Il simbolo della caverna ed i solstizi

In occasione del Solstizio d’Inverno, diamo la parola ancora una volta al maestro René Guénon per affrontare i simbolismi ed i significati che a tale “pilastro dell’anno” si ricollegano, anche in relazione a contesti iniziatici ed a destini post-mortem. Dapprima, oggi, una selezione di passi tratti da svariati articoli pubblicati su Études Traditionnelles tra il 1937 ed il 1938, anche al fine di inquadrare il simbolismo della caverna e della nascita dell’Avatara (Cristo nella tradizione cristiana) al suo interno ed in questo “periodo forte” dell’anno. Domani, a completamento, un interessante approfondimento sui solstizi quali “porte zodiacali” di entrata ed uscita con riferimento alla cosiddetta “caverna cosmica”.

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di René Guénon

1. Caverna iniziatica e seconda nascita (rinvio)

Lo sviluppo del germe spirituale implica l’uscita dell’essere dal suo stato individuale, e dall’ambiente cosmico che ne costituisce il luogo proprio (…);  non si faticherà a comprendere come quest’uscita sia anche l’equivalente dell’uscita dalla caverna iniziatica (…). La «nuova nascita» presuppone necessariamente la morte al vecchio stato, che si tratti di un individuo o di un mondo; morte e nascita o resurrezione, sono due aspetti inseparabili l’uno dall’altro, poiché non sono in realtà che le due facce opposte di uno stesso cambiamento di stato. La caverna è a un tempo un luogo di sepoltura e un luogo di «rinascita» (…).

(immagine tratta liberamente e senza modifiche da pixabay.com (free simplified pixabay license; author: Pexels)

Quanto ai rapporti fra caverna funeraria e caverna iniziatica, non si può vedere a rigore null’altro che una preparazione all’iniziazione nella morte al mondo profano, seguita dalla «discesa agli Inferi” che è, beninteso, la stessa cosa del viaggio nel mondo sotterraneo cui la caverna dà accesso; e, per quanto riguarda l’iniziazione stessa, lungi dall’essere considerata una morte, essa è al contrario considerata una «seconda nascita», come pure un passaggio dalle tenebre alla luce. Ora, il luogo di questa nascita è ancora la caverna, almeno nel caso in cui in essa si compia l’iniziazione, di fatto o simbolicamente, poiché è ovvio che non bisogna generalizzare troppo e che, come per il labirinto (…), non si tratta di qualcosa di necessariamente comune a tutte le forme iniziatiche senza eccezioni.

Lo stesso appare del resto, anche exotericamente, nel simbolismo cristiano della Natività, altrettanto chiaramente quanto in altre tradizioni; ed è evidente che la caverna come luogo di nascita non può avere esattamente lo stesso significato della caverna come luogo di morte o di sepoltura. Si potrebbe comunque far notare, almeno per collegare fra di loro questi due aspetti diversi e apparentemente opposti, che morte e nascita non sono in fondo che le due facce di uno stesso cambiamento di stato, e che si ritiene che il passaggio da uno stato a un altro si debba sempre effettuare nell’oscurità; in tal senso, la caverna sarebbe dunque, più esattamente, il luogo stesso del passaggio: ma questo, pur essendo rigorosamente vero, si riferisce ancora solo a uno dei lati del suo complesso simbolismo.

(…) Lungi dall’essere un luogo tenebroso, la caverna iniziatica è illuminata internamente, sicché l’oscurità regna al contrario al di fuori di essa, essendo naturalmente il mondo profano assimilato alle «tenebre esterne», ed essendo la «seconda nascita» al tempo stesso un’“illuminazione».

2. Caverna e cuore

Ora, se ci si chiede perché la caverna sia considerata in questo modo dal punto di vista iniziatico, risponderemo che la soluzione di questo problema si trova, da una parte, nel fatto che il simbolo della caverna è complementare a quello della montagna, e, dall’altra, nel rapporto che unisce strettamente il simbolismo della caverna a quello del cuore (…).

(…) Il cuore è essenzialmente un simbolo del centro, che si tratti del centro di un essere o, analogicamente, di quello di un mondo, cioè, in altri termini, sia che ci si ponga dal punto di vista microcosmico sia dal punto di vista macrocosmico; e quindi naturale, in virtù di questa relazione, che lo stesso significato convenga ugualmente alla caverna; ma dobbiamo ora spiegare più completamente proprio questa connessione simbolica.

Il simbolo tradizionale del Cuore, sedes sapientiae, nella versione cristiana del Sacro Cuore di Gesù, che promana fuoco e luce

La «caverna del cuore” è una nota espressione tradizionale: il termine “guha”, in sanscrito, designa in genere una caverna, ma si applica anche alla cavità interna del cuore, e quindi al cuore stesso; è questa «caverna del cuore” il centro vitale in cui risiede, non solo “jivatma”, ma anche “Atma” incondizionato, che è in realtà identico a Brahma stesso. La parola “guha” è derivata dalla radice “guh”, il cui senso è «coprire» o «nascondere», senso che è pure quello di un’altra radice similare “gup”, da cui “gupta” che si applica a tutto ciò che ha un carattere segreto, a tutto ciò che non si manifesta esteriormente: è l’equivalente del greco “Kruptos”, da cui la parola «cripta», sinonimo di caverna.

Queste idee si riferiscono al centro, in quanto esso è considerato il punto più interno, e di conseguenza il più nascosto; nello stesso tempo, si riferiscono anche al segreto iniziatico, sia in se stesso, sia in quanto è simboleggiato dalla disposizione del luogo in cui si compie l’iniziazione, luogo nascosto o “coperto» cioè inaccessibile ai profani, sia che l’accesso ne sia impedito da una struttura «labirintica» o in qualsiasi altro modo (come, per esempio, i «templi senza porte” dell’iniziazione estremo-orientale), e sempre considerato un’immagine del centro. D’altra parte, è importante notare che questo carattere nascosto o segreto, per quel che concerne i centri spirituali o la loro raffigurazione, implica che la verità tradizionale stessa, nella sua integralità, non sia più accessibile a tutti gli uomini indistintamente, il che indica che si tratta di un’epoca di «oscuramento” almeno relativo; ciò permette di «situare» questo simbolismo nel corso del processo ciclico (…).

Lo schema del cuore è un triangolo con la punta rivolta verso il basso (il «triangolo del cuore” è un’altra espressione tradizionale); e questo stesso schema è applicato anche alla caverna, mentre quello della montagna, o della piramide che le equivale, è al contrario un triangolo con la punta volta verso l’alto; questo mostra come si tratti di un rapporto inverso, e anche in un certo senso complementare. (…)

Ciò che, secondo la tradizione indù è nascosto nella «caverna del cuore», è il principio stesso dell’essere, che, in questo stato di «avviluppamento» e in rapporto alla manifestazione, è paragonato a quanto c’è di più piccolo (la parola “dahara”, che designa la cavità in cui risiede, si riferisce anch’essa a quest’idea di piccolezza), mentre esso è in realtà quanto c’è di più grande, così come il punto è spazialmente infimo e anzi nullo, per quanto sia il principio dal quale è prodotto tutto lo spazio; o, ancora, come l’unità appare il numero più piccolo, per quanto contenga tutti i numeri principialmente e produca da sé tutta la loro serie indefinita.

(…) Nel cuore risiede a un tempo “jivatma”, dal punto di vista della manifestazione individuale, e Atma incondizionato o Paramatma, dal punto di vista principiale; questi due sono distinti in modo soltanto illusorio, cioè relativamente alla manifestazione stessa, e sono identici nella realtà assoluta. Sono «i due che sono entrati nella caverna» e, nello stesso tempo, sono detti anche «dimorare sulla vetta più alta», così che i due simbolismi della montagna e della caverna si trovano qui riuniti (…)

3. Carattere assiale di montagna e caverna

È importante notare a questo punto che il simbolismo dell’albero è essenzialmente «assiale» come quello della montagna; e la caverna, in quanto viene situata sotto la montagna o all’interno di essa, si trova anch’essa sull’asse, giacché, in ogni caso, e in qualunque modo si considerino le cose, il centro è necessariamente sempre là, essendo il luogo dell’unione dell’individuale con l’Universale.

Esiste dunque uno stretto rapporto fra la montagna e la caverna, in quanto sono entrambe prese come simboli dei centri spirituali, come lo sono del resto, per evidenti ragioni, anche tutti i simboli «assiali” o «polari», tra cui la montagna è appunto uno dei principali. (…) Bisogna comunque notare anche che la montagna ha un carattere più «primordiale» della caverna: ciò risulta dal fatto che essa è visibile all’esterno, che è anzi, si potrebbe dire, quel che c’è di più visibile da tutte le parti, mentre invece la caverna è, come abbiamo detto, un luogo essenzialmente nascosto e chiuso. Si può facilmente dedurne che la rappresentazione del centro spirituale tramite la montagna corrisponde propriamente al periodo originario dell’umanità terrestre, periodo durante il quale la verità era integralmente accessibile a tutti (donde il nome di Satya-Yuga, e la vetta della montagna è allora Satya-Loka o «luogo della verità»); ma quando, in seguito al cammino discendente del ciclo, questa stessa verità fu ormai solo alla portata di un’“élite” più o meno ristretta (il che coincide con il principio dell’iniziazione intesa nel suo senso più stretto) e diventò nascosta alla maggioranza degli uomini, la caverna fu un simbolo più appropriato al centro spirituale e, quindi, ai santuari iniziatici che ne sono l’immagine.

Come abbiamo detto precedentemente, lo schema della montagna, come quelli della piramide e del tumulo che ne sono gli equivalenti, è un triangolo con il vertice rivolto verso l’alto; quello della caverna, invece, è un triangolo con il vertice volto verso il basso, quindi invertito rispetto al precedente. Il triangolo rovesciato è anche lo schema del cuore e della coppa che gli viene generalmente assimilata nel simbolismo, come abbiamo mostrato in particolare per quanto concerne il Santo Graal.

4. Caverna e “uovo del mondo”

Dopo tutte le considerazioni esposte precedentemente sui diversi aspetti del simbolismo della caverna, ci resta da trattare ancora un altro punto importante: i rapporti di questo stesso simbolo con quello dell’»Uovo del Mondo»; ma, affinché ciò possa essere ben compreso e ricollegato in modo più diretto a quanto abbiamo detto fin qui, dobbiamo parlare anzitutto dei rapporti simbolici del cuore con l’“Uovo del Mondo».

A tale riguardo, è importante prima di tutto osservare che l’“Uovo del Mondo» è la figura non del «cosmo» nel suo stato di completa manifestazione, ma di ciò a partire da cui si effettuerà il suo sviluppo; e, se tale sviluppo è rappresentato come un’espansione che si compie in tutte le direzioni a partire dal suo punto d’inizio, è evidente che questo punto coinciderà necessariamente con il centro stesso; così, l’“Uovo del Mondo” è effettivamente «centrale» in rapporto al «cosmo».

Resta ormai solo da mostrare come ciò che è contenuto nell’»Uovo del Mondo» sia realmente identico a ciò che, come abbiamo detto precedentemente, è anche contenuto simbolicamente nel cuore, e nella caverna in quanto ne è l’equivalente. Si tratta qui di quel «germe” spirituale che, nell’ordine macrocosmico, è designato dalla tradizione indù come Hiranyagarbha, cioè letteralmente l’«embrione d’oro»; ora, questo «germe» è veramente l’Avatara primordiale (a ciò si ricollega pure la designazione di Cristo come «germoglio» in vari testi delle Scritture), e abbiamo visto che il luogo della nascita dell’Avatara, come pure di ciò che vi corrisponde dal punto di vista microcosmico, è rappresentato precisamente dal cuore o dalla caverna.

L’uovo del mondo che contiene in sè il principio del mondo manifesto disegnato da S.Ildegarda di Bingen

La caverna iniziatica, abbiamo detto in precedenza, è considerata un’immagine del mondo; ma, d’altra parte, in virtù della sua assimilazione simbolica al cuore, essa ne rappresenta più particolarmente il luogo centrale. Questi possono sembrare due punti di vista differenti, ma, in realtà, non vi è nessuna contraddizione, e quel che abbiamo detto a proposito dell’»Uovo del Mondo” basta a conciliarli, e persino a identificarli in un certo senso: infatti, l’“Uovo del Mondo» è centrale in rapporto al “cosmo», e, nello stesso tempo, contiene in germe tutto ciò che quest’ultimo conterrà allo stato pienamente manifestato; tutte le cose si trovano quindi nell’“Uovo del Mondo», ma in uno stato di «avviluppamento», raffigurato precisamente, come abbiamo spiegato, anche dalla posizione stessa della caverna, per via del suo carattere di luogo nascosto e chiuso. Le due metà in cui si divide l’“Uovo del Mondo», secondo uno degli aspetti più comuni del suo simbolismo, diventano rispettivamente il cielo e la terra; anche nella caverna il suolo corrisponde alla terra e la volta al cielo; non c’è quindi nulla in tutto questo che non sia perfettamente coerente e normale.

5. Caverna e “seconda” e “terza nascita”

Ora, resta ancora da esaminare un’altra questione particolarmente importante dal punto di vista iniziatico: abbiamo parlato della caverna come luogo della «seconda nascita»; ma c’è una distinzione essenziale da fare tra questa «seconda nascita” e la «terza nascita», distinzione che corrisponde in definitiva a quella tra l’iniziazione ai «piccoli misteri” e l’iniziazione ai «grandi misteri»; se la «terza nascita” è anch’essa rappresentata dentro la caverna, come vi si adatterà il simbolismo di quest’ultima? La«seconda nascita», cioè propriamente quella che si può chiamare la «rigenerazione psichica», si opera nel campo delle possibilità sottili dell’individualità umana; la «terza nascita», invece, effettuandosi direttamente nell’ordine spirituale e non più psichico, è l’accesso alla sfera delle possibilità sopra-individuali. L’una è quindi propriamente una «nascita nel cosmo» (alla quale, come abbiamo detto, corrisponde nell’ordine macrocosmico la nascita dell’Avatara), e, di conseguenza, è logico che nelle raffigurazioni essa abbia interamente luogo all’interno della caverna; ma l’altra è una «nascita fuori del cosmo», e a questa «uscita dal cosmo», secondo l’espressione di Ermete, deve corrispondere, affinché il simbolismo sia completo, un’uscita finale dalla caverna, dal momento che questa contiene soltanto le possibilità incluse nel “cosmo», possibilità che l’iniziato deve precisamente superare in questa seconda fase dello sviluppo del suo essere, di cui la «seconda nascita» era in realtà solo il punto di partenza.

Qui, certi rapporti si troveranno naturalmente modificati: la caverna ridiventa di nuovo un «sepolcro», non più questa volta esclusivamente a causa della sua posizione «sotterranea», ma per il fatto che l’intero «cosmo» è in qualche modo il «sepolcro» da cui l’essere deve ora uscire; la «terza nascita» è necessariamente preceduta dalla «seconda morte», che è, non più la morte al mondo profano, ma veramente la «morte al cosmo» (e anche “nel cosmo”), e per questo la nascita «extra-cosmica” è sempre assimilata a una «resurrezione”. Perché tale «resurrezione”, che è nello stesso tempo l’uscita dalla caverna, possa aver luogo, bisogna che la pietra che chiude l’apertura del «sepolcro” (cioè della caverna stessa) sia tolta; vedremo in seguito come ciò si possa tradurre in certi casi nel simbolismo rituale.

D’altra parte, quando ciò che è fuori della caverna rappresentava solo il mondo profano o le tenebre «esterne», la caverna appariva come l’unico luogo illuminato, e illuminato necessariamente dall’interno; nessuna luce poteva infatti venirle dall’esterno.

Ora, siccome bisogna tener conto delle possibilità «extra-cosmiche», la caverna, malgrado questa illuminazione, diviene relativamente oscura, in rapporto, non diremo a quel che si trova fuori di essa senza distinzione, ma più precisamente a quel che è sopra di essa, al di là della sua volta, poiché è proprio questo che rappresenta la sfera «extra-cosmica». Secondo questo nuovo punto di vista, si potrebbe allora considerare l’illuminazione interna soltanto come il riflesso di una luce che penetra attraverso il«tetto del mondo», per la «porta solare», la quale è l’»occhio» della volta cosmica o l’apertura superiore della caverna.

Si può anche osservare che con questa illuminazione di riflesso si ritrova l’immagine della caverna di Platone, nella quale si vedono solo ombre, grazie a una luce che vien dal di fuori [Questa visione oscura è la visione “quasi per speculum in aenigmate” di cui parla san Paolo (Prima Epistola ai Corinti, xiii, 12); quel che appare manifestato nel «cosmo» è propriamente solo un’ombra o un «vestigio» della realtà trascendente, ma è d’altronde quel che ne costituisce il valore come simbolo di tale realtà]; e tale luce è proprio «extra-cosmica», poiché la sua fonte è il «Sole intelligibile». La liberazione dei prigionieri e la loro uscita dalla caverna è una «venuta alla luce», grazie alla quale essi possono contemplare direttamente la realtà di cui avevano percepito fino a quel momento un semplice riflesso; questa realtà, sono gli «archetipi” eterni, le possibilità  contenute nella «permanente attualità» dell’essenza immutabile.

6. Solstizi quali porte zodiacali della “caverna cosmica”

(…) Sembra che l’uscita finale dalla caverna iniziatica, considerata come una rappresentazione dell’“uscita dal cosmo», debba effettuarsi normalmente attraverso un’apertura situata nella volta, e proprio al suo zenith; ricordiamo che tale porta superiore, talora designata tradizionalmente come «mozzo solare» e anche come «occhio cosmico” corrisponde, nell’essere umano, al Brahma-randhra e alla corona della testa. Tuttavia, malgrado i riferimenti al simbolismo solare che s’incontrano in un caso simile, si potrebbe dire che questa posizione «assiale» e «zenithale” si riferisce più direttamente, e senza dubbio anche più originariamente, a un simbolismo polare.

Quel che si deve essenzialmente notare a tale riguardo è quanto segue: l’asse verticale, in quanto congiunge i due poli, è evidentemente un asse nord-sud; nel passaggio dal simbolismo polare al simbolismo solare, quest’asse dovrà essere in qualche modo proiettato sul piano zodiacale, ma in modo da conservare una certa corrispondenza, si potrebbe anche dire una equivalenza il più possibile esatta, con l’asse polare primitivo.

Ora, nel ciclo annuale, i solstizi d’inverno e d’estate sono i due punti che corrispondono rispettivamente al nord e al sud nell’ordine spaziale, così come gli equinozi di primavera e d’autunno corrispondono all’oriente e all’occidente; l’asse che soddisferà la condizione desiderata è dunque quello che unisce i due punti solstiziali; e si può dire che l’asse solstiziale svolgerà allora il ruolo di un asse relativamente verticale, come esso è infatti in rapporto all’asse equinoziale.

I solstizi si possono veramente chiamare i poli dell’anno; e questi poli del mondo temporale, se è lecito esprimersi così, si sostituiscono qui, in virtù di una corrispondenza reale e per nulla arbitraria, ai poli del mondo spaziale; essi sono d’altronde naturalmente in diretta relazione con il cammino del sole, i cui poli nel senso proprio e consueto della parola sono invece interamente indipendenti; e così si trovano legate l’una all’altra, nel modo più chiaro possibile, le due modalità simboliche di cui abbiamo parlato.

Stando così le cose, la caverna «cosmica» potrà avere due porte “zodiacali”, opposte lungo l’asse che abbiamo considerato, quindi rispettivamente corrispondenti ai due punti solstiziali, una delle quali servirà d’entrata e l’altra d’uscita; effettivamente, la nozione di queste due «porte solstiziali” si trova in modo esplicito nella maggior parte delle tradizioni, e ad essa è anche generalmente attribuita una considerevole importanza simbolica. La porta d’entrata è talora designata come «porta degli uomini», che possono in questo caso essere tanto degli iniziati ai «piccoli misteri» quanto semplici profani, poiché non hanno ancora superatolo stato umano; e la porta d’uscita è allora designata, per opposizione, quale «porta degli dèi», la porta cioè per cui passano soltanto gli esseri che hanno accesso agli stati sopra-individuali. Resta solo da determinare a quale dei due solstizi corrisponda ciascuna delle porte; ma anche questa questione, per essere adeguatamente sviluppata, merita di essere trattata a parte.



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