Nel 2021 ricorreranno i 70 anni dalla celebrazione del celebre processo ai FAR, i Fasci di Azione Rivoluzionaria, per apologia di fascismo e ricostituzione del partito fascista, in cui fu coinvolto clamorosamente Julius Evola nelle vesti di “maestro nero” del gruppo. Alcuni anni fa ci occupammo della vicenda, pubblicando dalla fine di settembre 2016 alcuni documenti tratti da celebre quaderno “Autodifesa”, tra cui proprio l’autodifesa del barone dinnanzi alla Corte d’Assise di Roma il 12 ottobre 1951, ed un ampio stralcio dell’arringa finale pronunciata dall’avvocato di Evola, il grande Francesco Carnelutti, il 6 novembre 1951.

“I Processi alle idee” di Sandro Forte nella seconda edizione per le Edizioni Europa
Oggi abbiamo il piacere di presentare la prima parte di uno scritto inedito a firma dell’amico giornalista Sandro Forte, che prende spunto proprio dal capitolo dedicato al processo ai FAR e, nello specifico, ad Evola, tratto dal volume dello stesso Forte “I processi alle idee”, che fu pubblicato in prima edizione nel 1987 da Ciarrapico Editore, vincendo tra l’altro, in quell’anno, il “Premio Intervento” per la cronaca giudiziaria. Ma andiamo con ordine.
Proprio in questi giorni, viene pubblicato un nuovo importante libro di Sandro Forte, cioè “Ordine Nuovo parla”, per le Edizioni Mursia. Un volume in cui l’autore ricostruisce la vera storia di Ordine Nuovo, basandosi su fonti dirette: testimonianze, documenti, giornali, riviste, lettere, interviste. “In questo libro è Ordine Nuovo a parlare, attraverso i suoi militanti e i suoi scritti”, come spiega lo stesso Forte in un’intervista al Secolo d’Italia del dicembre scorso. L’obiettivo dell’autore è quello di spazzare via la cappa mefitica fatta gravare col tempo su Ordine Nuovo, riconducendo “alla sua reale dimensione quella che è stata la maggiore formazione extraparlamentare della Destra radicale nel dopoguerra. Ovvero di laboratorio di idee capace di forgiare tanti giovani che, pur facendo poi scelte di vita e di lavoro diverse, in quell’ambiente si formarono e scoprirono valori che li avrebbero accompagnati per sempre”.
Ebbene, in esclusiva per RigenerAzione Evola, Sandro Forte ha rielaborato quel capitolo tratto da “I Processi alle idee“, aggiornandolo ed arricchendolo con alcuni passaggi tratti proprio dal nuovissimo “Ordine Nuovo parla“. In particolare, come leggerete, emergono due contenuti inediti: il ricordo di Fabio De Felice, ex deputato del Msi, riguardo al primo incontro con Evola, e la questione della “scoperta” di Evola nella biblioteca di Regina Coeli, che De Felice contesta.
Oggi, quindi, vi presentiamo la prima parte di questo scritto di Sandro Forte, che ci ha onorati di questo suo contributo preparato ad hoc per noi e soprattutto per gli amici che seguono RigenerAzione Evola, proprio nei giorni di pubblicazione di “Ordine Nuovo parla”, di cui non possiamo che raccomandarvi l’acquisto: il volume è gia ordinabile presso la “Libreria Raido”, affrettatevi!
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“I processi alle idee: settant’anni fa quello ai Far e a Evola per la legge Scelba” (prima parte)
di Sandro Forte
Settant’anni fa si celebrò il processo ai Far (Fasci di Azione Rivoluzionaria), un gruppo di estrema destra che si richiamava al primo movimento fascista e si considerava comunque erede del fascismo repubblicano. Un processo che coinvolse Julius Evola, considerato l’ispiratore della rivista “Imperium” alla quale, secondo gli inquirenti, facevano riferimento appunto i Far. Ma chi erano questi neofascisti? Erano tutti giovani, reduci di guerra (per chi era riuscito a farla), senza il becco di un quattrino e senza un lavoro. Il fondatore era Pino Romualdi. Con la nascita del Msi alcuni, fra cui lo stesso Romualdi, entrarono nel partito, ma altri continuarono l’attività clandestina, peraltro solo dimostrativa e di testimonianza. Il 25 luglio 1947, nel corso di una riunione del loro Direttorio nazionale, si divisero in due fazioni: i cosiddetti “rivoluzionari interventisti” (fautori di un intervento diretto sulla scena pubblica) disertarono l’incontro e di conseguenza ebbero la maggioranza i cosiddetti “utopisti avvenieristi” (favorevoli all’attività clandestina).
La “scoperta” di Giulio Cesare Andrea Evola, meglio conosciuto come Julius Evola, da parte dei giovani neofascisti, risale al giugno del 1948. Alcuni di loro, rinchiusi a Regina Coeli per aver distribuito al cinema Splendore di Roma volantini sul 25 luglio (anniversario della caduta del fascismo), trovarono nella biblioteca del penitenziario alcuni vecchi testi di Evola. “I soggiorni dietro le sbarre – ricorderà poi Pino Rauti – dove spesso venivamo portati anche a puro titolo precauzionale, erano l’occasione di arricchire la nostra cultura”. La biblioteca di Regina Coeli era ben fornita: qui Enzo Erra trovò il libro di Evola “Rivolta contro il mondo moderno”, pubblicato nel 1934: “Mi colpì il modo in cui, ben prima della guerra, spiegava che americanismo e bolscevismo poggiavano su un comune fondamento edonistico e materialistico. Per me e molti altri fu un’illuminazione: avevamo trovato qualcuno che aveva previsto la nascita della grande alleanza antifascista e che ci spiegava le ragioni profonde, storiche, filosofiche e culturali per cui avevamo combattuto contro di essa”.
Questa tesi, ossia la scoperta di Evola nella biblioteca di Regina Coeli, è contestata da Fabio De Felice, ex deputato del Msi, secondo il quale la biblioteca in questione era semmai quella Nazionale, che all’epoca si trovava vicino piazza del Collegio Romano, non lontano dalla sede del Msi in corso Vittorio Emanuele 24. “Cercando il libro ‘Rivolta ideale’ di Alfredo Oriani – ricorda oggi De Felice – mi imbattei in ‘Rivolta contro il mondo moderno’ di Evola. Era la fine del 1947. Da qui la conoscenza di Evola che feci io e di conseguenza tutti gli altri giovani dell’ambiente”. Fra questi Clemente Graziani (che diverrà poi il capo del Movimento Politico Ordine Nuovo) e Paolo Andriani rimasero colpiti ed entusiasti dal pensiero di Evola tanto che, una volta usciti dal carcere, cercarono il suo indirizzo nella guida telefonica e lo individuarono in corso Vittorio Emanuele 197 a Roma. Evola non c’era, perché ricoverato a Bologna per una grave infermità alle gambe, dovuta alle ferite provocategli nel 1945 durante il bombardamento di Vienna, prima dell’occupazione sovietica della città.
I Far, come si è detto, furono autori di attentati puramente dimostrativi, senza alcun spargimento di sangue. Il più noto, peraltro fallito, fu quello progettato contro la nave “Colombo”, gemella della “Vespucci”, che in base al Trattato di Pace doveva essere ceduta all’Unione Sovietica come risarcimento delle spese di guerra. La cessione delle navi alle nazioni vincitrici, ed in particolare all’Unione Sovietica, la culla del comunismo, dove si trovavano ancora migliaia di prigionieri di guerra italiani, creò un acceso malcontento nella Marina Militare e sdegno in tutta Italia, al punto che durante gli ultimi mesi prima della consegna le autorità portuali presero eccezionali misure di sorveglianza mediante ronde, sia sulla banchina che in tutto il porto, e continue ispezioni subacquee, con immersioni di palombari ogni trenta minuti, nel timore che potessero essere applicate cariche esplosive sotto lo scafo. L’affondamento della nave fu in effetti pianificato dai giovani militanti dei Far e da alcuni reduci della X Mas: la “Colombo” era un mito per tutti i marinai, avendo addestrato generazioni di ufficiali, e la cessione allo straniero, per giunta all’Unione Sovietica, era considerata un’onta.

La nave “Cristoforo Colombo” ad Odessa nel 1949 dopo la consegna ai sovietici (free image from wikipedia)
Ma il piano venne scoperto e il 20 gennaio 1949 furono arrestati a Taranto Clemente Graziani e il motorista Biagio Bertucci, mentre alla stazione Termini di Roma finirono in manette, in procinto di prendere il treno per Taranto, cinque ex-marò della X Mas che avevano combattuto nel battaglione Barbarigo sul fronte di Anzio-Nettuno: Paolo Andriani, Sergio Baldassini, Fabio Galiani (diverrà un noto giornalista), Fabrizio Galliani e Alberto Tagliaferro. La polizia li sorprese con sette chilogrammi di tritolo nella valigia. Un altro reduce della X Mas, Vladimiro Villani, venne arrestato a Lecce cinque giorni dopo e successivamente finirono in carcere altri sette, fra cui Franco Dragoni e lo studente Antonio Ajroldi, figlio di un noto magistrato. Come conseguenza di questi arresti e del clamore suscitato dalla notizia del progetto di attentato ci furono clamorose manifestazioni a Taranto, Roma, Bari e Brindisi; nella capitale, in particolare, dove forte era la presenza dei giovani neofascisti, anche violenti scontri con la Celere con lanci di pietre e furibondi corpo a corpo (ancora lontani i tempi dei coltelli e delle pistole, allora le questioni si risolvevano a cazzotti e tutt’al più a bastonate).
Il primo contatto vero col filosofo, dunque, avvenne nel settembre del 1950 a Bologna, in occasione della seconda Assemblea nazionale giovanile del Msi, all’ospedale Rizzoli di Bologna. Un incontro – ricorderà Fausto Gianfranceschi (divenuto poi un noto giornalista e scrittore) – “che probabilmente decise il nostro futuro”. “Per noi – dirà Giulio Maceratini – era l’esempio di come si potesse e si dovesse resistere alle lusinghe e agli errori del mondo moderno, oltre le stagioni mutevoli della politica e della vita”. Per Pino Rauti “Evola era un saggio di una cultura sterminata. Modificò profondamente le nostre convinzioni ed operò una rivoluzione culturale nel nostro mondo. Da Evola in poi il nostro fascismo fu profondamente diverso da quello precedente. Tanto per fare degli esempi, ci allontanò dal nazionalismo retorico e dallo sciovinismo del periodo mussoliniano. Prima di lui i nostri soli riferimenti culturali erano Alfredo Oriani e Gioacchino Volpe. Lui ci aprì le porte della cultura internazionale e mondiale. Ci dava a posteriori le spiegazioni a quel senso di orgoglio che avevamo sempre avuto. Ci spiegò che avevamo partecipato ad uno scontro planetario tra civiltà”.
Nel libro “Ordine Nuovo parla”, edito da Mursia, Fabio De Felice ha ricordato quell’incontro: “Venimmo a sapere che Julius Evola era ricoverato a causa della sua invalidità (conseguenza di eventi bellici) proprio a Bologna, al centro ortopedico Putti. Decidemmo quindi di andarlo a trovare e partimmo – Gianfranceschi, Graziani ed io – su una camionetta, residuato bellico tedesco, di proprietà di Fausto.

Evola in un’immagine risalente agli anni dell’incontro con i giovani neofascisti a Bologna nel 1950
Arrivammo all’ospedale, dove Evola era degente in una stanza con altri pazienti. Nessuno di noi tre l’aveva mai visto prima. Ci presentammo e lo invitammo a presenziare all’Assemblea. Evola si mostrò subito disponibile e interessato. Ci chiese solo di avere il tempo per cambiarsi e farsi la barba. Ricordo che nella fretta si fece un piccolo taglio sulla guancia. Non avendo sedie a rotelle lo portammo a braccia e lo sistemammo sulla camionetta tedesca. Arrivati nella sala dell’Assemblea, Evola venne accolto calorosamente. Enzo Erra, essendo Evola ai più sconosciuto come pensatore, lo presentò come grande invalido della Repubblica Sociale. Sul palco, mentre lo sostenevo, notai che era piacevolmente sorpreso e quasi commosso dell’accoglienza di alcune centinaia di giovani. Assistette in silenzio ai vari interventi e alla fine della seduta lo riaccompagnammo all’ospedale. Fu in quel momento che avemmo l’idea di chiedergli di scrivere un opuscolo che ci fosse da guida: così nacque ‘Orientamenti’. Il giorno dopo lo accompagnammo in un piccolo albergo di montagna, sugli Appennini”.
Successivamente, nel 1951, i Far e la Legione Nera collocarono ordigni davanti a sedi diplomatiche e di partiti a Roma, gesti dimostrativi, “goliardate” come li definirà poi il giornalista Alberto Giovannini nella prefazione del libro di Mario Tedeschi “Fascisti dopo Mussolini”. L’Ufficio Politico della questura allora era diretto da Federico Umberto D’Amato, un nome destinato a far carriera nella polizia soprattutto per il suo accanimento contro l’estrema destra romana. Fu avviata un’inchiesta che si concluse col rinvio a giudizio di 36 imputati. Per la prima volta dal dopoguerra veniva applicata la cosiddetta legge Scelba (dal nome del ministro democristiano all’Interno primo firmatario).
Segue nella seconda parte
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