Messaggio alla gioventù

di Julius Evola

(da I nostalgici, Brescia, numero unico, marzo 1950)

Nella seconda metà del 1949, da Brescia, Roberto Melchionda, uno dei principali esponenti dei cd. “Figli del Sole”, corrente radicale aristocratico-spirituale di ispirazione evoliana dominante all’interno del Raggruppamento Giovanile Studenti e Lavoratori dell’epoca, si mise in contatto epistolare con Evola, chiedendogli una collaborazione per una sua iniziativa pubblicistica. Evola, informatosi presso l’amico Goffredo Pistoni e avutane una risposta positiva, inviò verso la fine dell’anno un testo che sarebbe apparso nel numero unico I nostalgici del marzo 1950. In seguito, anche Melchionda, come Primo Siena, altro celebre esponente di spicco della corrente suddetta e dirigente centrale del Raggruppamento Giovanile, avrebbe avuto occasione di incontrare e conoscere personalmente Evola all’assemblea bolognese del Raggruppamento nel settembre del 1950.

(nota liberamente tratta dal quaderno “Idee per una destra“, a cura di Alessandro Barbera, edito dalla Fondazione Evola, 1997).

***

L’epoca in cui oggi ci si trova a vivere indica ben chiaro quale deve essere, prima di ogni altra, la nostra parola d’ordine: rialzarsi, risorgere interiormente, creare in sé stessi un ordine, una drittura. Nulla ha imparato dalle lezioni del passato chi si illude, oggi, circa le possibilità di una lotta puramente politica e circa il potere dell’una o dell’altra formula, o sistema, cui non faccia da precisa controparte una nuova qualità umana.

Ci si trova in mezzo ad un mondo di rovine – questo non va dimenticato. E la misura per ciò che può esser ancora salvato dipende unicamente dall’esistenza, o meno, di uomini che sanno stare ancora in piedi in mezzo a queste rovine, non per dettar formule, ma per essere esempi, non andando incontro alla demagogia e al materialismo delle masse, ma per ridestare forme diverse di sensibilità e di interesse.

Non lasciarsi andare, oggi, è la base. In questa società sbandata si deve esser capaci del lusso di avere un carattere. Bisognerebbe esser da tanto che, ancora prima di essere riconosciuti come i difensori di una idea politica, sia visibile una linea di vita, una coerenza interna, uno stile fatto di drittura e di coraggio intellettuale, in ogni umana relazione. Ciò, con semplicità, senza esibizionismi, grandi parole e puritanismi. All’impudente «chi te lo fa fare» degli altri, sia opposto un chiaro e fermo: «Noi, non possiamo fare altrimenti, la nostra via è questa». Se qualcosa di veramente positivo come un nuovo ordine potrà esser ancora raggiunto, non lo sarà attraverso le arti di agitatori e di politicanti democratici, ma attraverso il naturale prestigio e il riconoscimento di uomini, sia di ieri, sia, e ancor più, della generazione nuova, che di tanto siano capaci e in ciò diano garanzia per la loro idea.

La drittura implica tuttavia un giusto sapere. Specie i giovani debbono rendersi conto dell’intossicazione operata in tutta una generazione dalle varietà concordanti di una visione falsa della vita che l’ha disgregata e l’ha privata di interna forza di difesa quando essa più sarebbe stata necessaria. Nell’una o nell’altra forma, questi tossici continuano ad agire nell’attuale cultura, nella scienza nella sociologia, nella letteratura: focolari di infezione che vanno individuati e colpiti. Fra i principali di essi stanno il darwinismo, il marxismo, la psicanalisi, l’esistenzialismo. Una identica influenza degradante, un identico attacco contro l’uomo vero procede da queste ideologie.

Di contro al darwinismo va rivendicata la fondamentale dignità della persona umana e va riconosciuto il suo luogo, che non è quello di una particolare, più evoluta specie animale fra le altre, differenziatasi per «selezione naturale» e sempre legata ad origini bestiali e primitivistiche, ma tale, che esso decisamente si stacca dal piano biologico.

Di contro al marxismo e al socialismo va affermato che tutto ciò che è economia ed interesse economico ha avuto, ha e sempre avrà una funzione subordinata in una umanità normale, che forze d’altro genere determinano la storia ed ogni sana struttura politico-sociale, che errore esiziale è pensare che condizioni materiali d’ambiente e situazioni di benessere, di ricchezza o povertà possano esser decisive per il vero progresso umano.

Di contro alla psicanalisi valga l’ideale della personalità che non abdica, consapevole ed autonoma, sovrana di fronte alla parte notturna e sotterranea della sua anima e al demone della sessualità – né «repressa» né psicoticamente scissa, ma realizzante un sano equilibrio di tutte le sue facoltà ordinate ad un significato superiore del vivere e dell’agire.

Infine, a base dell’esistenzialismo va solo riconosciuta la verità di un tipo umano spezzato, giunto ad identificare l’esistenza in genere con ciò che sono i gradi più bassi ed irrazionali di essa, le sue forme prive di luce e di senso, compiacendovisi in una specie di autosadismo. Di contro a ciò, si abbia vivo il senso che l’«esistere» non è l’ultima istanza, che l’esistenza realizza anzi la sua pienezza solo in chi non guarda ad essa, in chi sa piegare e subordinate il semplice vivere a qualcosa di più che vivere.

Tali sono le linee di superamenti, che non debbono esser intellettualistici e dialettici, ma vissuti, realizzati nel loro diretto significato per la vita interna e la propria condotta. Rialzarsi non è possibile finché si resti come che sia sotto l’influenza di consimili forme di un pensare falso e deviato. Disintossicatisi, si può conseguire chiarezza, drittura, vera forza. Lo ripetiamo: ad ogni altra azione deve precedere l’azione interna. Lo senta soprattutto la gioventù non spenta per riprendere la fiaccola e la consegna da chi non è caduto. Quando uno schieramento si determinerà in tal senso, le confusioni con quanto si agita nel mondo della piazza e della «democrazia» non saranno più possibili. Se un avvenire dovrà esservi, a tali uomini spetterà, le vie saranno trovate per una ricostruzione anche politica e nazionale. Ma, qualunque cosa accada, le posizioni saranno mantenute, perché in ogni caso parte essenziale deve esserci l’eredità ideale di coloro che ieri, pur sapendo perduta la battaglia, si tennero sul loro posto e combatterono. In qualsiasi evenienza, non scendendo di livello, non scambiando l’accessorio con l’essenziale, allora quel che potrà esser fatto sarà fatto.



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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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