo XVIII ha originato lo spirito rivoluzionario, lo spirito rivoluzionario ha originate le rivoluzioni e le rivoluzioni hanno originato una massoneria nuova»,
diversa da quella intellettuale settecentesca che si preoccupa innanzi tutto di operare sulla mente e sull’animo degli uomini. Come è che il Faÿ, che pur scrive:
«La massoneria non fa le rivoluzioni; le prepara e le continua. Lascia che suoi membri le facciano, e a volte li spinge a farle, ma durante le rivoluzioni sparisce, per riapparire poi, più brillante e piu viva»,
come è che il Faÿ, che pure ha visto ben chiaro questo punto, non si è dato a individuare i legami di continuità dell’azione massonica, di là dalle sue varie forme sopra tutto in base alla logica intima di tanti avvenimenti, dal Settecento fino a tutto il secolo successivo?
Là dove la massoneria si rintana e sembra scomparire dalla storia, vuol dire che essa ha trovato degli strumenti che agiscono per lei, anche quando essi non lo sospettano e pensano di perseguire interessi affatto diversi. Lo stesso Faÿ vede bene che la massoneria ha celebrato la più stretta unione con la Chiesa inglese e con le forze aristocratiche conservatrici, nazionalistiche e diciamo pure imperialistiche inglesi: ciò basterebbe come filo conduttore per scoprire il vero senso e il carattere massonico di molti aspetti dell’azione della Gran Bretagna nel mondo moderno.

Simbolo del 32° e penultimo grado del rito massonico scozzese (Principe del Real Segreto)
Tuttavia il Faÿ accenna di passata ad un punto degno di meditazione, quando scrive:
«La massoneria che non voleva esser nè una religione, nè una setta, nè un partito, ma proclamava come suo vero fine l’unione degli uomini, sembra precorrere quei secoli, che saranno ossessionati dalla idea di associazione e dalla preoccupazione del collettivo; nel secolo XVIII essa preparò l’Ottocento e predispose gli animi al culto del “fatto sociale”; è essa stessa una specie di Dio sociale, che non vuole rendere conti a nessuno e non riconosce nessun superiore».
Segnaliamo infine come una lacuna nel libro, pur cosi interessante, del Faÿ, il fatto, che egli ha del tutto trascurato un problema importante, quello dei rapporti tra massoneria ed ebraismo e quindi nei suoi numerosi accenni a persone e ad ambienti mai si è curato di vedere, che parte, eventualmente, abbia avuto l’elemento giudaico, fin dal periodo settecentesco, nella preparazione della sovversione mondiale. Nel segnalare questa lacuna, dobbiamo però anche segnalare, ancora una volta, l’unilateralità della tesi estremista che mette unicamente a carico dell’ebraismo tutta l’opera sovversiva e di disgregazione della tradizione europea.
Già in quel che si è qui accennato sulla base delle esposizioni del Faÿ vi sono elementi sufficienti per convincersi di una tale unilateralità. Perchè la tesi radicale antisemita ora accennata sia vera, occorrerebbe dimostrare, fra l’altro, che l’azione assolutistica dei Re di Francia, la quale creò una nobiltà spostata facile preda della massoneria, sia stata ispirata dall’ebraismo; in secondo luogo, che degli ebrei siano stati gi autori del punto fondamentale di svolta, costituito dalla trasformazione della massoneria «operativava» in «speculativa»; infine che gli antecedenti ideologici e preparatori della rivoluzione intellettuale massonica, costituiti dal protestantesimo e dal pensiero, già a suo modo illuministico, della Rinascenza, siano di nuovo fenomeni ebraici – assunto, questo, piuttosto arduo.
L’opera del Faÿ, mettendo in rilievo anche la parte fondamentale avuta da tutti questi fattori nell’azione sovversiva, permette dunque di formarsi una imagine piu completa e approfondita della stessa, imagine che a sua volta potrà servir da base per una indagine ulteriore.
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