Quando Evola scrisse ad Almirante (seconda parte)

Seconda parte della lettera aperta scritta da Julius Evola a Giorgio Almirante dopo un’apparizione televisiva del segretario del M.S.I. nella puntata della celebre rubrica RAI “Tribuna Politica” del 23 febbraio 1967. Evola si sofferma, tra le altre cose, sui tentennamenti di Almirante circa il delicato tema della razza e del razzismo – anche in considerazione del suo ruolo segretario del comitato di redazione de “La difesa della razza” dal 1938 al 1942 – e su alcune questioni connesse a tale argomento, nonché sulle cause dell’immobilismo politico del Partito in quegli anni.

Ricordiamo che questa lettera fu pubblicata nel marzo del 1967 su “Noi Europa”, giornale ordinovista diretto da Pino Rauti, e successivamente ripresa su “I testi di Ordine Nuovo” per le Edizioni di AR. La versione presentata è tratta dalla storica rivista Heliodromos, la cui redazione curò anche le note esplicative.

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di Julius Evola

Tratto da “Noi Europa”, marzo 1967

segue dalla prima parte

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Slogan Ridicoli?

Così anche di fronte a quella elencazione di slogan «ridicoli» di ieri non ci si sarebbe dovuti per nulla impressionare e partitamente avresti dovuto rivendicare il valore che, indipendentemente da formulazioni eventualmente poco felici o superate, hanno certi principi e certi ideali, oggi non sostituiti da nulla. Un certo scalpore ha suscitato, or non è molto l’uscita in una rivista che pretende di non essere antifascista di un articolo su «Addio al fascismo» il cui spirito era più o meno lo stesso di chi ti ha invitato ad abbandonare quelle parole d’ordine «piuttosto grottesche». La fonte dell’equivoco è sempre lo stesso: avendo in vista il fascismo solo come un fatto storico limitato e condizionato, non ci si cura di procedere, come io stesso ho cercato di fare nel mio «Saggio sul fascismo dal punto di vista della Destra»: di separare i principi dalle forme nelle quali essi nel fascismo possono essersi manifestati. Si prende assurdamente il fascismo come un tutto che comincia e finisce in se stesso nelle sue condizionalità storiche per esaltarlo o per denigrarlo, e anatomizzarlo.

Se la tua risposta, caro Almirante, di non voler rinnegare nulla e di voler solo cercare le forme in cui ciò a cui hai creduto può essere adattato ai tempi merita ogni riconoscimento, (11) ti sei trovato, però, su un terreno piuttosto infido, dove la tua reazione, permettimi di dirlo, è stata deludente, quando un interlocutore ti ha chiesto se dal repertorio della dottrina fascista da non rinnegare e conservare, fa parte la teoria della razza e quando ha voluto sapere come tu e gli altri spiegate alla gioventù attuale, l’orientamento corrispondente del fascismo.

Ebbene tu hai risposto che la spiegazione da dare alla gioventù deve essere puramente «politica» nel senso empirico e contingente, e che, quanto alla corrispondente teoria, alla quale hai riconosciuto di aver a suo tempo aderito, tanto da essere il redattore capo di «La difesa della razza», essa appartiene a qualcosa che hai «completamente superato, per ragioni umane, per ragioni concettuali» (12). Ciò non è altro che un poco simpatico cedimento, dovuto ad un equivoco. Tu avresti dovuto chiedere subito: Che intendete per razzismo? E la risposta, manco e dirlo, sarebbe stata quella di chi identifica pesantemente il razzismo con l’antisemitismo fanatico, coi campi di sterminio degli ebrei ecc. Sebbene, allora avresti potuto rilevare, anzitutto, che in questione è il razzismo italiano, fascista, il quale, in fatto di persecuzioni antiebraiche, fu (fino al momento del tradimento dell’Italia) davvero all’acqua di rose, e al quale non si possono rinfacciare quegli eccessi che, nella misura in cui sono stati davvero accertati in Germania, (13) sono deprecabili e hanno valso solo ad offrire armi agli avversari. Ciò posto, avresti dovuto dire che nel razzismo il problema ebraico rientra nelle applicazioni possibili e comunque nel fatto negativo, difensivo, ma che il razzismo ha anche aspetti positivi, costruttivi, che sono poi quelli che Mussolini aveva essenzialmente in vista. Il primo, era la difesa dal meticciato e il rafforzamento del senso di dignità della razza bianca della nostra nazione di fronte ai popoli di colore: e questo aspetto, caro Almirante, avresti dovuto dire che oggi, data la vergognosa capitolazione dei popoli europei e la psicosi anticolonialista (che ha portato fino al caso inaudito della Inghilterra che fa causa comune coi negri contro la popolazione bianca della Rhodesia) non solo non è superato ma è attuale quanto mai, se ad un raddrizzamento dell’Europa è ancora il caso di pensare (14).

Il secondo aspetto positivo del razzismo è lo sforzo di propiziare la formazione, nella sostanza della nazione, di un uomo nuovo, di un tipo superiore, pel quale si potrebbe usare l’espressione «uomo di razza» in un senso generalizzato e qualitativo, non biologico e fisico. Ed è per questo aspetto, che Mussolini, il quale sognava di formare un’«Italia romana» dalla precedente «Italietta», con riferimento ad uno stile che sarebbe stato desiderabile trovasse la sua espressione anche in una nobiltà e purezza somatica, si avvicinò al razzismo. A controprova di ciò, ossia della sensibilità di Mussolini (che a tale riguardo molti nello stesso MSI vorrebbero irrispettosamente far passare per un succube e un semplice imitatore dei tedeschi), per questi aspetti positivi del razzismo, del tutto separabili dall’antisemitismo fanatico, si può addurre l’interesse particolare che egli concesse alle teorie che in tal senso io stesso avevo formulato, opposte al razzismo volgare, a base spirituale, cosa che, come ricorderai, caro Almirante, allarmò assai l’ambiente dei razzisti di «Difesa della Razza», il quale cercò in ogni modo di mettermi il bastone tra le ruote (15).

Una volta chiarito tutto ciò, credo che tu non avresti avuto bisogno di rinnegare nulla, avresti potuto dire che proprio esigenze del genere, prese nel loro lato più serio, oggi anzi sarebbero attuali quanto mai, perché quanto mai oggi la «razza» italiana è sfaldata, prostrata, priva di spina dorsale, senza una linea e un qualche superiore interesse come del resto hai notato quando hai parlato del problema costituito dal fatto che, malgrado la situazione favorevole in teoria, il MSI non acquista terreno, non ha ancora un seguito che lo aiuti a vincere la sua battaglia (16).

Quando all’invito, che ti è stato fatto, di includere il diario di Anna Frank nella biblioteca della scuola del Partito, se hai potuto dire di non aver nulla in contrario, avresti dovuto però aggiungere che esso, e analoghi documenti, sempreché autentici (17), sarebbero stati messi vicini a adeguate documentazioni su Dresda, Hiroshima, sulle fosse di Katyn, sugli stupri e i massacri in massa durante l’avanzata dell’armata Rossa nella Germania orientale, ecc. (18).

Junio Valerio Borghese parla durante il congresso M.S.I. del 1954. Accanto a lui Giorgio Almirante ed Alfredo Cucco. Borghese era stato presidente del Movimento dal 1951 al 1953.

Quanto agli Ebrei, essi nell’ultimo periodo si sono presentati in veste di martiri. È però, da chiedersi che cosa farebbero qualora essi avessero un potere assoluto. Come esemplificazione, avresti potuto chiedere ai tuoi interlocutori se sanno che cosa significa Purim. Essi naturalmente non lo avrebbero saputo e tu avresti spiegato che questo è il nome di una festa nazionale di tutti gli ebrei nei quali essi festeggiano e continuano a festeggiare – che cosa? – il massacro di quasi centomila nemici degli ebrei compiuto dagli ebrei quando, soggiacendo alla sensibilità della razza ebrea Ester, il re Assuero lasciò loro le mani libere. E se si pensa alla densità della popolazione del mondo di allora, i centomila trucidati equivalgono quasi come proporzione, agli ebrei che effettivamente hanno lasciato la vita nei campi di concentramento nazisti (19). E un’altra cosa avresti potuto chiedere, ai tuoi interlocutori, caro Almirante, se sanno cosa significa il termine ebraico herem; avresti spiegato che esso, nell’Antico Testamento, designa il precetto divino di distruggere, nella conquista della cosiddetta terra promessa, completamente, ogni cosa in date città: né saccheggiare né stuprare le donne, ma sterminare e sgozzare tutti (20).

MSI immobile

Naturalmente si dirà: queste sono cose di altri tempi! Oggi viviamo in una società civile. Lo si vede. È l’eterna illusione degli adepti del mito progressistico-umanitario ottimista. In realtà, nihil sub soli novi: l’uomo è sempre lo stesso; in lui esiste e sempre esisterà la capacità sia di elevarsi in altezze luminose sia di essere attirato dagli abissi. Le deprecabili persecuzioni subite dall’ebreo non autorizzano a far di lui un essere sacrosanto, sintesi di ogni virtù, a cui ci si debba avvicinare solo con venerazione.

Altre cosette potrebbero venire rilevate, ma non è il caso che qui mi dilunghi oltre. Il punto più interessante nel dibattito è forse stato il riconoscimento, anche da parte dei tuoi interlocutori, del lato misterioso del fatto che il MSI «non si muove», mentre tutte le circostanze (analoghe, in parte, a quelle della situazione in cui trovò l’Italia dopo la prima guerra mondiale e che imposero una riscossa nazionale) sarebbero favorevoli per una sua ascesa, dato il disagio generale. A parte il resto, non si dovrebbe però indicare anche, come una delle cause lo spettacolo frequente e poco edificante delle beghe interne nel MSI, del personalismo, delle lotte spesso senza esclusione di colpi e degli antagonismi fra certi dirigenti del Partito? Non sarebbe il caso di mettere infine la testa a posto, e, presso ad una formulazione impersonale precisa e priva di compromessi della dottrina, far valere all’interno del MSI quei principi di unità, di disciplina, di antiburocraticismo e di ordine che si invocano pel reggimento della cosa pubblica?

Dopo questa ripresa, sia pure soltanto epistolare di contatto, dopo più di due decenni, i miei cordiali saluti e auguri.

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Note a cura di Heliodromos

(11) Qui è osservabile come l’abilità verbale del protagonista della trasmissione non riesca a toglierlo dalle difficoltà di certe domande sul problema razzismo. Almirante si trova davanti ad uno dei nodi che né durante il Ventennio né dopo ha saputo sciogliere, avendo egli vissuto le due esperienze, sembra assurdo ma è così, in forma paradossalmente acritica. Così si spiega da un lato un certo suo nostalgismo, dall’altra la sua disinvoltura con cui rinnega certi aspetti della politica del Ventennio. Il suo impegno per il razzismo in versione biologica, non giustificabile alla luce delle esperienze più serie, non può determinare altro che quel «cedimento» che rileva Evola; cedimento motivato da Almirante con «ragioni umane» e «ragioni concettuali».

(12) Vedi sopra, nota n.11

(13) Sulla «Menzogna di Ulisse» si veda il relativo volume di Paul Rassinier, cfr. pure dello stesso Autore Il dramma degli ebrei, Ed. Europa, Roma, 1967

(14) Nota i termini problematici con cui Evola nel 1967 pensa alla possibilità di un raddrizzamento in Europa.

(15) Vedi nota n.11 e cfr. quanto sull’argomento scrive Evola sul Cammino del cinabro, II° ed. Scheiwiller, Milano, 1972, pp. 152-156.

(16) A nostro parere una delle ragioni, se non la più importante, della incapacità del MSI di incidere in profondità nella realtà della nazione è attribuibile al pragmatismo dei segretari che per trent’anni hanno guidato questo partito. Il pragmatismo può essere tollerato, e persino necessario, quando si regge la politica di uno Stato, ma non paga quando si guida un partito di alternativa ad un regime, perché occorrono chiarezza e coerenza rivoluzionaria per coinvolgere l’èlite nazionale nella lotta politica di alternativa. Ha mai avuto il MSI un segretario che per cultura e vocazione abbia sentito il suo impegno politico come alternativa di Civiltà?

(17) Mesi addietro su vari organi di stampa è apparsa una notizia, che è passata sotto silenzio; pare che il diario di Anna Frank sia falso. Esso sarebbe stato redatto con un tipo di inchiostro non ancora in commercio all’epoca in cui è datato il diario.

(18) Basti per tutti, perché moralmente più obbrobrioso, il processo di Norimberga. Cfr. pure Caspar Schrenk-Notzing, Il lavaggio del carattere, Ed. Del Borghese, MI 1968.

(19) Secondo Paul Rassinier per statistiche a cui egli stesso fu interessato, essendo stato deportato in un campo di concentramento nazista, pare che un terzo (il 38%) circa dei prigionieri deportati morivano a causa della fame, degli stenti e delle malattie, per cui la cifra di tre milioni risulterebbe assai esagerata, dovendosi applicare la medesima statistica per i prigionieri ebrei deportati. Egli steso testimonia di essersi adoperato durante la guerra per l’espatrio clandestino di molti ebrei europei in USA, pertanto secondo lo storico francese molti di quegli ebrei che risultano finiti nei campi di concentramento nazisti dovrebbero essere «rinati» negli Stati Uniti. Difatti è significativo che le comunità ebraiche in America non hanno mai consentito che si facesse un censimento degli ebrei americani.

(20) Renè Guénon nel suo volume Forme tradizionali e cicli cosmici, Ed. Mediterraneo, fa delle interessanti osservazioni fra il simbolismo dello scorpione, spesso raffigurato nelle sinagoghe, che simboleggia l’oscurità della morte, e la nascita dell’Anticristo che dovrebbe derivare dalla razza giudaica.



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