Uomini… tra le rovine! (seconda parte)

(tratto dalla rivista “Il Reazionario” )

Non vi è avvenimento determinante o rilevante nella vita di un uomo che non sia stato più o meno inconsciamente voluto, desiderato, spiato da dietro la porta del normale stato di veglia. Compito primario dell’uomo è tuttavia quello di riscattare le scintille divine prigioniere della materia derivata dalla rovina cosmica, capire i perché e ricondurli alla loro origine: in tal modo solo si avvia il movimento di ritorno del mondo verso il Divino, che è il cammino della redenzione e del ristabilimento dell’armonia: seguire per istinto la scia delle comete come avanguardie di un altro sistema solare, come vettori di conoscenze ancestrali e congenite sempre presenti. Capire il “Perché” dietro le cose, sembra a questo punto essere il compito ultimo.

Il dharmacakra in cima al Tempio Jokang a Lhasa, in  Tibet

Il dharmacakra in cima al Tempio Jokang a Lhasa, in Tibet

Ricordo che, anni fa, certo ancora lontano dal compimento della maggiore età per la prima volta venni a contatto con un libro di Julius Evola. Non casualmente, però: fu mio padre, infatti, che, come porgendomi un oggetto insieme fragile e prezioso, mi consegnò una copia di Rivolta contro il mondo moderno, copia che ancora oggi custodisco gelosamente lontano da polvere e luce. Dandomi il libro, egli aggiunse: “probabilmente non tutto quello che potrai qui leggere ti sarà chiaro, ma in futuro, vedrai, ogni particolare andrà assumendo sapore diverso”. Nelle sue parole “il futuro”, fino ad allora per me concetto remoto e astratto, per la prima volta mi apparve come un oggetto che mi apparteneva e che esclusivamente le mie mani avrebbero potuto plasmare a piacere; inoltre, e questo mi era evidente e insieme mi turbava, dalle sue parole traspariva la malinconica consapevolezza che quel futuro non mi avrebbe dato più l’amore e il calore dei suoi insegnamenti. Non molto tempo dopo infatti, mio padre mori e nella mia giovane testa di adolescente cominciarono a rimbombare e confondersi, le parole di Evola, le pagine di Rivolta e gli insegnamenti di mio padre; tanto che tuttora non posso faro altro che considerare il dono del libro, gesto che allora mi sembrò solo particolarmente carico di enfasi, un testamento spirituale; o meglio un passaggio di testimone. All’occhio che spia al buco della serratura della vita cosciente, guardando dentro nella penombra dell’io più profondo, sembra qui di intravedere una di quelle irruzioni di Ordine Superiore nel fluire della vita normale che giustificano, che danno senso, che nominano un percorso da seguire.

Negli anni successivi ho spesso cercato di approfondire il pensiero evoliano sforzandomi di non fermarmi mai all’aspetto puramente intellettuale, ma provando ad ascoltare il bisbiglio dietro le parole; ogni opera umana, a mio modo di vedere, se realizzata secondo le regole dell’ordine naturale è sempre, anche se l’autore non ne è completamente cosciente, immagine di dinamiche divine. Non ricordo se i latini proprio a tal proposito coniarono l’adagio vir bonus, parlandi peritus[1], ma il caso è esattamente questo: disporsi verso un’opera che si sta per compiere con il giusto orientamento spirituale, valorizza quella opera fino a renderla rivelatoria di volontà e insegnamenti necessariamente superiori alla umana fattezza, in qualche modo distaccati dal piano sensoriale, proprio perche la penna dell’autore diviene strumento che dà fiato alla voce celeste di un divino demiurgo. Questo modo di “interpretare” le opere di Evola è da sempre uno dei primi approcci con cui mi rivolgo alla lettura dei suoi scritti alla ricerca di un insegnamento celato da mano divina tra le righe ed i capitoli.

La rivista di studi iniziatici Atànor dell'omonima casa editrice, fondata nel 1912 e soppressa nel 1926 a seguito delle leggi fasciste repressive della massoneria

La rivista di studi iniziatici Atanòr dell’omonima casa editrice, fondata nel 1912 e soppressa nel 1926 a seguito delle leggi fasciste repressive della massoneria

Non è ovviamente possibile, in poche righe ripercorrere la storia, i cambiamenti e almeno in parte i travagli dell’Evola artista, scrittore, uomo: molto spesso ci appare diverso, nuovo per alcuni aspetti e imprevedibile. Ma fra le varie anime non posso negare di essere profondamente attratto dall’Evola direttore del mensile Ur, rivista nella quale seppe dare ad una materia tanto delicata quanto l’esoterica, uno sviluppo sistematico e progressivo. Sviluppo che fino ad allora latitava anche in esperimenti tutt’altro che fallimentari quali ad esempio Atanor o Ignis. La chiarezza dell’insegnamento, unita a rigore e serietà, il riferimento a fonti autentiche e lo spirito critico che si respira nel corso dell’intera opera non sono tuttavia l’elemento più importante. A lato di un lavoro che non esito a definire imponente scorgo infatti il delinearsi di una limpida etica europea fondata sul principio sacro dell’Azione e mossa dallo spirito di uno sperimentalismo integrale che viene indicato come unica via di reale realizzazione dell’Io superiore.

Mentre l’Europa si avvicina molle e delusa a discipline orientali che non gli appartengono cercando più l`evasione che la realizzazione, Evola ridà voce allo spirito più puro dell’uomo europeo, guerriero, indicando alla base della Disciplina gli assiomi di una scienza esatta, di una tecnica definita e inflessibile: là dove la vera e più profonda indole è Azione, l’unica possibilità di vivere, in senso totale, eminente, è il gesto che diviene opera di stile e valore. Il principio fondamentale, guarda caso alla base anche di ogni scienza moderna, dell’azione cui corrisponde reazione determinata e certa, dischiude all’occhio un mondo nuovo, crudo, fatto di realtà assolute e rapporti di forza, in cui lo spazio per il sentimentalismo e la speranza, per la preghiera e la compassione, è ridotto ai minimi termini.

Il nuovo mondo, il mondo che Evola disegna è dunque un posto nel quale si può agire a qualsiasi livello, dal materiale al sottile, sperimentando le stesse regole, ma soprattutto determinando sé stessi in funzione solo di sé stessi, delle proprie azioni reali e spirituali: e tutto il resto non può più contare.

Da queste poche righe appare dunque che Julius Evola non rappresenta per me solo uno scrittore amato. Julius Evola non è neanche semplicemente la base e la radice di tutto quel complesso sistema ideale che, con l’ardore dei venti anni, si decide di assumere per farne il motivo di una vita; Julius Evola è per tutti quelli che cercano ancora la via della Tradizione, l’affiorare di un principio politico, sociale e in ultima istanza esoterico del filone, spesso sotterraneo, in alcune oscure epoche occulto e non ben identificabile, della grande tradizione nostra, fieramente guerriera europea.

Daimon

Note

[1] L’espressione latina è più precisamente Vir bonus dicendi peritus (“uomo di valore, ed esperto nel dire”), ed è attribuita da Quintiliano, nella sua Institutio oratoria, a Catone. Descrive le qualità fondamentali dell’oratore ideale, mettendo in rilievo le qualità etiche (bonus) sulla mera perizia tecnica (peritus), nel senso che le doti oratorie discendono e sono in qualche modo collegate strettamente a quelle interiori. Tale espressione è stata spesso posta in correlazione con un’altra celebre massima attribuita a Catone: Rem tene, verba sequentur (“se conosci l’argomento, le parole seguiranno”), e secondo alcuni studiosi Catone potrebbe mutuato entrambe le locuzioni dal mondo greco (N.d.R.).



A proposito di...


'Uomini… tra le rovine! (seconda parte)' 1 Commento

  1. 30 Settembre 2016 @ 2:18 Daniele Bettini

    Segnalo
    Miguel Serrano – Il segreto di Julius Evola
    http://editorial-streicher.blogspot.it/2016/06/miguel-serrano-el-secreto-de-julius.html

    La terza parte del libro “Il nostro onore si chiama fedeltà ” (1994) dello scrittore cileno e diplomatico Miguel Serrano è il seguente breve testo qui presentato, in cui l’autore si riferisce all’introduzione scritta da Julius Evola nel 1937 per un’edizione di I Protocolli dei Savi di Sion , ai suoi ricordi di Evola, e Adolf Hitler come archetipo……

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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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