Meyrink, il risveglio ed il senso occulto del matrimonio

Dopo l’analisi della famiglia in senso spirituale, quale fondamentale termine mediano di raccordo tra individuo e Stato, in un’ottica tanto organica e corporativa, quanto eroica e sacrale, Evola si sofferma en passant, scrivendo a proposito di Gustav Meyrink in quest’articolo uscito sul “Roma” nel 1972 (con un’intitolazione originale limitata solo al “senso occulto del matrimonio”) sulle tesi espresse dallo scrittore austriaco, per bocca dei suoi personaggi nei romanzi “Faccia verde” e “L’Angelo della finestra d’Occidente”, circa il significato esoterico del congiungimento tra uomo e donna, e la complessità dell’interazione tra la polarità maschile e femminile, nell’ottica della ricostituzione dell’unità androginica primordiale. Un tema importante, su cui avremo modo di tornare più ampiamente.

Nell’immagine in evidenza, particolare di Adone e Venere, celebre scultura neoclassica di Antonio Canova, completata nel 1794 ed esposta al Musée d’Art et d’Histoire di Ginevra.

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di Julius Evola

Tratto dal “Roma”, 7 luglio 1972

Recentemente è stato rilanciato un gruppo di traduzioni di libri di Gustav Meyrink: Il Domenicano Bianco, la Notte di Valpurga, L’Angelo della Finestra d’Occidente, dopo che l’editore Bompiani aveva già pubblicato un nuova traduzione del Golem, libro che  suo tempo ebbe in Germania un grande successo e del quale fu fatto anche un film.

Il Meyrink (1868-1932) è un autore veramente unico nel suo genere. La designazione «romanzo» si applica solo approssimativamente ai suoi libri. Se in essi il sovrannaturale ha una parte di rilievo, il tutto non si riduce, però, al fantastico, come nella linea che da un Poe e da un Hoffmann va fino ad un Lovecraft.

Gustav Meyrink (1868–1932)

In essi il sovrannaturale ha, a suo modo, un carattere di realtà per il frequente riferimento ad insegnamenti iniziatici, i quali talvolta vengono dati direttamente, talatra risultano da contesti simbolici. Pel Meyrink questo elemento valeva effettivamente come quello primario. Così in una intervista egli ebbe a dichiarare che i suoi romanzi non erano che «vesti», che essi avevano un contenuto simbolico il quale rifletteva sue esperienze. Affermò, inoltre, che i suoi personaggi e le loro vicende, più che inventarli, li «vedeva».

È possibile che il Meyrink abbia avuto una iniziazione in senso proprio. A tutta prima, in gioventù un impulso verso il sovrannaturale lo aveva portato ad interessarsi ad alcune forme spurie di «occultismo» e allo stesso spiritismo, da cui, però, poi si staccò decisamente pronunciando su esse severi giudizi. Specie grazie a contatti successivi con degli Indù e con ambienti cabalistici egli trovò «la via» e fu in grado di formulare una concezione complessiva della vita ad orientamento magico e iniziatico che, sebbene esposta in romanzi – romanzi aventi un alto valore artistico – per la sua chiarezza e autenticità trova difficilmente riscontro in opere dedicate specificamente a questa materia.

Si può accennare, qui, ad alcuni degli aspetti principali di questa concezione. Come centro, può valerci la dottrina del Risveglio, con la contrapposizione fra lo stato abituale dell’esistenza umana e quello di coloro che sono passati ad una forma superiore di esistenza e che vengono chiamati «i Viventi», in senso eminente. Se al buddhismo delle origini fu propria la dottrina dell’«anâtmâ», ossia la negazione di un vero Io nell’uomo comune, questa stessa è la veduta del Meyrink.

Un personaggio della Notte di Valpurga dice: «Lei crede veramente che tutti coloro che circolano di solito nelle strade posseggano un Io. Essi non posseggono proprio nulla. Sono piuttosto posseduti ad ogni momento da un fantasma che in loro giuoca la parte di un Io».

Altrove il Meyrink parla di «soli spenti», di esistenze, in fondo, spettrali. «Di nulla l’uomo è così fermamente convinto quanto di essere sveglio. In verità, però, egli è imprigionato da una rete di sonno e di sogni che lui stesso si è creata. Quelli che vi sono impigliati passano nella vita come un gregge avviato al macello». Si stacca da tale gregge chi ha ritrovato quella «chiave della potenza sulla natura inferiore, arrugginita fin dal diluvio che si chiama esser sveglio. Esser sveglio è tutto». «Immortale, in verità, è solo l’uomo svegliato. Astri e iddii tramontano, lui soltanto resta e può portare a compimento tutti ciò che vuole. Non c’è un dio al disopra di lui».

’Ensō (円相), vale a dire, in giapponese, il cerchio, che simboleggia l’indicibile nulla dello Zen, stato germinale di tutte le cose, con inscritto l’ideogramma che raffigura il Satori (悟, da satoru, “rendersi conto”) che indica l’illuminazione suprema, l’esperienza del risveglio spirituale

Circa la via che conduce al risveglio, il Meyrink parla del «dominio magico del pensiero», cosa diversa dai soliti peregrini esercizi di concentrazione mentale additati da teosofi e da «spiritualisti». In un testo inserito nella Faccia Verde, sono indicate anche alcune tecniche per propiziare il Risveglio, tecniche che in parte ricordano quelle dello Yoga e che partono dall’immobilizzazione del corpo per, poi, disciogliersi da esso e sorpassare un mondo di apparizioni e di fantasmi. Altrove, viene anche accennato alla prova del sussistere della coscienza in un cambiamento di stato provocato da fumi tossici. Sembra, però, che il Meyrink consideri anche una specie di predestinazione o di vocazione (nel senso di un essere chiamati) necessaria per avviarsi verso il Risveglio.

Ad esempio, vengono rievocate le leggende circa apparizioni di esseri «mai morti» – Elia, il Giovanni evangelista degli gnostici, il Childer Grün cabalistico, a cui si potrebbe aggiungere il misterioso El Khidr islamico (1) – che si manifesterebbero a coloro che «sono stati morsi dalla serpe». Ovvero a condurre a tanto è una configurazione «fatale» della propria esistenza, un improvviso capovolgimento interiore (che in un certo modo fa pensare al «satori» dello Zen) o l’improvviso accelerarsi dei ritmi esistenziali: «come un cavallo che fino ad allora fosse andato al passo e ad un tratto si lanciasse al galoppo». La vicenda, allora, può avere anche aspetti tragici, può essere quella di una specie di «notte di Valpurga»: forze che si liberano, che prendono possesso dell’essere e lo trasportano. Il risveglio avviene dopo qualcosa come un incubo, e su quella linea sottilissima che separa la «Via della Vita» dalla «Via della morte».

Nel mondo del Meyrink la donna e il simbolo dell’androgine hanno una parte di rilievo. Le parole messe in bocca, nella Faccia Verde, al cabalista Sefardi nel parlare del ponte che conduce alla vita sono: «Da solo, nessun uomo può giungere a quella mèta: egli deve avere una compagna. Soltanto le forze congiunte dell’uomo e della donna possono render possibile quel passaggio. Il senso occulto dell’unione matrimoniale, smarrito da millenni, sta appunto in ciò». Il riferimento è, però, soprattutto ad un tipo particolare, «magico», di congiungimento, e soltanto a questo si lega il simbolo della realizzazione dell’androgine (dell’essere completo, più o meno nel senso platonico). L’idea di base qui è che l’istinto sessuale «è la radice della morte», ma che il compito non è di estirparlo e di fuggire dalla donna come si propone l’asceta cristiano, bensì di assorbire nell’uomo il principio femminile, in terra disgiunto da quello maschile, in una unione occulta che non è priva di pericoli.

Il maschile e il femminile non costituirebbero soltanto un polarità (la quale nell’esistenza comune può anche condurre ad una semplice banale complementarietà). Fra i due principi esistono una tensione e un antagonismo, latenti ma reali. Un personaggio dell’Angelo della Finestra d’Occidente contrappone all’«eros animalmente procreatore» e all’amore comune, chiamano «plebeo», rapporti sessuali nei quali la polarità sessuale latente diviene patente ed estrema, tanto da conferire all’esperienza un carattere distruttivo. Se in Cina si chiamava la donna «la nemica», perché essa tende a captare il principio yang dell’uomo, il Meyrink parla della «morte suggente che viene dalla donna» in relazione all’azione che essa eserciterebbe – anche insensibilmente e invisibilmente – già in generale; con visibile riferimento alle pratiche tantriche, egli però considera – sempre nella veste di vicende romanzesche – dei procedimenti intesi a far sì che l’«elemento magico» portato dall’energia sessuale maschile non si versi e si sperda nella sostanza femminile.

Fra i vari temi ripresi dal Meyrink dalle tradizioni iniziatiche vi è quello di un «Ordine», che si può far corrispondere anche alla «catena dei Viventi», cioè degli «Svegliati», e il tema di un centro supremo occulto del mondo, sede di essere che controllano invisibilmente i destini degli uomini. Per il secondo tema, ricorrente in una forma o nell’altra negli insegnamenti segreti e nelle tradizioni di varie aree culturali, si può riandare al vasto materiale raccolto e interpretato da René Guénon nel suo libro, tradotto anche in italiano, Le Roi du Monde.

Il lettore può anche arrestarsi al semplice aspetto letterario di «romanzo» delle opere del Meyrink, che, come s’è detto, su questo stesso piano, sono uniche nel loro genere. Altri lettori potranno, però, anche valutare adeguatamente insegnamenti effettivi, come quelli su cui abbiamo qui richiamato l’attenzione, contessuti nelle vicende narrate, o simboleggiati da esse.

Nota

(1) El Khidr, al-Khiḍr, o al-Khaḍir (in arabo: ﺍﻟﺨﻀﺮ‎), è l’equivalente, nella tradizione islamica, del Re del Mondo, del Melkisedeq dell’Antico Testamento, del Khezr della tradizione persiana. Nel Corano questa figura compare nella Sūra XVIII, come la guida metafisica di Mosè (in arabo Mūsā), come il suo Sé, che lo invita a seguire la Via della Giustizia ed a non giudicare in modo erroneo e frettoloso quelle volontà divine che potrebbero apparire incomprensibili per la razionalità umana, che non riesce a penetrare i significati sottesi ai progetti della provvidenza divina e le sue finalità superiori. L’Imam Bukhari riporta che il Profeta così disse: “Al-Khidr (‘l’Uomo Verde’) era così chiamato perché una volta sedeva su una terra arida e bianca, dopo ciò questa terra diventò di un verde lussureggiante di vegetazione”. Il “Childer” Grün citato da Evola poco prima, in relazione alla tradizione cabalistica, è sostanzialmente la medesima figura (N.d.R.).



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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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