RigenerAzione Evola – Una riflessione

di Paolo G. (27 maggio 2014)

L’incontro organizzato dalla Comunità Militante Raido lo scorso 17 maggio, con lo scopo di “ri-generare”, una volta in più, le menti ed i cuori – come si sa, repetita iuvant, soprattutto in un’epoca oscura come questa –  ripercorrendo alcuni passi fondamentali del pensiero, dell’azione e della testimonianza di Julius Evola, ha lasciato sicuramente il segno nei tanti militanti, simpatizzanti e “amici della legione” intervenuti per l’occasione.

In una sala già predisposta ad accogliere buoni auspici con l’ostensione verticale di quattro stendardi della Tradizione lungo le colonne, con i colori posizionati secondo un chiaro significato tradizionale (il rosso – lo spirito, il sole, la luce vivificante increata – in alto; il bianco – l’anima, la luna, la luce riflessa – al centro; il nero – il corpo, la materia – in basso) e l’inserimento di quattro rune (Raido, Algiz, Haglaz e Teiwaz) al centro dei vessilli medesimi, le parole dei relatori hanno toccato le corde giuste, senza scadere, com’era nelle intenzioni, in sterili e fumose disquisizioni da accademia di “evolomani” o  “evolofili”.

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“Rigenerazione Evola” – locandina dell’evento (17 maggio 2014)

E così abbiamo potuto ascoltare le parole robuste ed essenziali di due grandi scrittori “da combattimento” come Rodolfo Sideri e Maurizio Rossi, incentrate rispettivamente sulla politicità, sulla rivoluzione tradizionale e la militanza legionaria insite nell’insegnamento evoliano; le parole scolpite e meditate di un grande studioso, maestro del pensiero tradizionale ed amico di Raido quale Mario Polia, che ha ricordato le virtù essenziali della romanitas, da intendersi nel suo significato atemporale; le parole legionarie di Ludovico e Marzia, in rappresentanza della Comunità di Raido, a ripercorrere i celebri “orientamenti” di Evola per rimanere in piedi fra le rovine, ed a ricordare il fondamentale ruolo della donna in una sana comunità tradizionale.

Una volta lasciata la sala Ouverture che ha ospitato l’evento, il ritorno alle proprie case ed alle proprie vite di tutti i giorni è stato assai problematico, come sempre accade dopo essersi immersi per qualche ora nelle cristalline acque della Tradizione: si percepisce e si sente sulla propria pelle lo scarto, la differenza, l’abisso tra due visioni, tra due mondi, tra due civiltà irrimediabilmente e tragicamente antitetiche.

Quel sabato sera, a Roma, c’era stata la cosiddetta “notte bianca”, dopo un pomeriggio dominato dai soliti cortei che hanno tenuto sotto scacco mezza città. Gli autobus erano strapieni, come le strade e le piazze occupate da centinaia di persone freneticamente in movimento come tante formiche, spesso raccolte a formare lunghissime file per entrare nei musei rimasti aperti gratuitamente, per vedere di tutto e di più, senza badare alla qualità ed alla sostanza, ma possibilmente solo alla quantità ed alla forma svincolata. Centinaia di persone inconsapevolmente perse nella loro vacuità, nella ricerca ossessiva dell’occasione “culturale” da sfruttare ad ogni costo (si veda, a proposito del fenomeno dell’ “infatuazione artistica di massa”, quanto osservato in un nostro precedente articolo), del look da sfoggiare per l’occasione, della “figura” da fare con amici e conoscenti.

Ragazzi e ragazze plagiati dalle mode deformi e decadenti e dalle dipendenze tecnologiche dettate dalle multinazionali apolidi della globalizzazione; giovani per lo più sperduti, abbandonati a sé stessi, senza una via, una linea da seguire, un faro che mostri loro la vera Luce. Dall’altra parte, adulti che giocano a fare gli “splendidi” e gli eterni Peter Pan, spesso totalmente ignari di quello che dovrebbe essere il loro ruolo in un vero contesto comunitario.

Tantissime le donne e le ragazze, rigorosamente ben truccate e, talvolta, anche ben vestite – laddove si riesca ancora a sfuggire a quei dettami spersonalizzanti ed omologanti delle mode contemporanee cui si accennava –  alla ricerca di un’ “esteriorità d’impatto”, come oggi sembra essere d’ordinanza: un “must” dell’american way of life e della società contemporanea. Non è un caso che lo sguardo vigile di chi cerca faticosamente di essere degno di combattere sul Fronte della Tradizione cada sull’elemento femminile: uno dei principali strumenti utilizzati dalle forze sovversive per realizzare i propri fini è costituito proprio dalla decadenza della donna, fenomeno indotto e stimolato in ogni modo – e peraltro preannunciato negli scritti sacri o nelle profezie nell’ambito delle grandi civiltà tradizionali – che genera tutta una serie di rovinosi effetti a cascata sulle strutture portanti delle comunità, rompendo delicatissimi equilibri nella sfera sessuale, familiare, lavorativa, sociale.  

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Isteria di massa per le notti bianche

Volti e corpi curati non potevano però nascondere ad un occhio attento il vuoto interiore che emergeva negli occhi di queste giovani o giovanissime, riflessi sugli schermi dei loro smartphones, mentre erano spasmodicamente intente a scrivere, aggiornare i loro profili sui social-network, scattare o scorrere foto e video, sentire musica con gli auricolari, perdersi in continue, ricercate smancerie, baci ed abbracci, con i rispettivi ragazzi, amici o amiche. Qualunque cosa, insomma, purché ci sia sempre “rumore”, ci si muova, si faccia qualcosa, si tengano i sensi freneticamente attivi, senza però che ci sia un fine realmente degno da perseguire: guai a rimanere in silenzio, guai a rimanere soli con sé stessi. Non si tratta evidentemente di nichilismo attivo, ma di una sorta di becero ed incontrollabile “attivismo nichilista”, degno dell’epoca odierna.

Ma oggi tutto questo sembra inevitabile: come osservato altre volte, il baricentro dell’uomo e della donna contemporanei è evidentemente spostato nell’elemento corporeo, o al massimo nei livelli più inferiori (per lo più subcoscienti e irrazionali) dell’elemento animico: l’uno e gli altri assumono pertanto oggi il ruolo direttivo nell’individuo, riducendo a loro strumento, e quindi alterandolo o svuotandolo completamente, l’elemento spirituale.  

Torna alla mente quanto ha scritto Geminello Alvi nel saggio introduttivo alla nuova edizione de “Il Cammino del Cinabro” di Evola: “Può l’Italia presente pensare una vita come quella di Evola? Direi di no, neppure potrebbe litigarci. Per gli italiani questo resoconto … resta inconcepibile”. Come commentato  da Giovanni Sessa in un articolo apparso su il Borghese: “L’esperienza speculativa e pratica di Evola è, infatti, il totalmente altro rispetto alla vita intesa quale «viltà in atto». Nulla ha da spartire la generazione attuale, prona agli altari dei «diritti dell’uomo» e dei potentati finanziari, con il gusto della coerenza e dell’estremo che connotò di sé il percorso del pensatore tradizionalista. Evola è non semplicemente inattuale, ma postumo e imperdonabile rispetto alla contemporaneità vacua, gaia e liquida”.

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La nuova edizione ampliata de “Il cammino del cinabro”

Questo senso di vacuità, di “gaiezza” da ostentare a tutti i costi, di “liquidità”, che fa così rima con quel divenire frenetico di uomini e donne “costrette” ad allinearsi ai dettami della società atomistica, mercificata ed omologata, che si contrappone nefasto alla rocciosa stabilità dell’essere di uomini e donne della Tradizione, centrati lungo un immutabile asse verticale, erano veramente palpabili in quel sabato sera dedicato alla celebrazione dell’edonismo di massa.

Come sottolineato dai militanti di Raido, in questo mondo invertito che non ha futuro, l’unica via è rimanere in piedi fra le rovine, dandosi una forma ed una disciplina, senza illusioni di sorta verso il “progresso”, i governi o le cosiddette istituzioni.

L’obiettivo primario rimane dunque la formazione interiore ed esteriore di uomini e donne con solide basi spirituali, nel contesto di piccole ma operose comunità militanti come Raido, snelle unità operative che, coordinandosi tra loro sul territorio, potranno, col tempo, costituire una rete organica ed articolata, in grado da una parte di tramandare e mantenere vivi e tangibili i principi del mondo Tradizionale e, dall’altra, di costituire un primo embrione su cui costruire le fondamenta di una nuova comunità organica, che potrà venire concretamente alla luce soltanto in un futuro al momento molto lontano. Non va infatti dimenticato, come disse Evola, che occorrerà “Difendere un ideale e tenere le posizioni anche se esse dovessero essere posizioni perdute – o per meglio dire: anche quando dovesse essere problematico che coloro che ancora rimarranno a vegliare durante la notte possano incontrare coloro che appariranno nel nuovo mattino”.


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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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