Pubblichiamo la seconda parte dell’intervista esclusiva al professor Giovanni Franchi, relatore della conferenza del prossimo 21 maggio su Othmar Spann e lo stato organico presso la Libreria Raido.
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Giovanni Franchi è ricercatore di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Teramo, dove attualmente insegna “Analisi filosofica della politica”.
Nel 1997 ha curato una raccolta di scritti di Othmar Spann e Walter Heinrich intitolata “Lo stato organico. Il contributo della scuola di Vienna a ‘Lo stato’ di Costamagna” (Settimo Sigillo). Nel 2002 ha pubblicato il primo saggio monografico su Othmar Spann apparso in Italia, intitolato “La filosofia sociale di Othmar Spann” (Jouvence). Nel 2011 ha pubblicato “Bonum Ordinis – Studi di etica sociale e della cultura” (Nuova Cultura) e, ancora su Spann, ha curato nel 2012 il volume “Othmar Spann – la scienza dell’intero” (Nuova Cultura), raccolta di articoli di diversi autori, cui ha contribuito con il saggio intitolato “Il mondo resta ricongiunto a Dio: la filosofia della storia di Othmar Spann”.
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(segue dalla prima parte)
Il modello di Stato di Spann come anche quello di Evola, distingue nettamente lo Stato organico dal cesarismo (o bonapartismo) e dallo Stato totale o totalitarismo. Su tale parametro si sviluppò ad esempio la critica di Spann al nazionalsocialismo tedesco ed a Carl Schmitt. Prof. Franchi, può spiegaci i termini di questa distinzione?
Come ho già detto, l’idea che tutto il potere si possa concentrare nello Stato o nelle mani di un unico capo va contro l’idea spanniana di una “sovranità oggettiva”, fondata cioè sulla specifica competenza dei membri dei differenti ceti, e sull’ordine tra le diverse competenze; questo avvicina Spann a Evola e al modello archetipico e platonico dell’ordine delle funzioni (sapienti, guerrieri, lavoratori) e anche, soprattutto in Evola, alla distinzione delle caste. Affidare tutto il potere ad uno, a pochi o a molti è indifferente se non si perseguono i beni attorno a cui si costituiscono i ceti e al bene dell’ordine sociale nella sua interezza; per certi versi – in opposizione alla logica del dominio del più forte – qui ritorna l’idea classica e medievale del perseguimento del bonum commune quale criterio per la legittimità di un regime politico.

“Spann si oppone allo Stato totale nazista e all’idea di un capo carismatico, fonte di tutto il diritto, secondo la teoria del Führerprinzip di Carl Schmitt”
Per questo, Spann rifiuta nel 1934 il regime autoritario e patriottico di Dollfuss – il Christliche Ständestaat -, definendolo uno “scherzo di carnevale” (anche se nel giudizio di Spann gioca certo un ruolo il suo pangermanesimo); allo stesso tempo, Spann si oppone allo Stato totale nazista e all’idea di un capo carismatico, fonte di tutto il diritto, secondo la teoria del Führerprinzip di Carl Schmitt; non solo perché giudica la dottrina biologica del Volk assai poco filosofica ed un retaggio del vecchio positivismo, ma anche perché, come egli si era opposto alla democrazia e ai partiti quale accolita di demagoghi e di improvvisati, così si oppone anche all’idea di un partito unico e ad uno Stato che entra in ogni settore della vita dell’uomo, e che per questo si avvicina pericolosamente al bolscevismo.
Con l’aiuto dell’industriale Thyssen Spann cerca anche di influenzare l’ideologia e la linea politica del regime nazista, fondando una scuola di studi cetuali a Düsseldorf, che però viene presto chiusa per volontà del gerarca Ley. I dottrinari nazionalsocialisti, d’altro canto, giudicano Spann un clericale, nostalgico del medioevo cattolico (ad es. A. Rosenberg). Con l’Anschluss, Spann è infatti perseguitato dalle autorità del Reich che gli tolgono l’insegnamento di economia politica all’Università di Vienna.
Un destino simile aveva avuto anche l’opposizione allo Stato totale di Franz von Papen e della sua cerchia, legata all’associazione Kreuz und Adler. Il 17 giugno 1934 il vicecancelliere del Reich pronuncia un celebre discorso all’Università di Marburgo nel quale, citando Tocqueville, mette in guardia il nuovo regime dal pericolo della “tirannia anonima” che egli considera un prodotto della democrazia. L’effettivo autore del discorso, l’intellettuale protestante convertito al cattolicesimo Edgar Julius Jung, segretario di Papen e autore di Die Herrschaft der Minderwertigen (Il dominio dei mediocri, 1930), vicino alla scuola universalista di Spann, verrà dopo pochi giorni ucciso dai nazisti nella “Notte dei lunghi coltelli”.
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Spann intravide invece nel fascismo di Mussolini un sistema statale ed istituzionale che si avvicinava notevolmente al proprio: prof. Franchi, quanto poteva risultare esatta la valutazione di Spann, confrontando l’idea di Stato dello studioso austriaco con il modello prefigurato da Mussolini a livello teorico (ne La dottrina del fascismo, dove lo Stato era concepito come forza organizzatrice e differenziatrice di tipo spirituale) e con il modello statale corporativo, molto più imperfetto e burocratizzato, che caratterizzò concretamente l’esperienza del “fascismo storico” italiano?
Spann è sempre stato molto interessato all’esperimento fascista in Italia e lo prova anche il fatto che il suo allievo principale, Walter Heinrich, scrive nel 1929 un lavoro monografico sul fascismo; Spann ha avuto un’autentica stima nei confronti di Mussolini ed è stato grato allo statista italiano perché era riuscito ad arginare l’avanzata del comunismo in Europa; egli si rende però conto che Mussolini ha l’abilità di edificare un regime in grado di contrapporsi sia al vecchio liberalismo che al comunismo principalmente grazie all’intuito.

“Spann è sempre stato molto interessato all’esperimento fascista in Italia (…), ha avuto un’autentica stima nei confronti di Mussolini (…). Il fascismo però – nota Spann in un saggio del 1932! – manca di un’adeguata teoria che lo sostenga; egli si era accorto che il fascismo conviveva ancora con una cultura giuridica ed economica legata al mondo liberale e al positivismo di fine ottocento”
Il fascismo però – nota Spann in un saggio del 1932! – manca di un’adeguata teoria che lo sostenga; egli si era accorto che il fascismo conviveva ancora con una cultura giuridica ed economica legata al mondo liberale e al positivismo di fine ottocento. Lo testimonia una lettera di Spann a Ugo Spirito, del 1931, nella quale il viennese fa notare che molti degli economisti di cui si stava occupando l’allievo di Giovanni Gentile avevano ancora un’impostazione materialista e liberale; inoltre, vale, nel giudizio spanniano sul fascismo, ciò che è stato detto a proposito dei suoi rapporti con Costamagna: Spann è fortemente critico nei confronti dello statalismo fascista (“tutto nello Stato, nulla al di fuori dello Stato”), che per il viennese, come abbiamo visto, è pur sempre “individualismo”. Direi che l’interesse di Spann per il fascismo dura fino alla metà degli anni ’30, quando poi si afferma il Terzo Reich in Germania, ed il filosofo austriaco per un po’ di tempo crede di poter diventare il teorico del regime di Hitler, aspettando una chiamata all’Università di Berlino che però non arriverà mai.
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Othmar Spann, in linea con altri autori del novecento (Spengler, Evola, Guénon, ecc.) mosse una critica forte allo Zeitgeist dell’epoca moderna, nato dalle ceneri del Medioevo e sviluppatosi lungo la direttrice umanesimo – rinascimento – riforma – giusnaturalismo: quali sono precisamente, i termini di questa critica e gli elementi che caratterizzano la decadenza delle società europee secondo l’interpretazione di Spann?
Già subito dopo la fine della prima guerra mondiale, ne Il vero Stato (1921) Spann è convinto che un ciclo della storia europea e mondiale si stia per concludere: l’era nata con il rinascimento e culminata con la stagione del liberalismo e della democrazia (1789-1918), che è anche l’età dell’individualismo teorico e pratico; al contempo, egli è convinto che stia per sorgere un’epoca dominata nuovamente dai valori dello spirito; una posizione molto simile a quella di Spann la si trova ad esempio anche in Nicolaj Berdjaev, che soggiorna in Germania e scrive Nuovo medio evo (1923).

Oswald Spengler (1880 – 1936). Il professor Franchi osserva che Spann fu molto critico nei suoi confronti: “secondo il viennese il procedere della storia non ha natura ciclica, perché essa non può essere letta con gli strumenti del biologismo di matrice positivista”
In tutto ciò, la rivoluzione comunista in Russia è vista inizialmente da Spann come una possibile via per l’affermazione di un modello cetuale d’impronta cooperativistica, anche se egli – come si sa – è stato uno dei primi e sistematici critici del marxismo, e si rende da subito conto della presenza dell’elemento demoniaco nel regime di Lenin. Anche Oswald Spengler, con la sua celebre opera Il tramonto dell’Occidente (1918-22) è un critico dell’Europa del suo tempo, che egli intende come Zivilisation, e partecipa come altri (Guardini, Heidegger ecc.) al dibattito sul dominio della tecnica. Spann però è molto critico nei confronti di Spengler, che reputa in pratica un dilettante; secondo il viennese il procedere della storia non ha natura ciclica, perché essa non può essere letta con gli strumenti del biologismo di matrice positivista.
Anche Spann – come Spengler – è un antiprogressista, e quindi si oppone sia ai liberali che ai marxisti del suo tempo; ma perché ritiene che l’idea di progresso sia una forma di determinismo che nega la libertà dello spirito. Una società è sana o malata – lo spiega nella sua Geschichtsphilosophie – a seconda che la sua fondazione permetta o meno un retto dispiegamento dell’articolazione (Ausgliederung) dell’ordine sociale. Una cattiva fondazione produrrà una cattiva articolazione a cui ci si potrà opporre solo attraverso una ri-fondazione dell’ordine.
La differenza con i “tradizionalisti” (Evola, Guénon) sta anche qui nel fatto che Spann ritiene che il tempo non sia un’irrimediabile decadenza da una remota e mitica età dell’oro verso la totale dissoluzione; anche Evola critica Spengler per il fatalismo, ma poi la sua stessa posizione diventa molto problematica, perché vuole “rivoltarsi” contro i principi del mondo moderno in nome di una cultura non moderna – quella tradizionale, pagana – che invece non può concepire una libertà umana contrapposta alle eterne leggi del cosmo (se non come ybris).
La decadenza della società europea, spiega invece il viennese, si manifesta con il rinascimento, ma ha in fondo un’origine più antica. Dopo una retta fondazione dell’Europa con Carlo Magno subentra l’anarchia feudale, a cui si oppone il moderno stato centralistico che però è frutto di una fondazione errata; ad esso si oppone – con un’ulteriore errata rifondazione – la cultura illuminista che porta all’affermazione dei principi della rivoluzione francese e, alla fine, al caos politico istituzionale del primo dopoguerra. Non bisogna quindi per Spann mirare ad un stato ancora più potente di quello “moderno”, bensì rifondare un ordine sociale conformemente ai principi dell’interezza.
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Quale fu la concezione del tempo e della storia elaborata da Spann, rispetto a quella c.d. “ciclica” riscoperta in quegli anni da molti studiosi c.d. tradizionalisti? Al riguardo, ci può illustrare le nozioni, elaborate da Spann, di “contro-rinascimento” (Gegenrenaissance) e di “contro-dispiegamento” (Gegenentfaltung) come reazione alla decadenza ed alla dissoluzione, in vista di un ritorno all’origine?

Nel 2002 il professor Franchi ha pubblicato il primo saggio monografico su Othmar Spann apparso in Italia
Spann espone la sua dottrina del tempo e della storia ne Il vero Stato – per la verità in modo ancora incompleto -, in alcuni brevi saggi ma soprattutto nella Geschichtsphilosophie (1932) che in effetti, più che una filosofia della storia, è uno studio su basi filosofiche del mutamento sociale, che deriva dalle categorie della dottrina dell’interezza (Ganzheitslehre) sviluppata nell’opera Kategorienlehre (1924). Dal punto di vista sistematico, l’ordine della realtà ha la struttura dell’interezza e della sua articolazione (Ausgliederung) in parti e gradi; ma esiste anche un processo di articolazione nel tempo chiamato Umgliederung.
Che cos’è il divenire per Spann? Ogni cosa che esiste, afferma il filosofo viennese, esiste come parte di un intero; l’intero, però – come tale – non si dà mai immediatamente, ma esiste nelle parti di cui si compone; il divenire è allora il costante ritorno delle parti al loro fondamento, come processo di mediazione. Il tempo non si arresta perché la perfetta mediazione, la piena armonia tra intero e parti non si dà mai, e sempre di nuovo ogni cosa torna o cerca di tornare all’origine; qui Spann pone anche il problema – che non viene affrontato dai tradizionalisti se non attraverso il mito – del perché di questa perenne inadeguatezza, cosa che ha a che fare evidentemente con la caduta da una primaria condizione di integrità; ma Spann affronta anche il tema della fine della storia e della sconfitta del male, come ritorno definitivo all’origine. Su questo, ad esempio, mi sembra che Evola resti “dualista” e anche determinista nel momento in cui sostiene la concezione di una perenne contrapposizione tra forze “superiori” ed “inferiori”; Spann invece è consapevole che la storia dell’uomo ha a che fare principalmente con lo vita dello spirito, con la sua creatività e con la sua libertà. Quando le parti non si riescono ad integrare nell’intero noi abbiamo un’articolazione errata, ed un conseguente errato dispiegamento (Entfaltung), che necessita di una rifondazione dell’ordine.
Il “contro-rinascimento” di cui parla Spann è il tentativo di superare gli errori della civiltà umanistica e illuminista che hanno portato alle convulsioni della rivoluzione francese e di quella russa e alla catastrofe della guerra; è necessario ritornare al principio da cui è nata l’Europa, ad un nuovo dispiegamento corretto dell’ordine, ad un ordinamento decentrato, su base cetuale, ma unito da una comune cultura e da comuni principi di vita. Tutto ciò vale anche per oggi.
E’ desolante che un pontefice romano, ricevendo il premio Carlo Magno (6 maggio 2016) abbia definito l’identità dell’Europa “dinamica e multiculturale” (!), basata fondamentalmente sulla capacità di accogliere, e che tutto ciò si debba oggi rinnovare, senza spiegare in modo chiaro in cosa coloro che devono essere accolti si debbano integrare! Benedetto XVI avrebbe impostato il discorso sicuramente in modo molto diverso. Mi perdoni per la digressione sui nostri giorni, ma la dottrina spanniana del divenire come ritorno al fondamento attraverso la mediazione e l’incorporazione e un nuovo dispiegamento mi sembra ben applicabile alla drammatica crisi d’identità in cui si dibatte oggi il Vecchio Continente.
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Prof. Franchi, ci può indicare i nomi di altri esponenti significativi della scuola di Vienna facente capo a Othmar Spann, sia contemporanei che successivi allo studioso austriaco? Per quanto tempo la scuola rimase concretamente attiva? E qual è stata la sorte della rivista Zeitschrift für die Ganzheitsforschung (“Scritti per la ricerca sull’interezza”), diretta da Walter Heinrich, che divulgava e perpetuava le tesi di Spann e della sua scuola?

Tra le personalità vicine ad Othmar Spann, “lo scrittore Ernst von Salomon, che ci ha lasciato un bel ritratto dei suoi anni con Spann a Vienna nell’opera Der Fragebogen”
Bisogna subito dire che tra le due guerre mondiali Spann è stato un personaggio importante: fin dagli anni ’20 sono state pubblicate delle monografie soprattutto sul suo pensiero economico e la dottrina dei ceti ha avuto una fama internazionale. Per questo, il suo Nachlass [1] raccoglie la corrispondenza con numerosi esponenti della cultura dell’epoca. Attorno a lui si sono nel tempo riuniti numerosi allievi e amici; alcuni Spann è riuscito a metterli in cattedra. Tra i principali allievi e membri dello “Spann Kreis” [2] vanno ricordati: Hans Riehl, docente all’Università di Graz, Wilhelm Andreae, docente all’Università di Giessen, Jakob Baxa, esperto del romanticismo politico, e soprattutto Walter Heinrich, docente all’Università di Vienna, il cui allievo, l’economista di fama internazionale J. Hanns Pichler, ha anche lui insegnato fino a pochi anni fa alla Wirtschaftsuniversität di Vienna.
Ci sono stati poi altri intellettuali vicini a Spann: Paul Karrenbrock, Ilse Roloff, Wilhelm Longert, Peter Berns, e Walter Brand, vicino anche a Konrad Henlein, il leader dei Sudeti; poi c’è il gruppo dei seguaci cattolici che hanno cercato di introdurre l’universalismo nella dottrina sociale della Chiesa, scontrandosi con i gesuiti “solidaristi”: Franz Xaver Landmesser ed il gruppo attorno all’abate benedettino di Maria Laach Ildefons Herwegen. Inoltre: Edgar Julius Jung, segretario di von Papen; lo scrittore Ernst von Salomon, che ci ha lasciato un bel ritratto dei suoi anni con Spann a Vienna nell’opera Der Fragebogen. Con Spann ha studiato il filosofo della politica Eric Voegelin, anche se non può essere definito un suo vero allievo.
Contatti Spann li ha avuti con importanti colleghi e intellettuali della sua epoca. In Austria con Wilhelm Schmidt, il celebre etnologo, teorico dell’Urmonotheismus; con i fisici Jaumann e Lohr, allievi di Ernst Mach a Brünn; In Germania: con lo storico Georg von Below, e con Friedrich Everling, membro dell’organizzazione Stahlhelm; in Italia: con Carlo Costamagna, Gustav Glaesser e Julius Evola. C’è poi da tenere in considerazione il ruolo che la moglie di Spann, la poetessa e linguista Erika Rheinsch ha avuto nello sviluppo del lessico e dei neologismi spanniani; anche i due figli del filosofo, Adalbert – poi morto sul fronte russo – e Rafael hanno fatto parte dello “Spann Kreis”.
Spann muore nel 1950, senza essere riuscito a riottenere la sua cattedra. Nel 1956 viene fondata però la Gesellschaft für Ganzheitsforschung (Società per la ricerca sull’interezza), sotto la guida di Walter Heinrich e poi, dal 1973, di J. Hanns Pichler; attorno alla società ruotano molti importanti intellettuali austriaci del dopoguerra: ad esempio, il filosofo dell’arte Hans Sedlmayr, Josef Lob, Rolf Amtmann, Matthias Vereno, Ferdinand A. Westphalen, Ulrich Schöndorfer, Walter Becher, Gerd-Klaus Kaltenbrunner, J. Hanns Pichler, G. E. Tichy e tanti altri; non mancano neppure i contatti con il mondo italiano, ad esempio con il filosofo cattolico Michele Federico Sciacca. Molti sono filosofi, altri economisti con un approccio etico-sociale. Il risultato più importante di alcuni di questo gruppo è la pubblicazione dell’opera omnia (Gesamtausgabe) di Spann in 21 volumi, pubblicata dall’Università di Graz (1963-1979). La società ha avuto anche una rivista, la Zeitschrift für Ganzheitsforschung, che è uscita dal 1959 al 2006.
Note
[1] “Eredità”, “lascito” (N.d.R.)
[2] “La cerchia, l’ambiente di Spann” (N.d.R.)
'“Othmar Spann e la nuova scienza dello Stato” – Intervista al Prof. G. Franchi (II parte)' has no comments
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