Valori eterni e cricche intellettuali: una riflessione di Evola

Dall’inchiesta di Fausto Gianfranceschi e Giampiero Pellegrini La restaurazione della cultura: risposta di Julius Evola pubblicata come Valori eterni e cricche intellettuali, sul supplemento a Lo Specchio n. 8, Roma, 20 febbraio 1972, pp. VII-VIII.

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La sua opera – ed in particolare Rivolta contro il mondo moderno (Edizioni Mediterranee), la cui prima edizione è del 1934 e l’ultima del 1969, in pieno periodo di presunta contestazione – gode in questo momento, specie fra i giovani, come hanno rivelato anche alcune inchieste di parte marxista, di una larghissima popolarità; proprio quella popolarità che Le fu negata dalla cultura «ufficiale» fascista e, successivamente, dalle cricche culturali del dopoguerra. Quali crede siano le cause di questa rilevante «richiesta» del pubblico che sta provocando la ristampa di tutti i suoi libri?

Gianfranceschi-Evola

Fausto Gianfranceschi e Julius Evola

La ragione del fenomeno accennato sta forse nell’esser stato avvertito il fatto che mentre da un lato io sono all’avanguardia fra coloro che negano il sistema vigente, e in particolare l’ordine e il costume borghesi, dall’altro lato offro l’alternativa antimarxista per tale negazione, ora direttamente, in libri come Gli uomini e le rovine, ora indirettamente, in altre opere che trattano del mondo della Tradizione, dei suoi valori e dei suoi principi. Questa controparte positiva manca alle attuali più o meno pretestuose correnti «contestatarie» le quali al massimo sono giunte fino alle teorie di un Marcuse.

Nel periodo fascista si urtava contro la chiusura di una cultura tanto ufficiosa quanto vuota (tanto che non ha lasciato nulla dietro di sé). La forza di decisione politica non aveva riscontro in una uguale forza di decisione intellettuale e culturale. Le idee da me difese potevano solo «disturbare» perché troppo impegnative e scarsamente «strumentalizzabili». Inoltre – devo dirlo – il suolo di risonanza era effettivamente minimo, purtroppo anche fra i giovani di allora.

Nel dopoguerra, esiste effettivamente un sistema di cricche culturali; in esse si è sempre cercato di ignorarmi, a ciò non facendo per nulla eccezione certi gruppi e certe riviste che vorrebbero essere liberi, se non pure di destra. Poi vi sono ambienti di una cultura medio-superiore, i quali sono portati a solidarizzare con compromessi e con accomodamenti più o meno conformistici che non mancano di venir avvertiti dai giovani. Per questo, costoro sono maggiormente attratti dalle posizioni da me difese, distinguendosi dalle cerchia di cui dispongono certi personaggi che si sono fatti una notorietà avendo aperta la «grande stampa» e case editrici di primo piano, con un deprecabile più ampio raggio di azione e di monopolizzazione.



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"In una civiltà tradizionale è quasi inconcepibile che un uomo pretenda di rivendicare la proprietà di una idea e, in ogni caso, in essa chi così facesse, con ciò stesso si priverebbe di ogni credito e di ogni autorità, poiché condannerebbe l’idea a non esser più che una specie di fantasia senza alcuna reale portata. Se una idea è vera, essa appartiene in egual modo a tutti coloro che sono capaci di comprenderla; se è falsa, non c’è da gloriarsi di averla inventata. Una idea vera non può essere «nuova», poiché la verità non è un prodotto dello spirito umano, essa esiste indipendentemente da noi, e noi abbiamo solo da conoscerla. Fuor da tale conoscenza, non può esservi che l’errore" (R. Guénon)

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