Mussolini e il razzismo (II parte)

Sangue e Spirito

di J.Evola

(Tratto da Il Meridiano d’Italia, 30 novembre 1951)

Dopo che Mussolini ebbe trattato gli argomenti accennati nei miei precedenti articoli, io gli dissi che l’approvazione di lui data al mio inquadramento dei problemi razziali andava incontro a iniziative che avevo già preso all’estero, sotto la mia sola responsabilità. In effetti, da ambienti tedeschi, a cui da tempo ero legato, ero già stato invitato a tener conferenze ed esposizioni, e i problemi della razza erano fra i soggetti da me trattati. Ora, le mie formulazioni avevano destato un particolare interesse, e si vedeva nell’incontro del mito ario-romano con quello nordico-ario la base per per una collaborazione in profondità, atta a cementare spiritualmente l’alleanza politica dell’Asse. Pertanto, si era parlato di fondare, a tale scopo, una nuova rivista italo-germanica. E la cosa interessava soprattutto gli amici tedeschi cui ho accennato, perché mentre da parte di un Tedesco certe necessarie critiche contro il razzismo biologista, materialista e violentemente nazionalista, non sarebbero state tollerate, altrimenti potevano andare le cose ove fosse stato un Italiano a prendere la parola.

sintesi dottrina razza - razzismo

L’opera di Evola del 1942 a cui Mussolini diede il crisma di ufficialità quale “dottrina fascista della razza”

Tutto ciò riferii dunque a Mussolini, e gli domandai se, sulla base del suo apprezzamento più che lusinghiero, ero autorizzato a sviluppare tali iniziative e a presentare come come espressioni ufficiali fasciste le mie formulazioni. Mussolini rispose senz’altro di sì. Così egli mi autorizzò a dare alla traduzione tedesca del  mio libro, che si stava preparando, un crisma fascista (il titolo tedesco fu “Sintesi di dottrina fascista della razza” – Grundrisse der faschistischen Rassenlehre, Runge-Verlag, Berlino)[1] e a farvi cenno della sua alta approvazione.

Quanto alla progettata rivista, il cui titolo sarebbe stato: “Sangue e spirito– rivista italo-germanica per i problemi della visione del mondo e della razza”, Mussolini mi disse che, parimenti, egli l’approvava. Essa avrebbe potuto uscire nelle due lingue, per esser diffusa, rispettivamente, a cura del partito fascista e di quello nazionalsocialista, Mussolini però volle che prima fossero fissati dei punti programmatici fondamentali, d’accordo con gli eventuali collaboratori italiani.

E qui prese inizio un lavoro alquanto ingrato, perché si trattava di tirar fuori elementi più o meno qualificati e di metterli d’accordo. Come capo dell’Ufficio razza della Cultura popolare, a un certo Guido Landra[2], razzista d’occasione, che dopo il 25 luglio doveva “smaterializzarsi”, era fortunatamente succeduto uno dei fascisti più qualificati e preparati, ricco di relazioni internazionali, il dr. Alberto Luchini. E, d’accordo con lui, fu organizzata una serie di laboriose riunioni con elementi che, la cosa essendosi risaputa, subito si erano fatti avanti dai vari settori del fascismo (sarebbe piccante darne i nomi, per vedere che fine questi fascisti e razzisti oggi abbiano fatto). Alla fine si fissarono i desiderati punti programmatici. Li sottoposi personalmente a Mussolini. Egli li approvò per intero, dopo di che si trattava di andare a Berlino per un’analoga azione organizzatrice. Nella capitale tedesca ripresi contatto con Alfred Rosenberg, Walter Gross ed altre personalità, e ci demmo a discutere i punti formulati e le direttive per la rivista. Senonchè ad un dato momento seppi di alcuni passi dell’Ambasciata italiana che misero i miei amici in perplessità, tanto che, non potendo venire a qualcosa di impegnativo, tornai a Roma.

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Manifesto “ufficiale” del razzismo fascista

E qui venni a sapere di manovre sabotatrici sviluppatesi durante la mia assenza. Anzitutto vi era stata una levata di scudi da parte degli esponenti del primo Manifesto razzista, da me in vari punti attaccato, i quali temevano di essere scalzati dalla nuova e più organica iniziativa. Poi vi era stata una manovra cattolica. Un certo professore trovò modo di farsi ricevere da Mussolini col pretesto di offrirgli alcuni volumi di archeologia cristiana. Ma in verità l’occasione fu sfruttata per dire al Duce delle preoccupazioni destate negli ambienti cattolici, dalle mie iniziative, dopo l’alta approvazione. Perché se i cattolici potevano anche tollerare una dottrina biologistica della razza, avvertivano il pericolo insito nel porre il problema nel piano dello spirito e nella revisione “aria” di tanti valori contenuti, di origine sospetta, presenti nelle stesse credenze e nella morale venute a predominare in Occidente. Il pericolo aumentava per la progettata, più stretta e ufficiale collaborazione con lo schieramento tedesco. Ma la persona in quistione, con gesuitica diplomazia, ancor più che questo cercò di mettere in luce, tendenziosamente, gli aspetti secondo cui la dottrina della razza, coi suoi principi di selezione, di supremazia e differenza entro la stessa compagine di un popolo, poco si confaceva con le premesse di un nazionalismo di massa. E via di questo passo.

Tutto ciò, io essendo assente, aveva destato in Mussolini una certa perplessità, di cui avevo avvertito il riflesso a Berlino. Chiesi spiegazioni e istruzioni, e la risposta fu di attendere. Intanto si poteva dar corso ad un’altra iniziativa da me proposta, tramite Luchini.

Ludwig-Ferdinand-Clauss-1936

Ludwig Ferdinand Clauss, teorico della “razza dell’anima”

Si trattava di pubblicare un “Atlante della razza italiana”, come il risultato di una prima sistematica indagine. Naturalmente, “razza italiana” è un’espressione priva di senso. Le razze sono delle realtà elementari che non si identificano con un popolo, che in un popolo entrano in varie combinazioni, esercitando una influenza alterna, essendo dominanti ora le une ed ora le altre. Si trattava di un primo saggio di tali componenti. In varie regioni d’Italia i prefetti dovevano segnalarci alcune famiglie tipiche ed antiche, i cui esponenti avrebbero dovuto essere esaminati da un’apposita commissione, presieduta da Luchini, con un dr.Rossi per il lato antropologico (razza del corpo), col titolare di psicologia sperimentale all’Università di Firenze e, in più, il noto prof. L.F. Clauss[3] di Berlino per la “razza dell’anima”, e infine, con me stesso per quel che riguarda la “razza spirituale”. I risultati sarebbero stati raccolti in una bella pubblicazione, riccamente illustrata con fotografie espressive per i tipi più significativi che avessimo incontrato nella nostra ricerca, e soprattutto per quelli in cui ancora si conservasse il tipo superiore, originario, “ario-romano” della nostra stirpe.

Tutto era già stato preparato. Purtroppo nel frattempo gli venti precipitarono, tutte le energie dovettero esser raccolte verso più urgenti compiti ed un rivolgimento, che avrebbe potuto avere, nello sviluppo del fascismo, un significato da non sottovalutare, non ebbe seguito. Tuttavia è bene che di esso si sappia, donde la ragione di questi articoli retrospettivi.

Ancora due parole per un fatto personale. Dopo che Mussolini mi parlò in così alti, inaspettati termini circa il mio libro, disse a Pavolini di segnalarlo alla stampa, perché voleva aver un senso dell’impressione che avrebbe suscitato. Così fu mandata ai giornali una delle ben note “veline”[4]; ma di esse negli ultimi tempi se ne ricevevano tante, che poco caso se ne faceva; e gli “intellettuali” italiani eran quasi tutti d’accordo nel sabotare idee comunque razziste” pour cause. Così sulla grande stampa di articoli sul mio libro non ne uscirono che pochi. Ciò irritò Mussolini, che ordinò una più perentoria segnalazione. Ne seguì, naturalmente, una pioggia d’articoli, e, si capisce, tutti laudativi. Per tal via il mio nome acquistò una notorietà che, e se mai, per ben altri libri esso avrebbe meritata. Così è unicamente come “razzista” che molti mi conobbero, e la cosa ancora perdura. Ma, come ho detto, di razzismo io non mi sono occupato che in via accidentale, in sede di deduzione da un più vasto insieme di idee politiche tradizionali, e con l’intento di prevenire deviazioni già visibili in tale dominio, così in Italia come in Germania.

Note:

[1] La traduzione tedesca, ampliata rispetto alla edizione italiana, uscì nel 1943. Ora la ritraduzione in Italiano è compresa in J.Evola, Imperialismo pagano, Mediterranee 2004

[2] Assistente di antropologia all’università di Roma, fu uno dei dieci scienziati che firmarono il Manifesto della Razza del 1938

[3] Ludwig Ferdinand Clauss (1892-1974), antropologo e psicologo, famoso per il suo Rasse und Seele (1926), inserì una foto di Evola, spesso riprodotta, in Die Nordische Seel (1932, nuova ed. 1939). Nell’edizione italiana (L’anima nordica, Effepi, Milano 2012) si legge questa didascalia a p.111 tavola XXXI: “Filosofo italiano di origine normanna (Barone Julius Evola). Lineamenti del viso prevalentemente mediterranei, utilizzati con stile nordico

[4] Su le “veline” riguardanti i libri di Evola, si vedano i documenti riportati in La stampa del regime 1932-1943, a cura di Nicola Tranfaglia, Bompiani, Milano 2005


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