Il simbolismo del Natale nella tradizione ariana

Piccola interruzione allo “Speciale Sessantotto”, cui RigenerAzione Evola sta dedicando il mese di dicembre, per lasciare spazio ad uno dei canonici articoli di Evola in materia di simbolismo del Natale e del Solstizio d’Inverno nella Tradizione indoeuropea. Riprenderemo e concluderemo lo speciale dedicato a smontare i falsi miti del Sessantotto con altri due scritti evoliani, prima di una breve pausa. Cogliamo l’occasione per porgere ai nostri lettori i migliori auguri di un felice Natale e di serene festività, da vivere all’insegna della Tradizione, contro tutte le mistificazioni e le contraffazioni materialistiche e consumistiche con cui il mondo moderno e contemporaneo ha alterato questo e tanti altri tempi forti dell’anno solare, fondamentali per gli equilibri spirituali dell’uomo.

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di Julius Evola

tratto da “Il Corriere Padano”, XIX, 30 dicembre 1941

Ogni schietta tendenza spiritualistica dovrebbe mirare, oggi, a due scopi. Anzitutto, a promuovere un ritorno alle origini, per riportare alla luce i significati più profondi di tradizioni e di simboli, oscuratisi nel corso dei millenni, sì da non sopravviverne che frammenti sparsi, decaduti in consuetudini e in feste convenzionali. In secondo luogo – e non senza relazione a ciò – bisognerebbe ridestare la sensibilità per una concezione vivente del mondo e della natura, limitando il potere di quella razionalistica, profana e scientista, da cui l’uomo occidentale è stato così spesso stregato.

Ben pochi sospettano, ad esempio, che le feste di questi giorni, che ancor oggi – nel secolo dei grattacieli, della radio, di grandi movimenti delle folle – si celebrano nelle cosmopoli così come fra trincee, macchine da guerra e masse combattenti, continuano una tradizione remota riportanteci ai tempi nei quali, quasi all’aurora dell’umanità, s’iniziò il moto ascendente delle prime civiltà arie; una tradizione nella quale, peraltro, si espresse meno una particolare credenza degli uomini, che la gran voce delle stesse cose.

Così vale ricordare che in origine la data del Natale coincideva con quella dell’inizio dell’anno nuovo, non essendo, la prima, arbitraria, ma legata ad un preciso movimento cosmico, al solstizio d’inverno. Il solstizio d’inverno cade infatti nel 24-25 dicembre (1), che è la data del Natale cristiano, ma che anche prima del cristianesimo fu giorno di festa. Nella romanità precristiana questa data valeva come quella del risorgere del sole, quale dio invitto: Natalis Solis Invicti. Era il giorno del sole nuovo – dies Solis novi– col quale nell’epoca imperiale prendeva inizio il nuovo anno, il nuovo ciclo. Ma questo «Natale solare», che dunque fu celebrato già prima del cristianesimo o, almeno, indipendentemente dal cristianesimo nel mondo romano, rimanda a sua volta ad una tradizione assai più remota di origine nordico aria.

Per intenderne il significato, bisogna che circa il culto solare preistorico, del quale le tradizioni arie conservano tante tracce, non sorgano equivoci. Nel riguardo, non si deve pensare per nulla alle forme inferiori di un culto «naturalistico» ed idolatrico. L’antica umanità, malgrado quello che ancor oggi molti suppongono, non pensò affatto a divinificare superstiziosamente i fenomeni naturali, ma considerò invece tali fenomeni come simboli sensibili di significati superiori, spirituali, quindi, più o meno, come appoggi spontaneamente offerti dalla natura per poter presentire questi stessi significati trascendenti.

“Pitagorici celebrano il sorgere del sole” di Fëdor Bronnikov, 1869 (cliccare per ingrandire)

Ciò deve anche pensarsi nei riguardi del culto solare preistorico. Il sole, a tale riguardo, valse anche come la «luce degli uomini» in un senso superiore e interiore. Così anche l’intero corso del sole nell’anno, con le fasi ascendenti, si presentò nei termini di un grandioso simbolo cosmico.

Ora bisogna riportarci all’ambiente proprio ai ceppi arii quando risiedevano nelle regioni nordiche, prima delle loro emigrazioni che dovevano generare le varie civiltà indoeuropee. In tali regioni era sopravvenuto il clima artico e l’incubo di una notte eterna. In tali condizioni il solstizio d’inverno venne vissuto secondo una particolare drammaticità. Esso rappresentava infatti il punto più basso dell’eclittica, cioè quello nel quale il sole «luce della vita» sembra tramontare, sprofondandosi nella terra desolata e gelata o nelle acque o fra le tetre selve, da cui però ecco che invece subito di nuovo si rialza a risplendere di nuovo chiarore. Qui sorge una vita nuova, si pone un nuovo inizio, si apre un nuovo inizio del Dio-anno. È un avvenimento sentito sia dal mondo, che nell’interiorità umana. La «luce della vita» si riaccende. Sorge o nasce dalle acque l’«eroe solare». Di là dall’oscurità e dal gelo mortale viene vissuta una rinascita, una liberazione. Il simbolico albero del mondo o della vita si anima di nuova forza.

In relazione a tutti questi significati, già in tempi preistorici, anteriori di millenni all’era volgare, una quantità di riti e di feste sacre andarono a celebrare la data del 25 dicembre od una assai prossima ad essa, come data di nascita o di rinascita – nel mondo così come nell’uomo – della forza «solare».

Il tradizionale albero natalizio, ancora in uso in vari paesi, ma nella forma di una faccenda da bambini, o, al massimo, da brave famiglie borghesi, è un’eco residuale di quell’antichissima, severa tradizione solare aria. Un tale albero, ricavato da un «sempre verde», cioè da pianta che non intristisce nell’inverno, pino od abete, riproduce l’arcaico «albero della vita» o «del mondo». Quest’albero al solstizio d’inverno s’illumina dunque di nuova luce, e questa idea si trova espressa dalle candelette che lo adornano e che vengono accese proprio in quella data, il 25 dicembre. Infine, i «doni» di cui quell’albero è ricco – oggi, semplici regali ai bambini – raffigurano effettivamente il simbolico «dono di vita» legato alla «rinascita solare», alla luce che nasce o risorge nel nuovo ciclo annuale.

Ora, il momento in cui il semper virens, la pianta che non muore, si rinnova ed illumina, nel simbolismo primordiale è anche quello in cui, come si è detto, l’«eroe solare» sorge dalle acque o dalla terra desolata, quale personificazione di tale luce. Nella successiva festa cristiana, la stessa data è valsa come la «nascita del Redentore».

L’antecedente romano ed ariano ebbe un significato alquanto diverso, più connesso ad una tradizione propriamente guerriera. Abbiamo già detto che la data natalizia valse a Roma come quella del Natalis Solis Invicti. Essa valse però anche semplicemente come Natalis Invicti, espressione, nella quale il termine «invitto» si riferiva essenzialmente a Mithra. L’attributo di «invitto», originariamente legato al Sole che forza perennemente vittoriosa sulla notte e sulla tenebre, passò all’eroe divino Mithra, che fu la figura centrale di un culto fra l’iniziatico e il guerriero di origine aria (ario-iranica), il quale ebbe nella romanità una particolare diffusione. L’inizio del nuovo ciclo annuale era dunque contrassegnato dalla nascita simbolica dell’eroe solare, di Mithra.

Ora è importante rilevare che Mithra non valse nell’antichità come una divinità astratta, ma come un Dio misterico e, simultaneamente, come un «fautore dell’impero», fautor imperii. Sono due idee importanti, che qui vogliamo brevemente approfondire.

L’essere, Mithra, un Dio dei Misteri, vuol dire che esso veniva presentato meno come l’oggetto di una semplice devozione, quanto come il simbolo di una determinata realtà interiore, più che semplicemente umana, che si doveva realizzare per mezzo di una trasformazione profonda del proprio essere. «Mithra», in altri termini, era il nome di una esperienza interiore e di una realizzazione più che umana, per via della quale si stabiliva la possibilità di una partecipazione dell’uomo alla forza «solare» e «invitta».

Ora appunto gli attributi della solarità e della «invincibilità» ricorrono nelle tradizioni arie relative alla regalità e all’Imperium, tradizioni che furono riprese da Roma, tanto che non è azzardato parlare di un vero e proprio «mandato divino solare» quale anima viva della funzione imperiale cesarea, che così ci appare come una specie di ultimo guizzo – in un mondo già decadente – di significati primordiali a poco a poco oscuratisi.

Il significato ultimo del «mandato divino solare» si può esprimere come segue: è veramente Capo legittimo colui che partecipa della stessa natura simbolica del Sole, come forza invitta luminosa, sulla quale quelle della notte e della buia terra mai prevarranno; è dunque colui che riflette più o meno la dignità dell’«eroe solare», che gli iniziati mithriaci cercavano di realizzare nel segno del Dio del loro mistero.

Allo stesso modo che l’albero cosmico, da cui deriva l’albero natalizio, secondo una tradizione continuatasi fino al Medioevo ghibellino è anche un «albero dell’impero» – arbor solis, arbor imperii – del pari nel mondo romano l’invictus, l’aníketos che nasceva nella data natalizia, identica, allora, a quella dell’anno nuovo, era non solo il portatore di una nuova luce agli uomini, ma anche il fautor imperii, il dominus romani imperii, un principio cioè intimamente connesso all’idea di impero, nella sua concezione più alta.

Da tale esempio si può dunque presentire che nelle feste tradizionalistiche di oggi si abbiano, per così dire, i residui morenici di un mondo in buona parte perduto, gli echi remoti di motivi che, nelle antiche tradizioni arie, ebbero una portata non soltanto religiosa e mistica, ma sacra, eroica e cosmica ad un tempo. Furono le tradizioni di una gente, alla quale la stessa natura la stessa gran voce delle cose parlò, nella data natalizia, di un mistero di resurrezione e di «vita nova», di luce interiore e di imperium nel senso supremo del termine.

Nota

(1) In realtà il solstizio d’inverno cade alternativamente il 21 o il 22 dicembre (soltanto a distanza di centinaia di anni può cadere eccezionalmente il 20 o il 23 dicembre), ritardando ogni anno di 5 ore, 48 minuti e 46 secondi rispetto all’anno precedente, per poi riallinearsi forzosamente ogni 4 anni, in corrispondenza dell’anno bisestile, introdotto per evitare la progressiva divergenza delle stagioni con il calendario. Ricordiamo che il termine “solstizio” – dal latino “sol” (sole) e “sĭstere” (fermarsi) – indica, in astronomia, il momento in cui il Sole raggiunge, nel suo moto apparente lungo l’eclittica, il punto di declinazione massima (solstizio d’estate) o minima (solstizio d’inverno), rispettivamente nel mese di giugno e dicembre (N.d.R.).



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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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