Se l’intervista a Rodolfo Sideri pubblicata pochi giorni fa ha chiarito il ruolo di Evola nel Fascismo e nella cultura italiana del Ventennio, per scoprire i rapporti di Evola con il Nazionalsocialismo, ci affidiamo a Maurizio Rossi, intervistato a margine del convegno “Ripartire da Evola” del 30 gennaio scorso a Roma. Rossi ci racconta di un Evola consapevole della sua funzione, quella di tentare una rettificazione della welthanschauung nazionalsocialista, epurandola dalle scorie di un razzismo esclusivamente biologico e di un pangermanesimo piuttosto limitativo. Parimenti, Rossi descrive un Evola che seppe essere autorevole tramite tra la provinciale cultura italiana e le migliori menti di quella tedesca, mobilitate nel segno di una lotta per la visione del mondo.
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D. Un aspetto critico in seno al Nazionalsocialismo era rappresentato secondo Evola dall’esaltazione del dato razziale in senso puramente biologico, dal mito del sangue e della terra, in poche parole da tutte le derivazioni di tipo naturalistico, immanentistico, panteistico e vitalistico tipiche in fondo del Romanticismo tedesco cui in parte si rifaceva la Weltanschauung Ci può spiegare esattamente i termini di questo problema? La concezione tripartita della razza secondo Evola (razza dello spirito, dell’anima, del sangue) non ebbe effettivamente alcun seguito in Germania?
R. Innanzitutto, Evola riconosceva al Nazionalsocialismo la validità del suo giusto operare per la salvaguardia culturale e razziale della specifica natura del popolo tedesco e della sua preziosa anima etnica, però, allo stesso tempo, non poteva esimersi dal criticare il rischio del suo scivolare verso una deriva di matrice esclusivamente scientifico-biologica e zootecnica. Una interpretazione che spesso si manifestava come prioritaria in alcuni settori medico-scientifici dell’ambiente nazionalsocialista riconducibili alle teorie eugenetiche e di igiene razziale di esponenti come Erwin Baur, Fritz Lenz, Karl Brandt. Ovviamente, una simile e naturalistica chiave di lettura privava la dottrina della razza dei suoi elementi più qualificanti, quelli riconducibili ai valori olimpici e solari di una superiore visione etica e spirituale nordico-aria della vita e del mondo.
La tutela legislativa della salute politica del popolo e le misure di profilassi razziale contro il caos etnico erano, per Evola, senz’altro da approvare, come pure i provvedimenti relativi alla questione ebraica, ma non avrebbero assolutamente dovuto servire da giustificazione ad un nuovo determinismo biologico e giusnaturalista anche se rivisitato in chiave nazionalsocialista, che in tal caso non avrebbe nemmeno rappresentato una significativa risposta alla drammatica decomposizione imbastardente scatenata dalla modernità. Alla «democratizzazione del sangue» che alcuni nazionalsocialisti implicitamente proponevano in maniera irrazionale, giungendo infine ad attribuire in maniera estremistica esclusivamente ai tedeschi e a pochi altri fortunati il riconoscimento onorifico di arianità, escludendo di fatto alcune famiglie di popoli europei appartenenti al medesimo ceppo originario, Evola contrapponeva il richiamo alla visione tradizionale della razza e del sangue, ovvero al qualificante ed in ordine ristabilimento gerarchico delle differenze qualitative, dell’identificazione tra Spirito e Vita, della preminenza dei valori spirituali, culturali, politici ed eroici sui disvalori bassamente materialistici e massificanti.
La dottrina della razza doveva essere aristocratica, rettificante e qualitativa e ricondursi ad un più vasto patrimonio, allora lo Spirito avrebbe agevolmente trasmesso al sangue la superiorità dei valori. Giungendo infine a sottolineare che non bisognasse cadere nell’errore di ritenere che fosse principalmente il caos etnico ad avviare il processo di decadenza razziale, bensì, era invece proprio la decadenza caratteriale e spirituale interna della razza a produrre le condizioni favorevoli per generare il caos etnico. La mescolanza del sangue e l’intorbidamento culturale erano quindi l’effetto, ma non la causa. In sostanza, l’imbastardimento spirituale precedeva sempre e comunque quello biologico. Una razza consapevole della sua identità, determinata dalla triplice funzione organica di spirito-anima-corpo, e ben radicata in essa non correrebbe mai questo rischio e saprebbe difendersi per riflesso istintivo. Ciò nonostante, Evola riconobbe al Nazionalsocialismo l’indubbio merito di essersi posto con decisione, evento unico nella storia moderna, come assertore di una lotta per la Visione del Mondo che andasse ben più in là delle costruzioni ideologiche, investendo lo stesso dominio dei valori, della vita e dello spirito, proprio partendo dall’idea della razza e di gerarchia e volendosi ricollegare all’antica tradizione nordico-aria dei popoli germanici.
Una Visione del Mondo che in virtù di quei riferimenti si contrapponeva all’egualitarismo democratico, all’universalismo religioso, alla massoneria e al cospirazionismo occulto, al sovversivismo liberale e marxista, all’economicismo e al capitalismo, al contrattualismo borghese e al diritto soggettivo, al cosmopolitismo uniformante e alle degenerazioni pseudo-culturali. Un violento e deciso rifiuto a tutto campo che lasciava ben sperare Evola riguardo ad una autentica controtendenza nei confronti di tutti gli aspetti e di tutte le manifestazioni della società moderna, anche se talvolta l’entusiasmo rivoluzionario dei nazionalsocialisti gli apparve iconoclastico e molto sopra le righe. Perfino la riforma nazionalsocialista della polizia, gli parve andare incontro a tali aspettative; difatti, in un suo articolo pubblicato su Il Regime Fascista del 17/12/1940, scrisse parole elogiative in merito: «Non si tratta più qui della polizia di vecchio tipo definita unicamente da compiti di repressione della criminalità. Il concetto di polizia da Himmler è stato rinnovato, integrato e dignificato nei termini di una funzione «positiva», avente in vista non solo il volgare delinquente, ma anche e soprattutto tutto quel che, in una qualunque sede, perfino puramente spirituale, possa pregiudicare o alterare e far deviare il nuovo ordinamento».
Tra gli esponenti di questa Visione del Mondo vi furono nazionalsocialisti di ottimo livello, non pochi per la verità, come Hans Friedrich Karl Günther, Ludwig Ferdinand Clauss e Alfred Baeumler, che riconobbero la profondità del pensiero di Evola e la rigorosità della sua lettura tradizionale dell’idea della razza, non trovando in essa alcun motivo di attrito con quanto il Nazionalsocialismo andava affermando nelle sue forme migliori.
D. Tra gli aspetti del Nazionalsocialismo che invece convinsero di più Evola, ci fu senz’altro quello del cd. Ordensstaatsgedanke, vale a dire l’ideale di uno Stato retto non da una “classe dirigente” in perfetto stile democratico, bensì da un “Ordine”, da una élite plasmata da un’idea spirituale superiore, da una severa disciplina, da uno stile di vita ascetico-guerriero, di cui le SS apparvero agli occhi di Evola un esempio fondamentale. Ci può spiegare più dettagliatamente questo punto e ci può ricordare quali erano, in Germania, gli aspetti principali di questa formazione volta alla selezione delle nuove aristocrazie germaniche?
Come abbiamo detto, Evola espresse in linea di massima un giudizio favorevole nei confronti di ciò che il Nazionalsocialismo aveva definito come Kampf um die Weltanschauung, la Lotta per la Visione del Mondo, un concetto che era molto importante e molto diffuso nel Terzo Reich. Ovviamente cercava anche dei riscontri concreti di tutto questo, che avvalorassero seriamente una tale volontà. Li trovò in determinati organismi politici come la SS e nelle nuove strutture educative che vennero create, totalmente ex novo, dall’apparato nazionalsocialista per dare corso a quella rivoluzione culturale, spirituale e addirittura antropologica che il regime imponeva alle nuove generazioni. Lo stesso SD di Reinhard Heydrich, per determinati suoi compiti di natura ideologica e culturale, ricevette da Evola una positiva valutazione: «Già da tempo nella SS si era costituito l’SD, o «Servizio di Sicurezza» (Sicherheitsdienst) che in origine avrebbe dovuto svolgere anche attività culturali e di controllo culturale (dichiarazione di Himmler del 1937). Se in seguito, l’SD si sviluppò in diverse direzioni, compreso il controspionaggio, il suo Ufficio VII mantenne quel carattere e dell’SD fecero parte anche seri studiosi e professori. Peraltro accadeva che si potesse divenire una SS «d’ufficio», ad honorem (Ehrendienst, servizio onorifico), nel caso di quelle personalità della cultura che si giudicava dessero un contributo valido nell’accennata direzione».
Nello specifico, proprio nella SS vide emergere una nuova sostanza umana dal carattere marcato e dallo spirito forte che confermava nei fatti una rivoluzione ideologica, culturale e antropologica in atto, l’affermarsi di una nuova aristocrazia guerriera di qualificati soldati politici idonei a farsi carico della battaglia per l’affermazione di una Visione del Mondo qualitativamente superiore necessaria per la rigenerazione politico-spirituale dell’Europa. Non sarà stato allora un caso se la SS poteva fregiarsi di essere una Weltanschaulicher Stosstrupp, una truppa di rottura nell’ambito della Visione del Mondo e di porsi quindi all’avanguardia nella formulazione dei nuovi contenuti etici e ideologici del Terzo Reich.
Altresì, Evola rimase colpito dalla serietà che caratterizzavano i processi selettivi e educativi nelle Napola, nelle Adolf Hitler Schulen e negli Ordensburgen, dove vide con soddisfazione affermarsi una solida élite politica consapevole dei suoi compiti e formatasi ad una salda conoscenza dei principi e dei valori. Sembrava che i miti di Sparta e gli ideali politici di Platone fossero tornati in auge proprio grazie al Nazionalsocialismo. D’altronde, lo stesso Evola potette constatare come le assonanze ideologiche fra il Nazionalsocialismo e Platone fossero innumerevoli. Anche il Nazionalsocialismo con la sua Visione del Mondo si fece interprete della vita umana come di una superiore totalità organica di anima e corpo, della supremazia dei valori politici e spirituali sui disvalori economicistici e materialisti e della totale subordinazione dell’economia alle prioritarie esigenze e necessità dello Stato; come si fece promotore di severe misure per la tutela della salute del popolo e del «buon sangue» in esso contenuto, in totale aderenza al dato archetipico della razza che dal piano del divenire doveva sfociare in quello dell’essere e poi di una particolare scopo della pedagogia politica per l’educazione della gioventù e per la severa selezione qualitativa della élite. Furono in molti e non solamente in Germania a intravedere nell’affermazione nazionalsocialista una possibile reviviscenza delle idee politiche di Platone sulla concezione dello Stato e su di un retto ordinamento civile.
Proprio nella SS e negli organismi educativi, Evola vide ripreso con cognizione di causa il tema dello Ordensstaatsgedanke, ovvero della concezione dello Stato organico inteso come un Ordine virile e gerarchico che si identificava totalmente con la volontà politica dell’aristocrazia politico-spirituale che lo guidava. Mentre, nella prassi educativa in vigore in quegli speciali Istituti Evola vide riproposto con efficacia l’ideale spartano del Kalòs kài aghathòs, l’obiettivo di una nuova gioventù educata alla forma perfetta, allo stile esemplare e all’eroica volontà di potenza nel senso voluto da Nietzsche, l’aspirazione ad un «Uomo Nuovo», un prezioso distillato di tutti quei valori solari e olimpici riconducibili alla bellezza della razza, alla severa compostezza, all’Ordine interiore e alla sobrietà caratteriale, nel senso e nella direzione che era stata, molti secoli prima, indicata da Platone e praticata a Sparta e che il Nazionalsocialismo voleva tenacemente realizzare. Sarebbe stata l’Agoghé della gioventù tedesca, la manifestazione di una nuova doricità attraverso una Stimmung nazionalsocialista e neoplatonica dove i principi di bello-buono-giusto sarebbero tornati a coincidere attraverso i cànoni di un severo addestramento al contempo sportivo, militare, ideologico e filosofico, addestramento al lavoro con periodici tirocini nelle campagne e nelle fabbriche; nell’insieme si trattava di un addestramento alla vita e al corretto ordinamento politico della vita che avrebbe irrobustito il carattere dei giovani cadetti con ricadute positive sulla loro tenuta spirituale.
L’enorme sforzo che il Nazionalsocialismo stava compiendo in questo campo venne interpretato da Evola come un significativo salto di qualità, tanto da consentirgli di pensare al Terzo Reich come ad una condivisibile forma tradizionale in divenire, nonostante il contesto moderno in cui essa si trovava ad agire. Questa gioventù, così formata e così rivoluzionata nell’anima e nello spirito, avrebbe poi fornito durante la seconda guerra mondiale prove esemplari di costanza, durezza e sacrificio, di fanatica vocazione guerriera in battaglia, di assoluta aderenza alla Visione del Mondo e di totale obbedienza ai loro capi, costituendo il nerbo delle divisioni della Waffen SS.
D. L’intensa attività svolta da Evola negli anni Trenta negli ambienti mitteleuropei, come ad esempio le conferenze tenute all’Herrenklub di Heinrich von Gleichen, gli valsero le attenzioni del Partito Nazionalsocialista e dello stesso Himmler. Quali furono, in particolare, i contatti ed i rapporti di collaborazione che Evola ebbe con le strutture ufficiali del NSDAP e con diversi settori delle SS tra cui l’Ahnenerbe? E quali furono le valutazioni dell’Ahnenerbe sulla figura di Evola, che possiamo rintracciare in alcuni documenti ufficiali o testimonianze dell’epoca?
Proprio così, Evola non è mai stato uno sconosciuto in Germania, le sue opere tradotte e pubblicate contribuirono a qualificarlo come un pensatore di spessore e anche come un interlocutore credibile, soprattutto per alcuni ambienti riconducibili all’esperienza globale della cosiddetta Rivoluzione Conservatrice, che anche dopo la vittoria nazionalsocialista continuarono ad essere tollerati dalle gerarchie del Terzo Reich. In particolare Imperialismo pagano, la cui edizione tedesca Heidnischer Imperialismus risale al 1933 a pochi mesi dall’affermazione di Adolf Hitler, contribuì in maniera determinante a diffonderne l’immagine di intransigente difensore ghibellino della Tradizione imperiale romano-germanica, dell’Imperium quale sintesi di spiritualità solare e di regalità sovraordinata, oltre che di avversario del guelfismo e dello spirito ebraico. Peraltro l’edizione tedesca presentava alcune sostanziali differenze rispetto a quella italiana, come spiegò lo stesso Evola il testo venne da lui notevolmente ampliato, riveduto e modificato in modo tale che potesse essere compreso e diffuso tra il pubblico tedesco.
Inoltre portava una premessa dell’editore tedesco che metteva in risalto la vittoria del Nazionalsocialismo e auspicava un proficuo confronto tra esso e l’opera speculativa di Evola. Anche il traduttore del testo, Friedrich Bauer, che successivamente nel 1935 tradurrà Rivolta contro il Mondo moderno, aggiungerà una nota finale altamente elogiativa nei confronti dell’autore. Per inciso, la casa editrice era la Armanen-Verlag di Lipsia, che godeva di grande prestigio e di ampia diffusione e pubblicava prevalentemente testi di autori Volkisch-nazionalisti e nazionalsocialisti. A questo punto, il ghiaccio era stato rotto, incominciarono gradualmente le collaborazioni di Evola con alcune riviste, poi con il tempo arrivarono anche gli inviti per alcune conferenze, e per forza di cose venne costantemente attenzionato dagli apparati del SD, che comunque gli permisero di svolgere queste sue attività in Germania sotto il loro occhio vigile. Proprio gli uomini di quell’Ufficio VII Weltanschauliche Forschung che indagava sui nemici della Visione del Mondo e che troverà poi l’apprezzamento dello stesso Evola, vennero incaricati di controllarlo e di investigare sul suo pensiero. Complessivamente il loro giudizio non sarà positivo, gli contestarono di non saper comprendere la «sostanza popolare» del Terzo Reich e la sua duplice componente nazionalista e socialista, di criticare eccessivamente l’idea della Volksgemeinschaft e la loro visione razziale. Non lo giudicheranno però mai come un nemico, altrimenti non gli avrebbero permesso di scrivere, di tenere conferenze e di frequentare conoscenze in Germania, ma ritennero che non andava sostenuto né incoraggiato, salvo in alcune circostanze che potevano tornare comodo.
Diverso sarà invece il giudizio dell’Ahnenerbe SS nei confronti di Evola. Gli SS Standartenführer Wolfram Sievers e Walther Wüst, figure di vertice dell’Ahnenerbe, studiosi di indoeuropeistica, di sanscrito e di culture tradizionali e germaniche, Wüst fu anche docente e rettore dell’Ateneo di Monaco, che lo conobbero personalmente ed ebbero con lui interessanti scambi a carattere dottrinario, maturarono un grande rispetto nei suoi confronti ritenendolo una marcata personalità dalla grande profondità spirituale. A loro avviso, Evola doveva essere sollecitato nel proseguire nella sua attività che pur con determinate differenze andava incontro alle necessità operative del Terzo Reich, pur senza utilizzarlo come un collaboratore ufficiale nei loro organismi di propaganda. Grazie a loro e a un successivo tiepido ammorbidimento del SD, il Reichsführer SS Heinrich Himmler guarderà con attenzione e simpatia ad Evola. Dopo lo scoppio della guerra, anche il NSDAP, attraverso il suo dirigente del dipartimento di politica razziale Walther Gross, si interesserà a lui. Altrimenti, come spiegare il fondamentale avvallo tedesco alla sua candidatura come direttore della rivista in cantiere Sangue e Spirito? Come spiegare, altresì, all’indomani del tradimento del 25 luglio, la preoccupazione delle SS di portarlo al sicuro in Germania per proteggerlo da ritorsioni? Evidentemente le posizioni erano cambiate.
D. Evola si prodigò con tutte le sue forze per avvicinare Fascismo e Nazionalsocialismo e prefigurare una convergenza innanzitutto e soprattutto culturale tra romanità e germanesimo, nonostante le spinte centrifughe in entrambi i contesti fossero molte e molto radicate. Ci può spiegare con quali iniziative Evola cercò di attuare questo progetto, quali ostacoli incontrò e quali risultati ottenne concretamente?
Per oltre quindici anni, Evola fece l’impossibile affinché il mondo latino e quello germanico si incontrassero all’insegna di comuni valori, di comuni consapevolezze, d’altronde era quello che già aveva auspicato sulle pagine di Imperialismo pagano richiamando l’unione delle due Aquile, quella romana e quella tedesca. Le grandi diramazioni, quella ario-romana e quella nordico-aria, di una comune Tradizione. Il Fascismo e il Nazionalsocialismo dovevano marciare assieme in maniera più organica, più ordinata, con marcate sensibilità dirette verso una visione ghibellina, imperiale e sacrale dell’Europa. Instancabilmente Evola utilizzò tutti gli strumenti che aveva a disposizione, articoli, libri, conferenze, contatti personali.
Non sarebbe esagerato dire che pianificò strategicamente il campo delle sue attività e il loro raggio d’azione, al fine di valutarne l’efficacia. Senza ombra di dubbio fu molto «politico» in questo suo agire e nell’individuazione degli obiettivi da conseguire, insomma una vera personalità militante totus politicus, nel significato superiore del termine. Come sappiamo, i viaggi compiuti da Evola in Germania furono numerosi e gli venne permessa una libertà d’espressione che era allora impensabile agli stessi cittadini tedeschi, cosa che egli ebbe sempre modo di rimarcare, e ciò avvenne proprio in virtù del suo nobile portamento, dell’alta statura intellettuale e dell’enorme correttezza che lo contraddistingueva. Non dimentichiamoci, inoltre, che Evola agiva sempre in prima persona, poteva esclusivamente contare sulle proprie capacità e sul prestigio personale, nel misurarsi specie in Germania con potenti organismi politici che disponevano di uomini, mezzi e risorse illimitate. Soltanto nel 1942 in occasione del progetto della rivista bilingue Sangue e Spirito ricevette una investitura ufficiale dal Duce.
Nonostante le enormi difficoltà e le tante incomprensioni che si trovò a dovere affrontare, miopie politiche sia italiane che tedesche, gelosie pseudo-culturali, ostilità vere e proprie da parte della borghesia, della massoneria e del clero, ritengo che sia riuscito in maniera significativa a dissipare molti equivoci dottrinari, come quelli fra romanità e germanesimo, rettificando autorevolmente le chiavi di lettura, favorendo così una possibilità di reciproca comprensione quanto meno culturale tra il Fascismo e il Nazionalsocialismo, sollecitando e sensibilizzando contestualmente entrambi i regimi ad una maggiore attenzione di ordine politico-spirituale sul significato tradizionale di quelle forme originarie a cui si richiamavano sia sul piano simbolico che su quello evocativo, sulla vera Idea dello Stato organico e sull’esaltante meta chiamata «Uomo Nuovo».
'Julius Evola, l’Asse Roma-Berlino ed il sogno (possibile) dell’Uomo Nuovo. Intervista esclusiva a Maurizio Rossi' has no comments
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